
Ogni cosa è illuminata di J. S. Foer****

Questa sarà una chiacchierata strana, o comunque diversa, per almeno un paio di motivi.
Perché non ho il libro qui con me e perché vi scrivo dal lavoro.
Eccheccentra? direte voi.
C’entra che quando parlo di un libro di solito lo maneggio (eh sì, sono un maneggiatore di libri, oltre che un lettore), e questo libro non lo posso maneggiare perché me l’hanno prestato (grazie elena) e l’ho già restituito.
Quindi vi parlerò del libro a memoria, benché, a dirla tutta, da questo pomeriggio lo maneggerò di nuovo un po’ perché ho deciso di regalarlo al cugino di mia madre.
Riguardo alla seconda cosa, ovvero il contorno della scrittura, sono sempre stato, e sarò, un convinto assertore della “teoria dei contorni informatici” [teoria che ho appena inventato e che, in breve, prevede che un prodotto informatico, come questo testo, per esempio, venga influenzato seconda proporzioni precise dal proprio contorno fisico, come i rumori dell’ufficio attuali, la mancanza del fedele frigorifero, e così via] ed è per questo che probabilmente da casa non scrivere queste cose in questo modo.
Come dite? Non ve ne frega una mazza di tutto questo e del fatto che io voglio regalare il libro e quasi quasi nemmeno del libro stesso perché tanto avete visto il film?
Beh, vi sbagliate.
Su entrambe le cose.
La prima riguarda al fatto di regalare un libro. Un libro vi può piacere, ed è una bella cosa, ma il fatto di regalarlo non è sempre una naturale discendenza di ciò. Regalare un libro, soprattutto al cugino di mia mamma, che quasi manco conosco, a parte il fatto di sapere che è un po’ comunista e spesso visitatore del cinema d’essay (no, le due cose non credo siano collegate, anche se l’ho sempre pensato); dicevo che regalare un libro è indubbiamente un gran complimento fatto al libro, perché gli si riconosce molteplicità, nel senso di vari livelli di lettura, e pure facili da apprezzare.
Nel caso del film, beh, insomma, io sono quello che non ha visto praticamente nessun film e che quando gli dicono di vedere un film che è bello per prima cosa va a vedere se magari “c’è il libro”; quindi nulla so sul film, ma ciò di cui son certo è che non può essere giocato come la struttura del libro (Anche se il fatto che Frodo Beggins faccia l’ebreo mi ha lasciato meno perplesso riguardo al fatto che il cantante Bordello sia ucraino).
Come dite? che di nuovo non vi sto parlando del libro? Azz.. è vero! Allora, il libro… il libro è bello e si legge veloce e vi fa fare anche alcune considerazioni. Se leggete la trama una considerazione la fate subito e fa più o meno così: “Noooo eccheccazzo, ancora un libro che parla di ebrei e crudeltà naziste eccetera eccetera…”
Diciamo di sì, ma diciamo anche di no. E diciamo che ci sono almeno due considerazioni che io ho fatto riguardo a ciò.
1) Il fatto che si cada, a un certo punto del libro, nell’orrore degli stermini (anno 1942) da parte dei nazisti e dintorni, e che questo orrore sia il punto più toccante, crudo ed emotivamente forte del libro, ti fa capire una cosa, che è più un dato di fatto, che una considerazione: la letteratura (e non solo quella) dalla seconda metà del secolo in poi, finisce spesso a toccare l’orrore della guerra (e non solo la seconda) e questo mi fa pensare a quanto lo spirito umano graviti intorno al conflitto, e in fin dei conti all’idea di morte collettiva, violenta, improvvisa e ingiusta. Quindi non prendete il libro come un ennesimo ruotare attorno all’evento “Shoah”, ma prendete questo fatto come punto di partenza.
2) Il modo di trattare gli eventi relativi all’ebreitudine, da parte di artisti ebrei cade spesso (il 90% del libro, in questo caso) nell'(auto)ironia, nel surreale e nell’umorismo. Di recente lo avevo colto in questo libro di Englander, ma è un tratto comune a molti autori, quasi che eventi di una tale tragicità siano maneggiabili solo attraverso la loro sublimazione ironico/umoristica.
