"Middlesex" di Jeffrey Eugenides****

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"Middlesex" di Jeffrey Eugenides****

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Di questo libro se ne può parlare per ore, non ho dubbi, ma io non ci metterò così tanto. Middlesex, di Jeffery Eugenides, è famoso. Famoso perché nel 2003 ha vinto il premio Pulitzer, famoso perché Eugenides è quello delle Vergini Suicide, che lessi e mi piacque ed è anche un membro del Futuro dizionario d’America, al quale sembrano appartenere un sacco di scrittori americani fighi, bravi, che non si drogano, non picchiano i bambini, non fanno la guerra, vogliono bene al pianeta e a tutto ciò che di bello vi si agita (Franzen, la Oates, Foer, King e Eggers come fondatore, per dirne alcuni) e prendono satiricamente per il culo gente come Bush o altri della stessa risma.
Strano, tra l’altro, che non ci abbiano fatto un film, di Middlesex, anche se pare ci sia una serie TV (che vergogna, direi, se l’hanno fatta in modo ironico e non drammatico)
Insomma.
Ci sono tutti i presupposti perché il libro l’abbiate letto anche voi, o comunque ne abbiate sentito parlare.
Io perché l’ho letto? Per colpa della Elena, che confesso di aver, per un paio di giorni, bonariamente odiato (no, okay, imprecavo proprio contro di lei, verso pagina 200-230). Perché quando me lo regalò, secondo me in malafede, per ovviare al mia fobia dei libri grossi, disse più o meno:
Ma sì, sembra grosso, ma te lo leggi così, va via al volo…
E in effetti, la versione Mondadori, non sembra grossissima. Però, a inizio ferie, ad agosto, quando decisi di leggerlo mi accorsi che:
a) sono 601 pagine!
b) il margine è strettissimo, il carattere né piccolo né grande
c) è una scrittura densa, profonda, divagante.
Tutto questo significa che, col cazzo che ci mettete tre giorni, per leggerlo, come pensavo io calcolando tipo 200 pagine al giorno!
E “col cazzo” è un espressione molto, ma molto adeguata, parlando di Middlesex. “Col cazzo”, infatti, questo libro non esisterebbe, perché quest’opera altro non è che una dettagliata, profonda, verosimile ma immaginaria, biografia di un ermafrodito.
Callie, che poi diventerà Cal, ci racconta la sua vita. Ce la scrive, anzi, conscia dei limiti che questo ha nei nostri confronti, e ci spiega. Ci spiega come ci si sente.
La trama potete leggerla da molte parti, e io ve la riassumo in due righe, giusto per capire le considerazioni che seguiranno. Callie nasce maschio, sessualmente, peccato che l’attributo che dovrebbe comunicarlo al mondo rimane nascosto, dentro, e quel che è visibile è una patata, apparentemente normale. Il medico di fiducia è mezzo cieco, e va a finire che per 14 anni, ovvero fino al mestruazioni-time, nessuno si accorge di nulla e Calliope viene cresciuta come femmina. E’ un caso raro, un esperimento sociologico unico, che dimostrebbe che indipendentemente da cosa nasci, basta crescerti in un certo modo ed ecco formata la tua sessualità. Peccato che questa cosa la pensa solo il sessuologo famosissimo e in cerca di conferme sulle sue teorie, mentre Callie, dentro, è maschio. Certo, gli manca qualcosa, e oramai, del tutto maschio non è più, perché l’educazione che ha avuto è da femmina, e Middlesex, appunto, titolo geniale, per molti motivi, è la sua condizione.
Libro impegnativo, dunque, e non solo per la quantità. C’è molto, ma molto materiale, compresso qui dentro, attaccato coi denti a una storia che alla fine, è l’unica pecca che mi sento di muovere, è stata resa fin troppo friendly, in fatto di accadimenti. Ma poi ne parliamo.
Middlesex, credo, sia quel che si può definire un capolavoro, nel senso di tempo/energie/quantità/idea/intenti dell’autore, anche perché, per la stragrande maggioranza del romanzo continui a chiederti se Eugenides non sia ermafrodito, e questa biografia non sia più vera di quel che pensiamo.
Com’è logico, Middlesex è un libro sulla sessualità, un libro che parla di confini e li espande, rendendoli complessi, pieni di colori, di sfumature, ma anche di toni netti e di graffi. Difficile, dopo aver letto questo libro, tracciare una linea e dire: questo è M, questo è F, questo è M, questo F…
Ma non è solo un libro sulla sessualità. Sarebbero bastate trecento pagine.
E’ un libro sulle radici, tanto per cominciare. Sulla coscienza degli immigrati negli USA, su come l’american dream sia obbligatorio e vissuto, da chi non ha deciso di andare, ma ha dovuto. I nonni di Callie, figure immense e personaggi che ricorderete per molto, molto tempo, sono due greci sfuggiti al massacro turco di Smirne, salvi per miracolo, figli di una ruralità e di tradizioni elleniche che sembra antiche, buffe, quasi misteriose, eppure vive e forti. Sembrano avere una storia che nessun americano, nel libro, dimostra. Tutti i personaggi rilevanti, che hanno carattere, forza, fascino… li prendono dalle proprie radici. Desdemona e Lefty, per altro, rappresentano i due modi contrapposti con cui lo straniero si adatta agli USA.
