
"Senso di giustizia" di Sandro Ossola***
Lo so, lo so, lo so e lo so. Questa immagine è piccola!
Dovrei scannarvi la copertina, quella maiala, ma non mi va. E’ che questo libercolo non contavo di leggerlo oggi (ieri, per voi) e invece, in sala d’attesa per visita della vecchia, è finita che l’hanno chiamata prima e io sono arrivato tardi e insomma, non era il caso di mettermi a telefonare in radiologia e quindi mi sono messo a leggere, e la figata è che mi stava prendendo proprio bene.
Così bene che poi, invece di leggere il reader, in macchina, tornando a casa e tornando al lavoro, mi sono messo di gusto a finirlo, anche perché questo è proprio un racconto corto, con sole 47 pagine. Ah, per la cronaca, leggere libri cartacei mentre guidate è piuttosto faticoso e se di solito rischio un po’, col reader, con i libri sono piuttosto sicuro che entro l’anno mi schianto. Sapevatelo.
Il difetto, ve lo dico, è il finale, ma è un difetto non-difetto, nel senso che per me, che bene o male i finali politically scorrect semplici li ho letti un po’ dappertutto, l’ho trovato scontato, ma per il target suo, giovinotti con poche letture alle spalle, il finale è giusto e probabilmente anche sorprende. Alla fine, non è che si giustifica gli omicidi (cinque, a milano, stile esecuzione, persone a caso) compiuto, lasciandoli di fatto impuniti o quasi, ma si lavora sull’idea di un serial killer che non segue ragioni e motivazioni personali e/o terroristiche, sull’idea di un ambiente – quello dei magistrati che indagano – marcio e caratterizzato da rapporti di potere interni e da pressioni, e infine anche sull’idea di giallo da risolvere in modo poco ortodosso.
La qualità migliore, comunque, è che ti prende. E’ avvincente.
Vi copincollo qualcosa perché non ho palle di raccontarvi la vicenda.
Il sostituto procuratore Publio Canevari aveva ficcato il naso dove non doveva: negli scarichi di un’industria che inquinavano una spiaggia ligure. Per questo era stato esiliato in una procura periferica. Espiata la sua “colpa”, riesce a farsi trasferire nella sua città, dove si trova ad indagare su una catena di omicidi che sembrerebbero atti di terrorismo, ma le cui motivazioni appaiono misteriose. Affidandosi più all’intuito che ai pochi indizi disponibili, Canevari riuscirà a capire che cosa c’è dietro quei delitti.
Ecco. Canevari, indolente e disilluso, ti riesce abbastanza simpatico, così come simpatico ti riesce l’assassino, alla fine. I morti, ecco, quelli ti stanno un po’ sul cazzo. Perché? be’… che ne so, un primario che evade un sacco il fisco e paga fior fior di appartamenti alle sue baldracche vi sta simpatico? no.
Un presentatore televisivo imbecille che prende per il culo la gente normale, è arrogante, superficiale, infido e borioso? vi sta simpatico? no.
Per fortuna son morti, un colpo al petto e uno alla testa.
Un difetto vero, invece, è la poco convincente strategia investigativa di questo sostituto procuratore, che va a intuito, e insomma… diciamo che gli indizi che trova non sono rilevantissimi. Certo, l’ultima vittima conosceva l’assassino, e lui comincia a vagliare i fascicoli delle conoscenze di costui, ma erano decine! E questo in 4e4 8 scarta tutti e piglia quello buono… a intuito. Avrei voluto qualcosa di più… ma è una sciocchezzuola. Alla fine è stato un buon corto, questo.
Mi fermo qui. e vi dico che ho trovato la copertina grande, su amazon, e allora ve la metto, senza cambiare il post però, eh, che la mia pigrizia va tutelata.
Ma siccome lo sapete, questi post sono inutili, vi lascio qualcos’altro.
Oggi vi lascio tre quadri di Cosmè Tura, per puro piacere di guardarli, e per dirvi che secondo me, questo qua, era avanti di 600 anni, nel senso che sono opere del 1400 e mezzo, eppure sembrano zombi. Non sono fantastici? Che poi, pure i draghi, lì, della musa… belli.
Siete contenti? No? E allora chiudo con un quadro che ho scoperto l’altro giorno sul faccialibro. La faggeta di Klimt. Una meraviglia… ve lo metto là sotto. E buon fine settimana!