
ItalYōkai – Intervista agli autori
Da pochi giorni, sullo store di Amazon, due volumi stanno furoreggiando nella categoria “Racconti di fantasmi” e sono tra le prime proposte che incontrate se siete alla ricerca di racconti sugli yōkai. I due volumi, porpora e turchese, condiscono la letteratura weird e horror di saggistica e poesia, mescolando le due culture.
Sarebbe ottimale un’iintervista agli autori, ma avendo a che fare con gente che parla di fantasmi (tra cui uno folle, io), si è deciso di avere qualche certezza in più sulle risposte, incaricando dell’intervista uno nigawarai, perché siano sinceri, a costo di causare qualche malumore tra i due. Direttamente dai contenuti aggiuntivi al libro, presenti nell’estensione digitale, eccovi quel che ne è uscito…
- Tra tutti gli yōkai trattati nei due volumi di ItalYōkai, qual è il tuo preferito?
R: Sarei bugiardo a dire tutti, perché non è vero. Ma sceglierne uno è difficile. Ma lo farò. Direi che sul podio, con dei pari merito, ci metto la Kitsune, Betobeto-san, il Nurikabe e anche la Yuki-onna. Ma il primo posto lo do al Katsura-otoko, l’uomo della luna, affascinante come pochi altri.
L: Il Bakeneko. Semplicemente mi piacciono i gatti e non faccio fatica ad immaginarli come demonietti malvagi o dispettosi.
E se invece la domanda fosse rivolta ai racconti? Quello che ti è piaciuto di più?
R: Domanda cattiva, visto che li ho scritti. Ma chi scrive sa bene quando dalla sua officina è uscito un buon manufatto, quindi la risposta è facile. Ma anche qui concedimi il podio, amico nigawarai, che già mi stai sul ca. Allora… sul terzo gradino I gatti dei Fori. Classicone horror, ma ben riuscito. Poi Il mimo. Sad but true in Venice. Ma davanti ci metto il racconto toscano in reverse: Love Craft, Feel It, How Hart.
L: Love Craft, Feel it, How Hart, del volume porpora. Mi piacciono i racconti con stili di scrittura inusuali.
- Porpora e Turchese, anziché 1 e 2? Perché? E se ci fosse un terzo volume?
R: Era un’opera unica, divisa in due per gestirla meglio, non c’è mai stato un prima e un dopo. Però erano da nominare, perché lo si capisse, e abbiamo scelto i colori. Rosso e blu se li erano già presi i pokemon e allora… Per un po’, tra l’altro, sono stati addirittura Amaranto e Ciano. Un terzo colore? Smeraldo, senza dubbio. E il quarto è Cadmio. Tie’.
L: Temevo ci potesse essere un divario nelle vendite in favore del numero 1. La scelta dei colori è un omaggio ai videogiochi Pokémon “rosso” e “blu” perciò un terzo volume dovrebbe essere ispirato a “giallo”. “Ambra”?
- Quanto tempo per scrivere la tua parte di uno yōkai? Modus operandi?
R: Allora. Luca mandava la mail con la breve descrizione della creatura, solo quella. A volte sceglieva yōkai difficilissimi, il b*******. Poi facevo quel che faccio sempre metto in testa gli elementi da inserire e penso alla storia. In questo caso, oltre alle info-yōkai sceglievo la regione, che fosse adatta. Poi prima di cominciare a scrivere facevo parecchi giri su google, compresi maps e earth, cercavo foto, materiale… anche altri disegni dello yōkai. Una volta deciso il tipo di storia per quello yōkai, cominciavo a scrivere. Ci metto parecchio, come al solito. Poi boh, le solite settordicimila riletture, e poi la parte divertente, aggiunta alla fine, ovvero scelta dello haiku e inserimento di citazioni letterarie e musicali. Se dovessi quantificare direi una settimana per ognuno, toh. Aggiungiamo un giorno o due per quelli che ho deciso di riscrivere.
L: Tre o quattro giorni a yōkai. Innanzitutto mi affidavo alla memoria per trovare anime e manga in cui lo yōkai compariva. Poi ulteriori ricerche su libri, encicolpedie e siti internet. La parte più lunga era riunire tutto in un resoconto coeso: non ero mai soddisfatto del risultato. E nonostante tutto, poi quello s***** di Raffaele mi cambiava sempre qualcosa!
- Uno yōkai che non è finito in ItalYōkai, ma avresti voluto ci fosse?
R: senza dubbio Itsumade, un uccello che canta e vola fin troppo, in questi ultimi anni. Magari, chissà… nel volume Smeraldo o Ambra. O era cadmio?
