“Il castello di Otranto” di Horace Walpole***

“Il castello di Otranto” di Horace Walpole***

Allora… ho appena tolto le lenti e non vedo una mazza, ma per aggiornare il sito e liquidare questo libro ce la posso fare. Che poi ho anche voglia di cose belle da ascoltare, e allora ho fatto un po’ di Kiwanuka live e adesso sto coi Fountains DC live che mi pare bene. Sarà perché ieri sono riuscito ad ascoltare Daniela Pes sempre live (e figuriamoci se mancavo) e non solo era come me l’aspettavo, ma era anche molto, molto meglio. E quindi, vale la pena dormire meno e perdere tempo a scoprire cose nuove.

Tipo quelle del Castello di otranto, inteso come libro. Orpo, già finito questo tiny desk dei Fountains… passo a Sampha, per non scendere di livello. Insomma, dicevo… ho letto questo libro vecchio, che conservavo per i motivi di cultura. Non che ricordassi perché, di preciso, ma ho uno scaffale dove tengo le cose che fanno parte della formazione di uno che deve scrivere di fantastico e nero e gotico ecc ecc. Ecco. Lì dentro c’era anche questo, rubato da qualche fondo bibliotecario in una edizione di cui manco riesco a trovavi la copertina e non ho certo cazzi di fare una foto. Comunque è simile a questa, tascabile bompiani, a cura di Andrea Cane e tradotto da Mario Paz. E’ dell’83. Manco tanto vecchia… Tra i dettagli divertenti dei libri rubati poi vi posso dire che c’è un’etichetta di garfield – nelle prime pagine – dove è scritto che This book belongs to Marcella e c’è anche la data di Milano, 20 giugno 90. Chissà che strade ha fatto per arrivare a me, questo libraccio.

Figo, vero? E un’altra cosa figa, oltre ad ascoltare Sampha, è che ho letto Il castello di Otranto in un giorno. Eoni che non mi capitava. Era corto, eh… però fatico sempre, a leggere. vuoi per le lenti, per il tempo, per come sono fatto.

E anche con questo ho rischiato, la settimana scorsa. Avevo deciso per il mare e alle sette di mattina ero già quasi arrivato. E fino alle 11, tutto bene. Leggere, Dormire. Fare il bagno, in loop. Poi è cominciata la solita ansia di cose (imprecisate) da fare e boh, sono scappato. Ma mi sono obbligato a scappare quando finivo il libro e alle tre l’avevo finito. Del resto è poco più di una novella, piuttosto che un romanzo. Saranno 100…120 pagine.E si legge, nonostante sia stato scritto nel 1700 e sto cazzo, piuttosto bene. 

Ah, scusate, dimenticavo. Se leggete questo libro è solo per due motiivi. Uno, siete scrittori di quellli del fantastico-horror-weird e blablabla e le baaaaasi vanno studiate. Due, siete studenti di lettere e dovete studiarlo o conoscerlo. Leggerlo perché è un bel romanzo breve… boh, anche no dai. Non lo è. 

Però la cosa figa è che non è brutto. E il fatto che il primo gothic novel scritto riesca a coinvolgere anche dopo tutti ‘sti secoli, beh, Horace, bravo! 

Eh siì, perché la struttura della tensione regge e lo snocciolare dei fatti, pur come sassi buttati da una scogliera, riesce comunque a farti arrivare all’ultima pagina.

Certo… dovete essere indulgenti. Tipo che ne so, c’è una profezia che già dalle prime pagine vi dice che è il motivo per cui succederanno cose, ma in pratica è scritta che non si capisce un cats. Eccovela: «Il castello e la signoria d’Otranto verranno a mancare all’attuale famiglia, quando l’autentico possessore diventerà troppo grande per abitarvi»

E non è che alla fine, coi fatti, si chiarisca del tutto. O meglio, si chiarisce ma si poteva scrivere decisamente meglio. Più che una profezia sembra un vaneggiare di un fatto. Nel senso di drogato. Vabbè, ma veniamo al sodo. Il castello di Otranto di Horace Walpole, con una genesi piuttosto contorta (manoscritto, falso nome, crociate e un sacco di cose curiose che vi evito) è riconosciuto come il primo romanzo gotico, capostipite del filone. E sono contento di averlo letto, perché è proprio così. Gotico è gotico. Ed è pieno di azione che non fosse per gli inservi fantasy diresti che è avventura.

La figata, ve lo dico subito, è l’attacco. Tipo due pagine per descrivere la famiglia di Manfredi, vero villain e protagonista, e BUM! un elmo gigante caduto dal nulla gli schiaccia il figlio pochi minuti prima che si sposi con una poveretta che lo schifa, tra l’altro. Sì, ho detto un elmo gigante. Coi pennacchi. E da lì, figlio cadavere, ragazzina (quaglia) rimasta indifesa, ecco che parte il tutto. Manfredi diciamo che la vuole “sposare lui”. Diciamo. E allora entra in gioco un contadino che non sarà un contadino (Teodoro) e un ecclesiastico che non è solo un frate (Girolamo) ma molto di più- E arrivano le donne, la moglie di Manfredi, Ippolita, la figlia rimasta Matilde e la vedova in nuce, Isabella… e niente. Sono sottomesse come al solito, anche se le due giovani hanno carattere. E ci sono solo fatti, poche gnagnerie e parole di descrizione.

le vicende, incessanti, si dipanano. Liti, sotterfugi, soprusi, politica soprattutto sono le linee su cui corrono i fatti. Manfredi ha gli obiettivi che fanno muovere Teodoro e Matilda e Ippolita e insomma… non vi sto a dire tutto. Comunque ora ho trovato la Pes che canta dentro una basilica, un mese fa, perfetto, direi, per un castello gotico. Ma dov’ero rimasto? Ah, sì, il libro gotico numero uno, nel tempo. Beh… lo è, anche se direi che è un po’ un mix di cose. Mescola storia, non fedele, e fantasia. Arriverà anche la spada gigante, per dire. E l’altra figata è il difetto narrativo che è talmente ostentato che devi perdonarlo. Ogni volta che sembra che la vicenda si blocchi, ecco che si introduce un “Ah ma…” e tutto torna a scorrere. Di solito è il perfido Manfredi che lo fa. Tipo che ne so, arriva un tale che si rivela essere il vero proprietario del Castello e te dici, bon, Manfredi avrà finito di fare il baldanzoso… e no, l’autore se ne esce con “Ah ma tanto l’esercito di Manfredi (che fino a tre righe prima non esisteva) è più forte” e quindi l’altro ci ripensa e tente di trombarsi lui nonvedova. Oppure, il frate va a confessare il contadino, quello gli dico, okay, tranqui, anche se muoio va bene pur di agire bene, Ma come ti chiami, teodoro blabla e… Sei mio figlio!!! Cioè… Tutte cose così insomma. E quindi, nelle ultime pagine, me la godevo, senza badare alla verosimiglianza della trama. E infatti, quando il padre della nonvedova viene ferito a morte e sta morendo non ci ho perso attenzione più di tanto perché infatti poi… le ferite non erano gravi e olè. Vivissimo. Poi, come potete immaginare, in CavaliereStyle, il finale è abbastanza telefonato, ma non è che poteva essere diverso.

Quindi?

Quindi niente. Sono contento di aver letto questo classicone, di avere più baaaaaaasi. Si impara sempre qualcosa, dalle cose vecchie come questa. A volte impari poroprio loro, le cose vecchie. E via, ora basta, ché vado a dormire con la musica bella.

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