
"Valneve" di Marco Caudullo***
Succede che c’è la gelotteria – vi ricordate? – (a proposito, avete spedito e ricevuto tutto? so di qualcosa che è ancora in viaggio, ma spero tutto arrivi) e succede che Marco Caudullo, conosciuto come pecorella75 a causa della pandemia dei nick del terzo millennio mi dice, Uè, toh gelo, ti mando anche il mio libro di racconti nuovo, visto che ho l’occasione.
Okay, figo! Mi dico.
L’altro suo mini libro di racconti, Mondi Paralleli, che scambiai in un baratto spaziale con del Veleno, anni fa, non mi dispiacque. Ricordo soprattutto un racconto che aveva suggestioni calvinborgesiane, e mi rimase in mente.
C’era, nel buon Caudullo, una sorta di visione fantastica surreale che, se ben coltivata, poteva secernere buone cose. Così pensai.
Ed è curioso, tra l’altro, che vi parli di questo libro di narrativa underground proprio pochi giorni dopo che vi ho parlato di Borges, e delle sue creature fantastiche e mentre sto leggendo un libro di Tanith Lee, che proprio Marco, con un commento al blog di eoni fa, mi fece scoprire.
Com’è ragnatelosa la pianura del pensiero, eh?
Vabbè. Ma perdonatemi, divago grandemente.
Parliamovi del libro.
No, anzi, una premessa che mi sono fatto nel momento in cui mettevo le tre stelline lassù, vicino a dove ho scritto Valneve. Già mi precedevano gli echi di qualche pigninculo che diceva, emmaccome! metti tre stelline a questo sfigatello qua solo perché è tuo amico e ne hai messe tre pure a Borges che è dioimperatorepapaeprincipedilucetenebra della narrativa fantastica? Ti ammazzerò!
No! aspetta, non uccidermi!
Anche io penso che Jorge Francisco Isidoro Luis sia quella roba lì, ma non potrete mica pretendere che io legga uno scrittore dell’underground letterario italico che si fa le ossa con una raccolta di racconti allo stesso modo, no?
E allora ecco che per quanto possa valere il mio parere, questa agevole (breve e veloce) lettura di 8 racconti in 130 pagine è abbastanza gradevole. Certo, ci sono ancora delle acerbità e uno stile che deve ancora fissarsi, trovare un corpo proprio. C’è qualche racconto meno riuscito, forse perché nel tentativo di rendere la trama originale, trasversale, poco “ortodossa”, e questo è un merito, si rischia di lasciare piccole zone d’ombra, che per altro a me non sono dispiaciute, ma capisco se un altro tipo di lettore storga il naso (che poi non si legge bene, col naso storto, e devi tenere la testa inclinata di lato).
Poi, tanto per dire due parole sull’edizione, la copertina a me piace e la trovo adatta al contenuto, e l’edizione è ben fatta, pur non meritandosi, confesso, i 13euri del prezzo di copertina, ché insomma, 2-3 di meno ci stavano.
Comunque.
Valneve. Valneve è un luogo, un paese, un paese di provincia, creato da Marco. E a Valneve ci sono storie, piccole e strane, ma degne d’esser raccontate.
Storie come la prima, che dà il titolo alla raccolta, di Michela e Dario, due ragazzini, che vogliono uccidere Marica, perché… i sogni gliel’hanno raccontato, o perché ha una relazione col padre di Michela, ma… sarà poi vero?
Oppure storie di alieni, siano esse delle belle quaglie dal culo tondo, che ogni tanto anche loro ha bisogno di un po’ di sesso e beccano un umano, oppure sia una mano, ad essere aliena, lontana, distante dai pensieri del nostro corpo, che non la governa più. Forse, per altro, La sindrome della mano aliena è quello che m’è piaciuto di più, per quell’idea di dramma che portava avanti lungo tutto il racconto.
Usa spesso la prima persona, Marco, e forse non sempre la gestisce perfettamente, ma i racconti, seppur nella loro piccola anima fantastico surreale, restano abbastanza credibili e verosimili.
