Ranghinatore
Nel cortile della mia infanzia
C’era un attrezzo,
Non un erpice,
Né un qualcosa, fino a oggi, con un nome.
Era ferro, spine, punte, bocche:
Mi arrampicavo, di nascosto,
Mi accoglieva una larga sedia di ferro,
Bucata,
Rugginosa,
Senza pari, nel mio piccolo mondo di bambino.
Serviva per l’erba, il fieno,
Per essere un’astronave
Nella galassia del mio cortile.
I randagi,
Alieni nemici,
Le aie
Costellazioni
Ora ritrovo la stessa fantasia, fuori casa
Cresciuta sopra le tinte dell’autunno.
Immagino sia il colore
Venuto dallo spazio
Un’astronave smisurata, sepolta e celata.
Socchiudendo le labbre sbuffo
Sparo
Colpisco gli alberi,
Faccio esplodere le balle di fieno,
Le mie galline capricciose.
Non mi siedo: non ne ho bisogno.
Di fantasia, non sono guarito mai.