Ma ancora non vi sto parlando del libro, vero?
Beh, veniamo al sodo. Il libro è giocato con una struttura quantomeno originale che per essere compresa va prima anticipata come trama. Copioincollo da qualche parte va: Con una vecchia fotografia in mano, un giovane studente, che si chiama Jonathan Safran Foer, visita l’Ucraina per trovare Augustine, la donna che può aver salvato suo nonno dai nazisti. Jonathan è accompagnato nella sua ricerca da un coetaneo ucraino, Alexander Perchov, detto Alex. Alex lavora per l’agenzia di viaggi di famiglia, insieme a suo nonno che, a dispetto di una cecità psicosomatica fa l’autista, e in compagnia di una cagnetta maleodorante, chiamata Sammy Davis Jr Jr, in onore del cantante preferito dal nonno.
Ecco che il libro è narrato da tre fuochi: le lettere con cui Alex accompagna gli scritti all’autore, che poi è lo stesso Jonhatan Safran Foer; il racconto fatto da Alex che sta cercando di scrivere un libro in un improbabile inglese; il libro vero e proprio sulla vicenda.
Molti pare trovino questa scelta una gran confusione, ma non mi pare che la cosa sia vera, perché al di là della suddivisione (anche grafica) dei tre punti di vista, sono proprio tre registri distinti. Vabbè, si sa che la gente è pigra.
Delle tre storie poi, sia le lettere di Alex, sia il suo raccontare il viaggio verso Trachimbrod sono speso esilaranti e si leggono davvero in scioltezza. Certo, hanno un difetto, e lo riconosco, di essere a volte eccessivamente “parodistici” e di giocare troppo con le imperfezioni di un povero disgraziato che impara l’inglese. E’ il vecchio trucco della traduzione letterale che fa ridere. (Lo stesso titolo, nell’inglese ucrainico di Alex, starebbe a significare “tutto è chiarito”, senza riferimenti mistici).
Ma allora dov’è che questo libro è bello? Nelle idee!
Ci sono tante, tante piccole idee che mi sono piaciute. Alcune piaciute molto. Che ne so, la protagonista del libro, una ragazzina che emerge dalle acque dopo la morte di uno strozzino, che tutti vogliono e che il rabbino assegna a sorte a un povero diavolo che le fa la culla con i giornali e poi va a finire che legge solo le notizie che rimangono appiccicate alla bimba; piuttosto che l’elenco delle 614tristezze di Brod (la bambina, appunto) che elenca delle tristezze tipo “tristezza del tipo che ti ha rubato il parcheggio e poi ha sorriso di compiacimento” (l’ho inventata io eh, visto che non sto maneggiando il libro): oppure ancora la volta in cui non si sapeva chi rubava il pane e tutti gli abitanti si sono dipinti le mani di un colore diverso (e indelebile) per scoprire cose assurde come il colore di Tizio in mezzo alle cosce di Sempronia; oppure il libro dei sogni dove tutti gli abitanti registrano e scrivono quello che sognano… Insomma, non avete capito ma avete capito. Idee. Che chiedere di più a un libro 🙂
sussurro
Il film è bellissimo, ora mi hai convinto a leggere anche il libro!
Noè
Se c'è un libro sullo sterminio degli ebrei o sui maltrattamenti di bambini, è altamente probabile che prima o poi quel libro finisca tra le mie mani.
Lo sto leggendo adesso e ora che ho scoperto l'esistenza del film, grazie a te, potrò vedere anche quello, dopo averlo letto!
Devo dire che sono circa a cento pagine e dello sterminio si è parlato poco o nulla. In compenso i sogni ricorrenti sono davvero evocativi, Yankel che trova importanti solo le notizie che legge sulla bambina è delizioso e ci sono tante cose davvero belle. L'improbabile compagnia nonno cieco (ma come diamine guida???), Alex, eroe e cagna è davvero interessante ed esilarante, e il modo di scrivere è originale. Finora posso dirmi davvero soddisfatta.
Ciao ciao!
^_^
gelo stellato
si si, anche io ho buonissimi ricordi, di questo libro 🙂