Come in “La notte in cui tornarono i gatti” che si basta su un’idea originale, magari che meriterebbe anche maggiori sviluppi (tra l’altro l’avevo già letto, questo, possibile?) e Il castello di vetro, un incubo onirico di un aspirante suicida che ci mostra la nostra solita, imbarazzante, vita non vissuta o vissuta male.
Brutto, invece, Una poesia per lei, l’unico con un’idea non originale e un finale scontato, che però ha il pregio, già lo so, di piacere agli amanti del noir, perché comunque per leggere si legge.
Altro racconto che avevo letto, da qualche parte, è quello che chiude la raccolta: Con il verbo lontano dal soggetto. Non siamo più in una zona “fantastica”. Siamo in due borderline che fuggono, salgono in treno, lui è un bambinone senza tanto cervello, lei una sbandata poco casta, e la loro visione del mondo, e la loro fuga di non-amore, sono tragiche e tristi, malinconiche. Direi, forse indispettendo la pecorella, che quasi gli riesce meglio dipingere con questo tipo di colori, piuttosto che quelli neri neri. Ma è solo un mio parere
Tutti racconti leggibili, comunque. E per quanto Valneve non sia un concetto che li lega in modo indissolubile (alcuni potrebbero essere accaduti a Canicattì e non cambia molto 🙂 l’idea di una citta di provincia un po’ magica, che sporca le storia normali di quel mondo che non sappiamo vedere più, distratti da troppi bit, watt e decibel, è intrigante.
Ecco perché, pur con tutti i suoi piccoli difetti, nel mare magno delle “raccolte di autori dell’underground narrativo”, Valneve è un’opera leggibile e gradevole. Grazie del regalo, Marco, alla prossima!
Frank Spada
Marco Caudullo fotografato da Matteo Poropat, e questo fatto già mi intriga…
ps – caro pecorella 75, sia gentile, aggiorni la bibliografia di M.C. inserendo anche "Valneve", altrimenti… complimenti e auguri.
Pecorella75
Grazie Frank! Lo so, prima o poi vincerò la noia e modificherò…
@Gelo: Be', tre stellette del gelo per ora mi bastano. Ma arriverà il giorno che ne meriterò 4, vedrai…
Ah, Una poesia per lei l'ho scritto nella prima metà del 2007. Ed è ovviamente quello che anche a me piace meno. Io, essendone il proprietario, non potrei dire che è brutto…
Per quanto riguarda la prima persona, sì, la uso spesso. Anche se degli otto racconti ce ne sono tre scritti in terza. Hai mai letto Cortazar? Se ti piace Borges devi aver letto pure Cortazar. Diceva che per scrivere racconti fantastici bisogna farlo in prima o nella terza "finta" (cioè a focalizzazione interna). Se non l'avessi già letto, ti consiglio di prendere il bestiario, che nell'edizione einaudi che ho io contiene anche un paio di brevi saggi sul fantastico e sulla scrittura dei racconti.
Ah… Non hai speso una sola parola per Aria, che poi è il racconto più lungo che io abbia mai scritto.
E sì, La notte in cui tornarono i gatti l'avevi già letto, l'avevo usato in una qualche competizione letteraria. Anche se in versione leggermente diversa, mi pare.
gelo stellato
Sì,sì… Cortazar è anchesso incredibile, ragione.
Il bestiario però mi manca, è vero, ma è già scritto in quell'algoritmo di cui si diceva e a cui non credete ma io lo conosco, così come i cronopios e y famas 😉
Frank Spada
Oggi, che poi è stato l’altroieri, e la credenza popolare che ci vorrebbe creduloni, e noi che guardavamo all’“Anno che verrà” e ti vediamo solo oggi, “Tu sconosciuto vecchio o giovane stupido, che da domani hai deciso di metterti a suonare e Tu che ancora devi nascere, Tu che chi sa cosa ci farai ascoltare” e TU, che oggi non sei più tra noi e una città ti abbraccia e una nazione intera, senza di te…
(Lucio Dalla – 1943/2012)
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