L: No, inutile che mi guardi con quel sorrisino. Non è lo nigawarai. Direi piuttosto il Tanuki. È uno degli yōkai più noti anche in occidente e la sua assenza non passa inosservata. Abbiamo deciso di dare più risalto a yōkai meno conosciuti.
- Avete riempito questi libri di citazioni, dai libri alle canzoni, dai manga agli anime, dai film ai games… Consiglia una cosa, tra tutte queste, da non perdere.
R: A me tocca consigliare libri o dischi, dunque. Dico un libro, che probabilmente hanno già letto in molti, ma lo dico lo stesso. Se questo è un uomo, di Primo Levi. Ce n’è sempre più bisogno. Se proprio lo avete letto e magari anche riletto allora dico un disco: Hrudja, di Massimo Silverio.
L: Una sola?! Anche se non è incentrato sugli yōkai devo dire One Piece.
- Ti piace di più il volume porpora o il turchese?
R: Ma nigawarai, sei una m****! Come fai a chiedermi questo! Vabbè. Io credo che il volume turchese sia leggermente più “rotondo”, ma solo perché è stato il primo ad essere assemblato, ma mi piace di più il porpora. Anche un paio di racconti che inizialmente giudicavo migliorabili, con l’ultima rilettura mi hanno dato un brivido, e non di soddisfazione.
L: Turchese, ma di poco.
- Perché questi disegni “brutti”?
R: Eh… i disegni sono del 2014-15, li facevo a fine racconto ed era un modo di fissare la storia, nella mia testa. Non li ho nemmeno colorati io, tra l’altro. Ho poca pazienza coi pastelli a cera. Erano brutti perché nuotavo in mezzo a tutte le illustrazioni di Meyer, a quelli classiche giapponesi, piatte e schieliane, quelle antiche… ché belle non sono, ma sono affascinanti. E uscivano quei disegni. Cercavo soprattutto l’idea, più che la realizzazione. Un’idea che raccontasse la storia. Per dire, i disegni sul betobeto (coi passi sui muri), il bakeneko (la coda che diventa colonna!) e sulla kerakera-onna (le case che si fanno sorriso) li trovo ancora ottimi, a livello di ispirazione.
L: Perché Raffaele non sa disegnare si adattano bene a creature che sembrano uscite dai sogni o incubi dei bambini.
- Hai mai incontrato uno yōkai? Per davvero, intendo.
R: Io ne ho uno che mi compare sul ciglio della strada, di notte. Non fa niente, solo compare e ti guarda passare, mentre guidi. All’inizio poteva spaventare, ma oramai non mi sorprende più. Tra l’altro sono un po’ preoccupato perché è da un po’ che non lo incontro. Mia madre invece ne ha uno che la notte viene a sedersi sul letto. Una specie di beto beto che invece di farti sentire i passi ti fa sentire il suo peso sui piedi. Le ho consigliato di invitarlo a spostarsi, con gentilezza, per liberarsene, ma lei dice che le fa compagnia.
L: Sono abbastanza sicuro che casa mia sia infestata da degli tsukumogami o da uno zashiki warashi. Non si spiega sennò come faccia il telecomando a finire sotto il letto o le ciabatte sopra la scrivania. No, non sono disordinato, è uno yōkai vi dico.
- Per l’ultima facciamone due: Qual è il primo yōkai che avete conosciuto, e… c’è qualche curiosità che non avete scritto nel libro ma volete dirci. Scegliete voi.
R: Prendo la prima! Risposta facilissima. Il Kappa. Ma non vi dico perché. È probabile che sia anche il vostro primo yōkai. Potete scoprire perché leggendo la scheda dopo il racconto sul Kappa, così scoprite delle curiosità, e ne ho fatte due.
L: Ce ne sono tante. Per esempio sapevate che esiste uno yōkai che lava i fagioli? E niente, non fa nient’altro…
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Raffaele Serafini, ai racconti, agli haiku, alle illustrazioni.
Luca Filipuzzi, agli yōkai.
Autore dell’intervista: Nigawarai, 苦笑
Uno nigawarai (letteralmente tradotto con “risata amara”) è una creatura che nasce dalle emozioni negative non rivelate, che si ha cura di celare con un falso sorriso di circostanza. Il suo aspetto è orripilante: ha un corpo verdognolo, largo, tarchiato e si veste di stracci; la bocca è pelosa e sempre piegata in un inquietante risolino di scherno. Possiede un paio di corna e le zampe sono munite d’artigli avvelenati. Sembra però strano che il suo veleno sia utilissimo per guarire il mal di pancia. La presenza di un nigawarai nei paraggi è sufficiente per causare litigi e malumori.