Poi è un libro che vuole raccontarci della storia. Già lo sapete come mi stiano sulle palle i pietismi storici. Quando qualcuno mi tira fuori il Dramma di certi avvenimenti superinflazionati (Dresda, 11settembre, Olocausto, Hiroshima, e bla bla bla) mi vien voglia di tirargli in faccia un kiwano marcio. Qui c’è il massacro di Smirne, e di tutti i greci morti nell’incendio, perà è un intervento funzionale, fondamentale, e non sbattuto in faccia per generare emozioni a buon mercato. Quindi bene, ottimo.
Una terza lettura riguarda la sua quasi totale natura di romanzo formativo. Si racconta dell’adolescenza femminile di Callie, ma mentre si parla del suo non avere le mestruazioni, dei suoi baffi impertinenti, della sua attrazione per il suo stesso sesso, si parla del classico dramma dell’accettazione e dell’ingresso nell’età adulta. I ricordi di Cal sono puntuali, e anzi, troppo puntuali, direi (provate voi a scrivere la biografia di quando avevate 14anni… io non mi ricordo manco la prima che ho baciato e dovrei fare qualche telefonata, per riordinare le date) ma non è un difetto. Insomma, noi siamo Cal: lui ci racconta, ma noi stiamo vivendo.
Poi ci sono gli inserti a
ttuali. Cal ci dice quasi subito che ora è uomo. Vive da uomo, pur privo di attributi. E intorno alla coscienza dell’uomo adulto si dirama la conoscenza scientifica, lo stato dell’arte sulla sessualità e sul mondo degli ermafroditi. Ed è pallosa, quasi sempre, quella parte. E non credo sia un caso che ogniqualvolta si parla di medicina e del dottore che ha avuto in cura Cal/Callie ti venga da storcere il naso. Si è talmente tanto immedesimati nel protagonista che i pensieri dei “dottori” sono visti come sciocchi, imprecisi, sbagliati… e quindi noioso. Anche questo, comunque, è un aspetto interessante. Dal punto di vista della psicologia sessuale rapportata all’educazione dell’essere umano, un caso come quello immaginato, solleva domande, riflessioni, e a volte anche si trova una propria risposta.
Poi, perché in un libro così complesso non può essere tutto azzeccato alla perfezione, vi posso di almeno tre piccole pecche, cui accennavo prima. Una è innegabilmente la lunghezza. Il libro è prolisso, la prosa è lineare, chiara, scivola benissimo, ma è tanta. Non è una questione mia personale. E’ una scelta che ha fatto l’autore, e lo dice anche. Non ci vuole raccontare solo delle radici, ma ci vuole dirre anche della terra che le contiene, e del tempo atmosferico che le ha nutrite, e dell’upupa che ha portato nel becco un seme che un domani sarebbe germogliato facendo ombra alla terra di quelle radici. Mi va bene. Non protesto, però è innegabile che così ne esce un libro denso e grosso, e a tratti si vuole sapere delle cose ma passano le pagine a decine e non ce le stanno dicendo.
Le altre due pecche, forse solo mie, riguardano proprio la trama. O meglio, il renderla particolare. E’ vero che una storia dev’essere degna di essere raccontata, siamo d’accordo. Ma ci sono almeno un paio di inserimenti che mi sono sembrati esagerati. Uno è la storia attuale di infatuazione che Cal vive mentre ci scrive. Mi piace che lui, a sprazzi radi, ci racconti di come inizia e finisce un suo approccio sessuale, di come abbia fatto il callo al dover lasciare le donne, visto che non le può trombare. Non mi piace che proprio mentre ci scrive, figuriamoci se non arriva quella che sembra essere “la donna giusta”, quella che lo “comprenderaà”. Ecco, no. Mi è sembrato un regalo al lettore. Nella vita, dopo che ha pescato trenta merde, peschi la trentinesima.
E’ nei film, che non succede.
Stesso discorso vale per il rocambolesco finale rovinoso e quasi tragicomico che tocca la famiglia di Callie. Non ve lo svelo, ovviamente, ma è un po’ strano che questa family, già toccata dalla sfiga della figlia/figlio, si veda colare addosso materiale per una bella puntata di un poliziesco. 
Ma basta adesso. 
Non so se qualcuno di voi, là fuori, lo ha letto. 
E’ uno di quei libri che mi fa pensare che la narrativa americana esiste e ha una sua identità precisa, anche se non sapremmo riconoscerne il genere. Un lavoro trasversale, certo, e tornando alla combriccola di inizio post, non posso non pensare che a chi sono piaciuti i libri di Foer, di Eggers, e altri di quella risma, anche questo piacerà tantissimo. Chi invece, non ha pazienza e non ama quel genere di lavoro un po’ a strati, che sviscera un argomento (la sessualità) toccandone e perdendosi in molti altri, be’, lasci pure sullo scaffale. Si può vivere benissimo senza.

