Joe R. Lansdale – Monticello Brianza – 17 ottobre 2006
ANTEFATTO
Monticello Brianza è a 381 km da Udine, sito Michelin docet. Partendo presto e prendendola con comodo ho tutto il tempo per dedicare all’autogrill, diciamo verso Brescia, una sosta come Dio comanda: pipì, caffè, giro turistico nel reparto dolci e giocattoli e acquisto di cibo, bevande e cazzate da consumare in auto.
Al bar c’è una tizia di colore. Molto nera e molto barista da autogrill: attenzione al cliente sotto zero e pulizia uno+, (ovviamente in una scala da 0 a 100). Una di quelle che pronunciano i verbi all’infinito, modello buon selvaggio. Sarà perché tifo sempre chi tende all’infinito, ma la tizia black-not-white mi sta simpatica.
Ebbene, sto bevendo il caffè, e arrivano ‘sti tre tizi, modello giacca-cravatta-e-sfiga, che dopo aver chiarito i cazzi loro ad alta voce, in modo li potesse anche la signora dei bagni, da veri sfigati ordinano direttamente al banco, ma ovviamente, come sanno cani e porci, prima si fa lo scontrino in cassa e poi si va al banco (ma che erano sfigati l’avevo già detto.)
Tornano per il caffè e la tizia al bancone, che munita di guanti di gomma stava pulendo ogni anfratto del suo habitat, gli mette tazzine e caffè senza togliersi i guanti e (pare) afferrando le tazzine in modo improprio. Uno dei tre “manager con gli stivali” glielo fa notare e, per tutta risposta l’amica colorata comincia a inveire, dicendo che non è stata rispettata, che dovevano vergognarsi e che loro pensano che tutti i neri sono sporchi, ecc. ecc.
Mezzo autogrill si gira con la faccia da “dov’è il razzista di turno che lo linciamo” e i tre da veri sfigati, prima tentano di incazzarsi e poi, visto che l’amica kuntakinte aumenta il volume e il livello di finta indignazione, sono costretti a scusarsi, e ovviamente, a lasciare una bella mancia. Un piccolo caso di razzismo al contrario, insomma.
Io assisto al bancone a tutta la scena, con i tre white-not-black che alzano in fretta le tende tra gli sguardi basiti o minacciosi degli astanti e quello comprensivo della cassiera, che mi spiega che quella non la sopporta nessuno, e ogni volta che combina qualcosa si difende con la balla del razzismo. Pago le mie schifezze cioccolatose e me ne vado e penso che il texas è proprio lontano dall’Italia.
ASPETTANDO JOE
Eccomi qua. Seduto in quinta a Villa Greppi in via Monte Grappa a Monticello Brianza, che è un monticello per davvero, ho scoperto. Mi rendo conto solo ora che io, Joe R. Lansdale, mica ce l’ho presente, di faccia. Meglio. Ho sempre pensato che gli scrittori, di faccia, è meglio non conoscerli.
Sono arrivato quasi un’ora prima dell’inizio. Ne approfitto per comprarmi il libro nuovo, quello che si presenta stasera. 17.50€, Fanucci editore.
Questa Fanucci mi sta simpatica. Anzi, dopo aver letto “Il mio nome è Herbert Fanucci”, di Davide Van De Sfroos, è tra le mie case editrici preferite. Ah ecco! Dentro il libro c’è la foto. Ora so che faccia ha Lansdale! Ha la faccia di uno a cui chiederesti indicazioni per strada, soprattutto se sta portando a spasso il cane.
La stanza si va riempiendo. Mi giro a scrutare il target del buon texano: nessun under twenty five, nessuna passerona, parecchi capelloni, occhialuti, grigietti e pizzetti. Più maschi che femmine, più vestiti bene che allo scazzo. Mi sa che son l’unico con gli orecchini, ad occhio e croce, e con la maglia di scheletri, ovviamente. Ma torniamo al libro. Della Fanucci, dicevo. Ho scoperto che praticamente ho letto tutto il Lansdale non-fanucci. Facendo due conti: ha scritto più di 20 romanzi, la fanucci ne ha pubblicati 7 con questo, io ne ho letti una decina delle altre case editrici. Sono a metà, quindi. Comunque una metà che è stata sufficiente a convincermi a fare tutti questi km in notturna.
Anzi. A voler essere più precisi, il motivo è un altro: una specie di riconoscenza nei confronti dell’autore. Mi spiego. Quando compro un libro di Lansdale so già, nel momento in cui esco dalla libreria, che lo leggerò tutto e in poco tempo.
Tutto vuol dire ogni riga. In poco tempo vuol dire giorni. Insomma, fatti rilevanti, per uno che il tempo per leggere lo ritaglia da sonno.
Oh cazzo, mi si è seduta vicino una cessa che si è portata dietro una borsa di libri. Immagino per farseli autografare. Non pensavo si potesse arrivare a tanto. Uno va bene, ma un pacco! Purtroppo, non sono il tipo da autografi, ma cercherò di farmi firmare questo.
