“Quando muori resta a me” di Zerocalcare****
Non so se li ho letti tutti e se di tutti ne ho parlato qua, in questo angolo poco trafficato di web. Vediamo cosa mi esce se provo a cercare “zerocalcare” tra i post… Dunque… Kobane, Pizze, Shengal, Macerie, Dimentica, Polpo, Maledetto, Armadillo, e mi pare basta. Insomma… un fottio. Forse sono tutti, boh. Ne esce quasi una poesia nonsense…
Kobane!
Dimentica Shengal
Polpo maledetto
Armadillo
Pizze
Macerie….
Niente male, dài. Ma siamo arrivati a questo, che come parole sceglierei Muori, e se dovessi metterla nella poesia la ficcherei prima di Armadillo, stravolgendola. Vabbè, basta cazzate…
E anche con questo, alla fine, sono contento. Di averlo, di averlo letto, e che come tutti gli altri, chi più chi meno, mi abbia fatto male. Perché Zerocalcare, a seconda di quanto gli assomigli, ti fa fa male. Più o meno. A me di più.
In ogni caso, andiamo per ordine. A cominciare da oggi, adesso, e da me che sono stanco ma intorno ho delle cose belle fatte e non mi incazzo nemmeno se piove, per l’ennesimo lunedì notte. Credo oramai sia una congiura. Perché la notte del lunedì per me è speciale, nello stesso senso in cui lo era il sabato per il milanesi scerbanenchiani. Quindi non è che i lunedì in cui sono tranquillo, qui, solo, libero, ispirato, motivato, pronto, sono infiniti… ma lasciamo da parte la meteorabbìa e torniamo a Zero.
Dunque… un paio di settimane fa, o poco meno, ero un po’ malinconico e giorgia ha pensato che un regalo mi potesse svoltare. In realtà non succede, ma resta che tra i tanti regali questo era tra i migliori che potessi ricevere. Prima o poi, infatti, me lo sarei comprato, ovvio, e poterlo leggere ora, appena uscito, quando è al numero 1 delle classifiche, beh, ammetto che mi ha dato una certa soddisfazione. Mi sono sentito ricco, come i poveri quando hanno una sola cosa bella.
E allora, sabato, sul Vedronza, in un angolino da sogno, l’ho letto. Di gusto anche. Anzi… Aspe che vi metto delle immagini di tutte queste cose che. E insomma… com’è questo nuovo Bao zerocalcaresco? Cosa vi dovete aspettare? Lui. E’ abbastanza inutile che ve la meniate tanto. Questo “Quando muori resta a me” è esattamente quello che vi potreste aspettare, una volta che vi dico che siamo dalle parti di “profezia, polpo, maledetto” e quelli li. Una scrittura introspettiva, quindi, ma non ovunque, ma nella parte centrale. E la cosa bella è che manca di un paio di cose che chi fa l’introspettivo non fa, ovvero tendere a diventare palloso e non darti una soluzione quando con la stramaledetta introspezione finisci nella malma mentale e non c’è via d’uscita. Ma per spiegarmi meglio dovrei farvi spoiler, e non lo farò. Oh, non che ci siano grandi segreti, qua, eh…
C’è Zero che torna a parlare di sé e tira fuori suo padre. E anche il nonno. E anche dei flashback sulla guerra, sui campanilismi, le vendette. E ora qualcuno di voi avrà pensato come me… ah, ma zero ha un padre? Cioè, c’è sempre madre, nei suoi fumetti, francese e iperprotettiva e di facili iracondie e grandi umorismi. Eh già, Zero ha un padre, che è un po’ meno di facili umorismi ma è stato creato comunque come figura interessante. Ci va a mangiare la carbonara la domenica, quando può, se volete sapere le cose tecniche. Sono divorziati, certo, i suoi, ma benché il tema del divorzio sia affrontato, be’… guardate, lo fa allo stesso modo di come affronta il tema di he-man e alcuni dubbi esistenziali su Merman, nonché il trauma sul ricovero estivo, che è davvero quello che ti cambia, molto più degli scazzi genitoriali. Quindi no, non parla del trauma divorziale, tranquilli.
Alla fine c’è altro. Parla di peterpanesimo, se vogliamo, inteso come condizione negativa. E c’è un’epifania, un momento in cui l’Armadillo, in questa graphic diventato mostruoso, dice delle cose vere (come sempre) ma stavolta sono cose che riguardano gli altri. O meglio. Noi con delle modalità di crescita irresponsabili siamo un problema altrui. E niente. Bum. Finita. Punto gioco partita.
Poi certo… tranquillo. Lo Zerocalcare che tutti vogliamo c’è. Le battute, i misteri risolti, la protesta sociale, vuoi mettere se mancava. E in flashback tranquilli che arrivano anche i vecchi momenti e in un flash anche une vecchia amica. Ma se vi aspettate lo scazzo di Secco rimarrete delusi, se vi aspettate i brutalismi di Cinghiale anche. C’è un viaggio di Zero con suo padre, che catalizza tutto, e no, non finirà a tarallucci e vino ma nemmeno in lacrime. Non finirà. Perché forse non è mai partito, come succede di solito per i viaggi tra padri maschi e figli maschi.
E poi basta. Vi dico che è bello, cì. Vi dico che vi piacerà, ma anche che non sarà una svolta nei temi e nelle poetiche di Zerocalcare e secondo me non è tra i migliori di questo genere, o meglio, è come gli altri. Quindi molto bello. Ma arriva dopo. E quindi ti dici… okay… è anche rassicurante.
Ecco. Se volete rassicurarvi con Zerocalcare. Vi rassicurerà. Pigliatelo.
Se però siete in attesa che Zero ribalti il mondo, no. Non lo ha fatto, non con questa grafic, almeno. E ora vi beccate delle immagini accazz di questi giorni piovosi qua. (ah, si, il post ho cominciato ieri notte, poi dormii, e l’ho finito adesso che lo pubblico)