Comments

  • 30 Settembre 2011

    Tu, un libro di 600 pagine?
    Magari prestamelo la prossima volta che ci si becca, hai citato Eggers e quindi adesso sono troppo curioso. 🙂

    reply
  • Elena
    1 Ottobre 2011

    A memoria avrei detto 3-400 pagine, ed è indicativo.
    E io lo iniziai in treno e finii in un fine settimana fra letto e divano. E mi ricordo, e non sono tanti i libri che ricordi dov'eri quando leggevi. In definitiva, non sono tanti i libri che davvero ricordi.
    Una cosa c'è, ed è un gusto femminile. Una di quelle cose che un uomo apprezza e una donna s'innamora. Chiaramente una donna di gusto. 🙂 Vale anche per altri che citi. Cose per cui la trama è superflua e tutto quello che non è trama imprescindibile. Senza radici, dettagli, divagazioni e profondità, non sarebbe il libro bello che è.
    E il respiro è quello della letteratura americana. E mi pare che oggi sia solo loro. Che gli americano vengano tutti da fuori. Che il Pulitzer sia sempre da considerare.

    Saluti, 🙂
    Elena

    reply
  • Elena
    1 Ottobre 2011

    Ah, una cosa sul lieto fine affettivo, poco verosimile.
    In effetti, spesso, dopo la trentesima personuccia, incontri la trentunesima. E se Callie fosse rimasta Callie e non Cal, quell'incontro con l'uomo giusto, sarebbe stato decisamente inverosimile – al massimo poteva incontrare uno sfigato accogliente, ma a Callie uno sfigato non sarebbe mai piaciuto! Però le donne sono diverse, sono fatte di accoglienza, anche anatomicamente, è l'essenza della femminilità, e si innamorano con l'eterna verità della convinzione, da cui gli uomini sono sfiorati sono in stato di grazia e per brevi periodi. Per cui, che Cal incontri una donna carina, intelligente, accogliente, dopo una trentina di donnucce, è più che verosimile. 🙂

    reply
  • 1 Ottobre 2011

    @Elena
    non mi ha dato fastidio che incontri la donnuccia sensibile e accogliente. anzi. ho trovato eccessivo il fatto che la incontri a inizio libro, e che casualmente ritorni a fine libro.
    Ah comunque il fatto della profondità del libro sta proprio unito alle seicento pagine, ovvero, per leggere 600 di un King, ci ho messo tre giorni, che è la norma, mentre per queste seicento, una settimana, che è proprio perché erano qualcosa in cui la trama è a tratti orpello.
    (penso tra l'altro che se non fosse stata orpello, non mi sarebbe piaciuto così)
    La mia considerazione sul tempo nasce da un'altra cosa.
    Ho tre settimane di ferie e di solito mi programmo un libro lungo, in quelle settimane. Uno all'anno.
    Quest'anno toccava alla montagna incantata. Poi mi è capitato questo, e una settimana se n'è andata così. Poi, per fortuna, ho colto molto bene il modo di leggere la montagna e quindi è andato tutto bene cos' 🙂

    Ah, grazie per il regalo.
    Libro che rende persone meglio.

    @

    reply
  • 1 Ottobre 2011

    @silente
    sì guarda
    secondo me questo libro a te piace e ti farebbe anche bene
    penso che ritroveresti sensazioni vissute in skippy, per dire, è quel tipo di libro. e poi c'è un umorismo (greco) che a te piacerebbe.

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