
"Malarazza" di S. Marolla****
L’hanno fatto tutti.
O almeno, provate solo a ficcare, a scelta, due parole prese tra “malarazza, marolla, epix, mondadori” su gooooogle e scoprirete un sacco di cose. Linquandovi dei post accazzo ne hanno parlato (bene) qui su horrormagazine, qui da mcnab, qui da midian, qui dal cumbrugliume (che mi sta simpatico solo perché dice blogghe anche lui e mette la rece del film della passera dentuta il xmas day), qui dal triestino logorroico, e insomma, mi avete capito, un po’ in un sacco di altri blogghe e siti.
E cosa dovrei dirvi io di nuovo?
Decisamente niente.
Se vi ricordate vi ho rotto già i coglioni perché di questo libro ne compraste due copie.
Spero voi l’abbiate fatto, perché essendo un epix che adesso o te lo paghi triplo e di devi scazzare a comprartelo su ebay (oppure hai culo e lo trovi in qualche edicola dove si è perso in mezzo alle copie degli urania invenduti) ora potrebbe essere davvero una ottima merce di scambio, quella copia in più che non avete ancora regalato alla tipa/ al tipo che vi volevate trombare.
(o che, più verosimilmente, ve l’ha restituita, con tanto di ben servito, dopo essersi cagato/a addosso durante la lettura).
Insomma, tutto questo tergiversare per dire che mi sento un po’ sciocco a parlarne anche io come hanno fatto tutti: “Ah che bello!” “Ah che figo” ecc ecc.
E allora concedetemi di parlare in scioltezza, magari tirando dentro il libro, oppure no. Non so.
Quel che viene.
Si parlava, con la regina dei corti, dello scrivere per gli stupidi, della superficialità, del fatto che sempre meno si legga con profondità, spinti inevitabilmente da una forma mentis sempre più legata all’immagine, alla semplicità cattiva, alla leggerezza anticalviniana, spesso sfociante nel vuoto.
Sì parlava col gatto del fatto che un domani, incubo degli incubi, chi adesso coglie cosa sia il buon senso nella scrittura, l’onestà, il valore, possa trovarsi in minoranza, immerso in una folla che inneggia alla mediocrità considerandola punto di elevato valore (letterario, ma anche artistico in generale)
Pensavo a come a volte riesca a percepire, e non sbaglio, quando due miei prodotti, A e B, siano di diverso spessore, diciamo A>B, eppure io consciamente proponga, nella giungla, il prodotto B, perché darwinianamente parlando, prodotto più adatto ai divoratori di pagine. Prodotto che sarebbe subito assaporato, e quindi anche digerito, e quindi anche dimenticato (okay, volevo dire cagato) in brevissimo tempo.
Ebbene. Questo libro, che tanto per liquidarlo in due battute è un’antologia di racconti horror molto efficaci, possiede due qualità che non sempre si congiungono nelle stesse pagine: l’onestà e l’immediatezza.
L’onestà, potete anche declinarla con “stile” o “bravura dell’autore” se vi va, ma io per onestà intendo proprio un qualcosa che traspare da ogni riga. Un modo di scrivere che è nato da mattoni piccoli, messi insieme uno alla volta, fino a formare un edificio pieno, e non cavo. I racconti possono anche non piacere, ma sarebbe capzioso e ridicolo non riconoscervi questa qualità. Chiamatela sincerità, che forse è meglio.
Poi l’immediatezza. L’arrivare dritti dove devono arrivare. Potete declinarla in semplicità, se vi va, o assenza di fronzoli, o scorrevolezza, o fruibilità. Insomma… questi racconti mettono d’accordo tutti. Cercano le paure umane e le declinano in racconto. Troverete ciò che vi colpisce, ciò che vi fa paura.
Dipende chi siete, cosa temete, quali sono i vostri incubi.
Ma lo troverete.
E dopo aver trovato la vostra paura ammirerete come è stata usata contro di voi, come la finzione si è rivelata, lasciandovi al sicuro eppure coinvolgendovi (è il bello dei film, dicono). E ve lo ricorderete quel racconto, state certi. Ve lo ricorderete a lungo.
Vi faccio un esempio, declinandolo sulla mia persona.
Tra i miei preferiti, anzi, forse il mio preferito in assoluto, c’è Tè nero. Un racconto che lavora sull’archetipo della casa stregata inserendoci quello del labirinto e come villain, il classico contrasto del non è ciò che sembra, ovvero una vecchina… Ecco, ora aggiungeteci che uno dei miei incubi ricorrenti è quello di non poter scappare, di non poter combattere, di correre e rimanere fermo senza avere la possibilità di lottare, che è esattamente ciò che succede alle vittime di questo racconto.
Aggiungeteci una struttura perfetta, un’assenza totale di elementi inutili o descrizioni eccessive, un punto di partenza originale che rende originale la stessa struttura del racconto…
E’ evidente che per me, questo racconto vale da solo l’intera raccolta!
So per certo che molti si saranno cagati addosso con “Sono tornate“, racconto lungo dove due gemelline demoniache modello shining, in una struttura che nella prima metà è simile a quella di “IT”, sono quanto di più spaventevole voi possiate immaginare. Ma per dire, lì il discorso è già diverso. Ciò che attrae, di quel racconto è come ogni riga (non è un’esagerazione) abbia della colla per tenere gli occhi sulla pagina.
Ogni riga, dalla prima all’ultima.
(e poco importa, se vogliamo, che la storia della suora sul convento maledetto, sia considerabile un orpello, in un certo senso)
Insomma. direi che può bastare.
Lo so… lo so… non è una recensione, ma non ne ho fatte mai.
Sennò dovrei mettermi lì a descrivere la piacevole seconda lettura che hanno racconti come “Il nemico è...”, “Il giorno che era il giorno” o “Coccodrilli“; oppure di quanto è memorabile un personaggio come il Cerutti, oppure di quanta Milano Samuel ci ha infilato in questo libro (la Milano da bere e quella grigia, dello smog, ma anche quella bella, della città che si agita sotto i piedi dell’uomo).
Oppure dovrei perdere tempo a dire che la copertina del libro fa cagare (ma cagare forte, anche perché ti dà l’idea che quelli della mondadori manco l’hanno letto il libro, se non altro perchè se mi molli il file te le faccio bionde io, con il gimp, le gemelline siamesi!) oppure che i personaggi di Samuel si pisciano un po’ troppo spesso addosso e hanno troppo la tendenza a mesmerizzarsi. 🙂
Insomma dai. Accontentatevi e cominciate a chiedervi come fare a leggere questa antologia, ora che vi siete pentiti di non averla comprata quando vi avevo detto di farlo.
Per fortuna che vi dò anche questa risposta.
Malarazza sarà un premio della futura edizione del Fun Cool!
Contenti?
Spero di sì.
Ciao ciccipucci!
Val.
E menomale che in macchina continuavi a dirci di stare zitti e non parlare di Malarazza che tu ancora non l'avevi letto!
Hai scritto esattamente le cose che dicevamo io e il Silentio!
bravo bravo…
😀
Val.