Tornando al libro, dopo aver letto le 15righe all’interno della copertina si direbbe che è una superPippa di libro (leggi banale), ma ormai non mi faccio ingannare, visto che avevo pensato questa cosa anche per tutti gli altri suoi lavori, e tutti poi, più o meno, mi son piaciuti.
Ore 21.35. Speriamo che non ritardi troppo. L’appuntamento era alle 21.30. utilizzerò questo tempo per cominciare il libro…
Ecco. Un paio pagine e già sono rimasto scocciato dall’interruzione dovuta all’arrivo dell’autore. Insomma Joe…stavo leggendo!
Si comincia.
JOE
Dunque…ricapitoliamo!
Anzi, ricapitolare non è l’ideale, ci sarebbe più che altro da raccontare. E Joe aveva parecchia voglia di parlare e non è stato per nulla musone o annoiato. Certo, ci ha fatto notare che quando viaggia non scrive e ingrassa, ma ci ha anche fatto notare che vedere tanta gente lì per lui, è un modo per rimanere umile. Dovesse poi montarsi la testa ci pensa sua moglie a dirgli di andare a portar fuori il cane (ecco, lo dicevo io che era un tipo da giretto col cane), facendogli abbassare la cresta.
Comunque sia, Lansdale di arie non se ne dà. Jeans e maglietta blu e giubbotto di pelle marrone scuro. Disponibile e gioviale, ha parlato tanto senza annoiare (un bravo al traduttore che ha ricorso i suoi chilometrici discorsi). Tirando le somme che ha detto? Un sacco di cose, alcune ovvie, altre meno.
Tanto per cominciare ha lasciato una bella idea di persona normale, che scrive per mestiere. Tre ore al giorno per 5-6 pagine per volta, revisionando via via quelle precedenti. Il resto del tempo lo dedica alla moglie, ai figli, ai cani, alle arti marziali, alla lettura, al cinema e, nei week end, a ricaricarsi le batterie. Non beve alcolici, gli piace l’esercizio fisico e tra i suoi autori preferiti c’è indubbiamente Mark Twain, che ha citato più volte. Degli italiani ha letto solo “Io non ho paura” che ha trovato molto bello e ha ringraziato Ammaniti per la (bella) frase da seconda di copertina che gli ha regalato.
Lansdale ci ha raccontato che ormai ha una buona padronanza delle arti marziali e che le insegna a tantissimi ragazzi, ed è per questo che sono così spesso utilizzate nei suoi libri. (è stato parecchio modesto, perché basta un po’ di wikipedia su Lansdale per scoprire che le arti marziali sono molto di più che una semplice passione).
Spassosissimi gli aneddoti, che spesso riporta nei suoi lavori. Tra i tanti, impossibile non raccontare del tizio che fa dissotterrare le tubature nel proprio giardino per cercare la dentiera che gli è caduta nel cesso (e si rimette prontamente dopo una breve sciacquata), e che puntualmente è finito in “mucho mojo”, primo introvabile episodio della serie Hap e Leonard.
A proposito, a tutti quelli come me, che pur conoscendo l’inglese leggono Leonard (con la e), tenetevi forte perché per Joe quello è Lionard (con la e che si pronuncia i) ed è tutta un’altra cosa sentirlo pronunciare dall’autore.
Impossibile non riportare anche la storia del tizio cieco che viene incaricato della tosatura di diversi acri di giardino, e ovviamente combina un disastro, tagliando le teste alle talpe e devastando i fiori. Episodio anche questo riportato in un racconto, ma realmente accadutogli.
Curioso poi come l’abitudine per la violenza di Joe troverebbe il suo germe in due episodi accadutigli durante l’infanzia e legati entrambi alla figura (per lui rilevantissima) di suo padre.
Il primo è un selvaggio linciaggio di una persona di colore al quale il padre ha assistito e che, anche se a Joe è stato solo raccontato, lo ha segnato profondamente. L’altro è una scena che sa proprio di già visto (la sottile linea scura) in cui il padre di Lansdale (ex lottatore che girava le fiere di paese) picchia a sangue un vicino di casa che aveva fatto lo stesso con il cagnolino di Joe (che poi è sopravvissuto, fortunatamente).
Piacevolissimo, poi, scoprire da dove arrivino le figure degli storici Hap e Leonard (anzi, Lionard). Il primo, non è nient’altro che l’alter ego sfigato dell’autore, ovvero rappresenta tutto ciò che gli sarebbe potuto accadere, ma che non gli è accaduto. Lionard, invece, è stato ispirato da un nero visto alla tv che votava repubblicano, cosa abbastanza rara qualche anno fa.
Che altro dire? Di chiacchiere ce ne sono state tante, nella solita routine da presentazione libro e il tutto è durato quasi due ore.
Non so se c’è stato un post serata. So solo che, sempre nella solita routine, l’autore è stato assaltato per autografi e foto. Cosa che però riusciva abbastanza facile, visto che a Lansdale, pare proprio far piacere, stringerti la mano e salutarti.
Insomma, è stato bello andarsene, pensando che la persona che ha scritto i libri che ti son piaciuti, ti è piaciuta.