"L'oceano in fondo al sentiero" di Neil Gaiman****
Sono finite le ferie. Dopodomani ho del lavoro.
C’è da rimettere insieme i pezzi, e i miei pezzi invece non ne voglio sapere e ci sono sempre più uragani che li scombinano.
Ho letto solo questo libro, in questi ultimi 15 giorni.
Penso sia già qualcosa, e non mi lamento.
Ora le devo restituire e potrebbe essere l’ultimo anello di una catena, ma spero di no.
Ci sono delle cose belle, in certi libri, che poco hanno a che fare coi libri.
Ve ne dico una di questo, L’oceano in fondo al sentiero.
Gaiman, che sul retro sembra vagamente Bob Dylan più giovane, è l’uomo di Amanda Palmer, quella delle Dresden Dolls, che è notoriamente una fuori di testa.
E le storie di Gaiman, non so perché, roba tipo Coraline, quelle fiabe fantastiche e nere e deliziose, ecco, sembra adattarsi perfettamente a lei. Non so perché ho quest’idea, ma così è.
E all’inizio del libro, lui a lei lo dedica, dicendo semplicemente
Per Amanda,
che ha voluto sapere
E poi, alla fine, in alcuni ringraziamenti copiosi, ma non banali, è bello scoprire che Gaiman lo ha manoscritto, in prima stesura, e in seconda bozza, copiando, a fine giornata leggeva quel che aveva copiato a lei, scoprendo cose sulle parole – dice – che non aveva mai scoperto in passato. E’ bello sia lei la sua prima lettrice, critica e consigliera. Non è cosa rara, certo. Ma resta bella, come cosa.
E poi, un’altro ringraziamento bello, è a King, e a come gli abbia ricordato il piacere di scrivere ogni giorno. Le parole, a volte, ti salvano la vita. Dice. E io mi chiedo quanto possa essere vero e quanto vorrei lo fosse. Non lo so, ma resta un bel pensiero anche quello di King e il come un vecchio Re consigli un meno vecchio Principe.
Ma veniamo al libro.
Una storia che ci racconta in prima persona il protagonista, che all’epoca dei fatti ha sette anni e torna, ormai di mezza età, artista non certo comune, pare, a rivedere lo stagno che Lettie Hempstock chiamava Oceano. Uno stagno nelle campagne di Culonia (il Sussex, diciamo, ma immaginatevi una strada che finisce con lo stagno dove ci sono due case in croce e solo contadinotti) che è nelle proprietà di queste tre donne, Nonna madre e nipote, che però non sono donne normali, e non ne fanno mistero. Il bambino, il solito sfigato bullizzato che sa e ama soltanto perdersi nei libri, si trova di fronte qualcosa che gli rovina la vita. Un venditore ambulante che non solo gli investe il gatto, ma ha la bella idea di alloggiare a casa sua per venire a suicidarsi, pure nella loro auto. Non una cosa da tutti i giorni, certo, ma lo è ancora meno se risveglia qualcosa, qualcosa che comincia a regalare cose, a cominciare da una moneta…. peccato la ficchi in gola del nostro ragazzino, mentre dorme.
E da qui partono le Hempstock. E soprattutto Lettie, la piccolina. Non sono streghe. Cosa sono? Non lo sapremo. Sono qualcosa di uno squarcio fantasy che grazie alla storia del venditore diventa nera. E arriva il nemico. Ursula, possiamo chiamarla, perché assume forma umana. E vi angoscerà parecchio, il mondo come si prende la vita del nostro piccolo sfigato.
Di bello ci sono alcune cose. Alcune cose che mi sono piaciute.
Che è un libro corto, che non ha avuto bisogno di troppe costruzioni di ambiente e personaggi. Le protagoniste sono le tre donne Hempstock, Lettie e la nonna, soprattutto, con quest’ultima che è qui da millenni ed è vecchia sì, ma chi sia veramente non ci è dato sapere. Così come altre creature. Lo squarcio su un mondo fantastico, insomma, senza dare spiegazioni.
E poi non ci sono momenti morti. Tutto succede subito, dritto. Diciamo avvincente? E diciamolo.
E terza cosa, il finale. Non è triste, non è felice. Se crediamo al resto delle cose, non dovremmo essere troppo malinconici, anche se un po’ di irritazione e fastidio, per il protagonista, lo si prova.
E poi, un’ultima cosa, è una fondamentale assenza di un antagonista cattivo. C’è, certo, il villain Ursula che ti fa paura assai, ma poi, la natura è la natura, e si segue la propria. Non c’è cattiveria in questo. Ci sono errori, al limite, che provocano cose brutte. Ma tutti si sbaglia, no?
E niente. Il libro non sarà innovativo, perché è una storia che abbiamo già letto. Ma è una storia bella, raccontata bene, che ci lascia una scia di “Ah, come vorrei esistessero le Hempstock!” e questo è il successo a cui ogni dark fantasy dovrebbe aspirare, credo: farci venire voglia dell’esistenza delle sue fantasie.
E’ tutto, carissimi che magari ancora state là fuori.
Io continuo a rubare fiori, a regalare pezzi belli di me finché non ne rimarrà niente e ci vuole del coraggio, si sa, e ora sto ascoltando il nuovo National e vi dico anche che è una bellissima colonna sonora per una fiaba dark.
TBMT
Mmmh sarà che io Gaiman non lo amo..
gelostellato
effettivamente può non piacere. A me non dispiace, anche se non è che stravedo a prescindere.