"ABCdiario di lingua e mitologia urbana" di AAVV (epub)***

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"ABCdiario di lingua e mitologia urbana" di AAVV (epub)***

C’è un posto, nelle valli, tipo in mezzo ai boschi, tipo che la cucina è uguale e quella di casa mia, a guardarla, che ti sembra di sapere quasi dov’è il sale o la cannella, tipo che il tipo ti fa quello che fa quel giorno, da mangiare, orso compreso, e te mangi quello che c’è, ed è tutto buono, e paghi poco, e comunque, anche fosse tanto, non scapperesti senza pagare perché il primo luogo abitato è a settordici km e comunque ti perderesti al secondesimo  e insomma, ecco, questo posto sapete dove si trova?
In Culonia!
Ebbene sì. E quando ho pensato che questo posto è in Culonia, che poi è una espressione che mi ha sempre fatto ridere, ho pensato a questo ebook della Zandegù editrice, questo manuale.
L’ho finito di leggere da poco, e segue quell’altro spassosissimo sul Fallimento. Quello sul fallimento forse mi era piaciuto di più, ma anche questo, anche se non ovunque, parte da un’idea caruccia ed è ben realizzato.
Ma perché vi dico di Culonia?
Be’, guardate, io penso che è ogni tanto è inutile parlare tanto di scrittura senza far leggere e allora questo post lo cominciamo così. Vi faccio leggere la cosa di Culonia.
Eccola!

In Culonia. Mitica espressione che serve a puntualizzare come un certo luogo sia distantissimo dal punto da cui si parla (GENITORE: «Il pane è finito. Andresti a prenderlo?» FIGLIO: «Ma’, il supermercato è in Culonia!» GENITORE: «…è sotto casa»). Non è facile determinare la natura di tale avverbio, anche considerata la grande varietà di opinioni a riguardo: qualcuno parla di Culonia come di un luogo dell’anima, qualcun altro di un’isola volante che incombe alle spalle di ognuno (sic.!), senza che si possa raggiungere un accordo. Ciò che si può dire con sicurezza è che questa espressione gode di ottima diffusione già negli stadi più giovani e, in seguito, mantiene una certa frequenza nell’età adulta, ma conosce la sua massima impennata d’uso soprattutto a diciotto anni, quando le compagnie di neopatentati si organizzano per raggiungere in auto, e senza controllo parentale, un luogo agognato, per esempio la discoteca, commettendo però l’errore fatale di lasciar guidare il tipo della compagnia che meno si contraddistingue per il senso dell’orientamento. ~ Una sera, un mio amico e io siamo in cerca di un cinema parrocchiale dalle parti di Bovolone, una cittadina della bassa veronese. Vogliamo andare a vedere Io, robot con Will Smith; lo spettacolo è alle ventuno e sono già le venti e quarantacinque. La bassa veronese, voglio dire, la conosci? È Pianura Padana aperta. Un labirinto di strade strette in mezzo ai campi. Qualche volta senza il guardrail. Certi giorni c’è una nebbia così spessa che ti serve il coltello per tagliarla e devi stare attento a non finire in un fosso con la macchina. Comunque, quella sera, a Bovolone ci arriviamo. Ma dal cartello di: BENVENUTI A BOVOLONE in poi, giriamo e rigiriamo sbucando sempre alla stessa rotonda. Per strada non c’è nessuno a cui chiedere. A un certo punto, in mezzo a un gruppo di case, vedo quella che mi sembra una strada che non abbiamo ancora tentato, ci sono delle luci e mi pare di sentire voci di persone. La imbocco, nonostante il parere contrario del mio amico, e un attimo più tardi finiamo nel mezzo di un banco di nebbia fittissima, per cui procediamo a passo d’uomo seguendo le strisce della strada. Quando la nebbia si dirada, siamo in mezzo ai campi. Scendiamo per dare un’occhiata. Da una parte terra arata per la semina del mais e dall’altra filari di vigneti. La strada finisce in uno sterrato e alle nostre spalle non c’è segno di civiltà, né luci all’orizzonte. Tutt’intorno si sentono i fruscii della vegetazione, lo scorrere di un rivo da qualche parte e, a pochi metri da noi, il richiamo di un animale o un uccello. «Che strano» dico io ad alta voce, «non mi ricordavo i vigneti da queste parti». Il mio amico mi guarda con astio e sbotta: «Vecchio, ci hai portato in Culonia».

