"L'orologio meccanico" di Philip Pullman***
Dovrei, forse lo farò, anche se non leggerete oggi, parlarvi di Lansdale e del nuovo libro di racconti che è uscito e ho finito ieri sera, ma.
Ma due settimane fa, nel mio mercoledì con pausa pranzo lunga in cui riuscivo a leggere, ho beccato questo. L’avevo sbirciato e mi ero detto: to! un libro piccolo piccolo di Pullman, scritto per altro a caratteri grossi quanto il culo di una scimmia nana (similitudine per restare negli echi lansdaliani) e io mi ricordavo delle Oscure Materie che Cristina mi aveva regalato e spinto a leggere, e che alla fine non mi era dispiaciuto. Lo leggo, mi son detto, e in effetti l’ho letto e non mi è dispiaciuto.
Anche questo è di una collana per ragazzi, Shorts, di cui già vi parlai, perché lessi non mi ricordo il titolo, comunque della Zannoner.
E insomma… ve ne parlo ma la faccio breve, vuoi perché non ho tempo, vuoi perché son passate quasi tre settimane e insomma… era un bel libro, ma non me lo ricordo nei particolari.
Vi posso dire che L’orologio meccanico è una sorta di fiaba nera, ambientata in un contesto vagamente medievale e che ha come cuore gli orologi e la misurazione del tempo. Almeno come partenza, anche perché poi entrano in gioco altre cose e c’è qualche piacevole brivido e manca, anche, un lieto fine zuccheroso. Tutte cose che ho apprezzato.
Come funziona, la storia… Be’, si parte in media res, con un apprendista orologiaio che non è stato all’altezza di costruire il suo meraviglioso orologio da aggiungere alla torre come hanno fatto prima di lui, dopo anni di studi, tutti gli altri apprendisti orologiai.
Peccato che questa cosa non la sa nessuno e tutti sono lì, la notte prima, a bere e festeggiare l’evento. C’è anche Fritz, suo amico, e narratore di storie, che ne legge una che parla di un certo Kalmenius, una sorta di stregone che inventa cose meravigliose ma diaboliche come un bambino meccanico per un re al quale è morto appena nato l’unico figlio…
Però, ecco che la storia di Fritz e la realtà della narrazione cominciano a intrecciarsi e Fritz stesso, spaventatissimo, fugge e noi restiamo con questo aggeggio meccanico e assassino e vi dico subito che ovviamente l’apprendista farà il patto con il demoniaco inventore, nel più classico dei faustiani plot, e naturalmente non finirà bene. Poi basta, al lieto fine si arriverà, perché comunque c’è Gretl, la figlia dell’oste, e c’è che per far funzionare un congegno umano in modo perfetto, alla fine, serve sempre un imperfettissimo cuore umano.
Una fiaba gradevole, quindi, che Pullman porta avanti con una scrittura semplice e a mio avviso adattissima anche a quelli che non hanno cazzi di leggere, a quell’età in cui trovo sia anche giusto non averne. Un po’ scontata, forse, nel modo di svolgersi e negli echi goethiani che fanno pensare che si saprà già come andrà a finire, nonostante i colpi di scena dovrebbero esserci. Va detto però che è dedicata a un pubblico di almeno 11enni e quindi lo svolgimento è adattissimo e non doveva essere più complesso.
E ora basta… vi posso solo dire che vado a riporlo, anche perché il caso ha voluto che proprio in questo momento mi sia stato restituito e capitato in mano Quel giorno pioveva, il libro della Zannoner di cui vi ho parlato sopra. Ah, aggiungo anche, sempre per motivi di caso, che pochi giorni dopo aver letto questo libro sugli orologi mi è capitato di andare nella valle del tempo, a vedere degli orologi splendidi e il loro funzionamento è davvero affascinante… andateci, se passate da queste parti.
TBMT
Ce l'ho in bagno (pardon in sala lettura) da un bel po' di tempo. Lo apro, lo chiudo e lo rimetto lì.