Vi è piaciuto? A me sì, questo era piaciuto assai. E poi, tutti ci siamo stati, in Culonia, ed è sempre bello.
Insomma… credo avrete già capito di che ebook si tratta. E’ un abecedario, sì, dove in ordine alfabetico trovate espressioni tipo questa, o tipo un’altra che in Culonia si pronuncia spesso. Ziobilly. Suvvia… lo dite anche voi o l’avrete sentito dire. E non vi sarete mai chiesti, forse, da dove viene?
Si perché effettivamente alcune espressione lo capisci bene, da dove vengono, ma altre restano misteriose. Ziobilly… chi è, Billy? Lo zio di chi? E quando nasce questa espressione?
Ecco. è proprio qui, nella zona del “non ne ho la più pallida idea” che il manualino si sbizzarrisce con i suo isprazzi esilaranti e ipotesi assurde. Lo so… lo so… adesso volete che vi dica chi era Zio Billy, e io che sono magnanimo, e voglio anche farvi capire che questa lettura è spassosa, forse ve lo dirò. (okay, però è inutile che insistiate per sapere dei fagiani dallo spazio, quello ve lo andate a leggere sull’ebook).
Tra un attimo, però.
Che dire, in generale, del libro?
Vi dirò che in partenza non mi aveva convinto. La scelta di trattare espressioni cazzose in modo scientifico mi sembrava potesse ben presto prestare il fianco a sfufosità. Nel senso… rido la prima, rido la seconda, ma poi posso trovare la cosa stantia. Questo non è. 
Non è perché via via si è dato più spazio alle “storielle” frammenti di racconto – spesso in prima persona – che con stile azzeccato prendono il termine in questione e ci costruiscono su qualcosa, per strappare, quasi sempre, delle risate, o anzi, forse più dei sorrisi. Operazione abbastanza riuscita, direi. Certo, non tutti i termini sono familiari, nel senso che quando uno non lo usi, o non l’hai già sentito, in effetti la voce urbana ti suona più distante, meno coinvolgente. Accade di rado, però, anche perché alcuni di questi termini ti viene quasi voglia di impararteli e usarli alla prima occasione. 
Poi? Prodotto buono. Zero errori, ben impaginato, ben gestito sulle lunghezze dei vari pezzi, che non stufano mai (forse i fagiani dello spazio è un po’ lunga, ma essendo il termine “la storia dell’orso” direi che è quasi certamente volutamente lunga 🙂 ). Tra l’altro, metti caso che siate come me, che leggono guidando, questo cosetto è ideale! Leggi una voce tra uno stop e l’altro, non perdi il filo, ti fai due ghignate e via, scorre che è un piacere. Certo… non aspettatevi una letturona eh. Questo è uno di quegli ebook che io definirei come il tag del mio blog “cazzate con stile”. Quelle cose inutili che divertono, ma fatte con criterio e serietà non seriosa.
Basta dai. Questo è un buon ebook e ve lo consiglio per le giornate estive. Credo sia una ottima lettura da ombrellone. Per invogliarvi, qui, appena arrivo a casa, stanotte, vi scrivo qualcuno dei termini che trovere all’interno, per invogliarvi… E chiudo, come promesso, lasciandovi godere dell’estratto dalla voce Ziobilly! 
Anzi, no, vi dico anche di tener d’occhi il nuovo corso di questa casa editrice che una volta era una figata e anche adesso, risorta come un’araba felice in digitale, mi sembra ancora una figata.

Zio Billy! Esclamazione di sorpresa che sorge spontanea sulla bocca fin dalla più tenera età. Il Billy in questione, pare sia il famoso succo d’arancia nel cartoncino alimentare, celebre ormai da una trentina d’anni. Questo succo di frutta – nonostante il packaging piuttosto povero e poco fantasioso (arancia su sfondo bianco) – era considerato, all’epoca, il non plus ultra in fatto di sughetti. Basti ricordare che, ai tempi delle elementari, unire il Billy a un panino con la mortadella (ma anche, in verità, affidarsi alla pastosissima formula Billy + Tegolino Mulino Bianco) significava superare di diverse lunghezze gli altri bambini che, per la ricreazione, s’affidavano a una Girella ormai in declino o, peggio ancora, all’inquietante Camilla al sapor di carota. Leggenda vuole che il giorno 13 novembre 1988 il tal Luca Noale di S. Martino Buon Albergo (VR), anni sette, canzonato dai compagni di classe perché unico, quel giorno, a essere senza Billy, abbia detto: «Tanto io di Billy ne posso bere finché voglio, perché li fa mio zio». Calò, com’è ovvio, il gelo su tutta la classe. Poi, interrogato su come si chiamasse lo zio, sostenne che il parente si chiamava proprio Billy e, si poteva intuire dal nome, abitava negli Stati Uniti. Anzi, aggiunse pure che guardando la confezione del succo di frutta da una particolarissima angolazione si riusciva a scorgere addirittura il profilo sorridente di quello stupefacente zio d’America. Quando, poco prima del Natale di quello stesso anno, la famiglia Noale si trasferì proprio negli Stati Uniti, fu subito chiaro a tutti che Luca aveva raggiunto il famoso zio Billy, che da quel momento cominciò – sotto forma d’esclamazione e/o di intercalare – a rappresentare la meraviglia nelle sue più sfaccettate forme. Da ricordare che attualmente zio Billy! può essere usato anche, in certi ambienti particolarmente raffinati, come sostituto soft di una bestemmia, e che l’intensità della pronuncia della b cresce a seconda della gravità della situazione. ~ ATTORE UNO: «Il nuovo X mi è costato 400 euro!» CORO: «Zio Billy!»

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