“Bestiario” di Juan Josè Arreola****
E’ da talmente tanto tempo che non aggiorno questo sito parlandovi di un libro, che non ricordo più nemmeno come si fa. Ed è da quasi un anno che un libro, di quelli con solo le parole, e niente disegni, non lo leggo. E’ vero che ho in tripla cifra le letture lasciate a mezzo. Ma nell’ultimo anno, negli ultimi mesi, i miei dintorni artistici sono stravolti. Non scrivo più testi ma sono ritornato alle quasi poesie, non penso più alla narrativa, ma dipingo di nuovo, in qualche modo ogni giorno. Però da un qualche giorno succede che la lettura era sull’uscio. Per tre volte di fila ho detto – mi sono detto – “cazzo lo leggo!”. La prima è stata a Bugnins, forse domenica scorsa o forse quella prima, non so, dove c’era Camenisch (scrittore romancio, cercate voi), e io sono andato soprattutto perché è figo e le cose belle attraggono, ma poi volevo comprare anche il libro. E i suoi libri sono corti, e infatti l’ho comprato ed è corto. E mi sono detto, dai, ce la faccio… Ma poi la scorsa settimana volevo andare sul fiume ed ero senza libri e allora ne ho preso uno, che non è granché, ma è corto e ne ho letto una metà, e mi sono detto “Dài che…” e poi ecco che oggi, oggi è successo. Sono arrivato al fiume, e questo libro, cortissimo, densissimo, era con me. E ce l’ho fatta. L’ho letto. E ve ne parlo.
Ma partiamo dall’inizio.
Il colpevole è Stefano. Che ha capito che mi piacciono i bestiari, (chissà, forse Cryptofriûl è una traccia…) e mi ha regalato questo libro. E niente. Lui lo sapeva, credo, che mi sarebbe piaciuto. La sensibilità è una dote. E io, se me lo regalava lui, lo sapevo allo stesso modo. Per questo oggi l’ho fatto passare avanti a quegli altri due. E sul fiume, al sole velato, davanti ai cavedani, fra aironi e garzette, l’ho letto.
Ecco… e voi direte… con garbo… MA DI CHE CAZZO PARLA!?!!
E io, con altrettanto garbo, vi dico… UN MOMENTOOOO!
Perché secondo me il miglior modo di farvi capire questo libro folle, cortissimo, ma che mescola genialmente la follia di Cortazar e la fantasia di Borges è quello di scrivervi delle righe, così lo capite da soli. Per esempio, oggi, mentre leggevo, ho detto a gjate, ehi, ma le vuoi sentire otto righe perfette? Te le leggo. E ve le leggo. L’animale è: il gufo.
Prima di divorarle, il gufo digerisce mentalmente le sue prede. Non si fa mai carico di un topo intero senza prima formarsi un concetto di ognuna delle sue parti. La consistenza dell’alimento che palpita fra i suoi artigli passa sminuzzato nella coscienza e prefigura l’operazione analitica di un lento divenire intestinale.Siamo davanti a un caso di profonda assimilazione riflessiva.
Ecco… da rileggere e trovare perfetta. E anche le altre righe del Gufo, una ventina, non fanno che mantenere perfezione. E stranezza. Ci sono, prima e dopo il gufo, animali come il rinoceronte, la zebra, la giraffa, le foche, i felini, i cervidi, il bisonte, lo struzzo, il carabao, e boh… una ventina di animali in tutto. Descrizioni con molte paratassi, lapidarie, semplici, eppure con modi garbati e toni alti e quasi definitivi. Vera o finta che sia, quella frase…. come fai a non credergli.
Tipo che ne so, prendo una bestia a caso… tiè, il leone. Questa mi era rimasta.
“In realtà il leone sopporta a fatica la terribile maestà del suo aspetto: il corpo dell’edificio non corrisponde alla facciata ed è come la sua anima, piuttosto servile e debosciata.”
E lo so… voi direte, embè? E che stai nel cervello del leone? Okay, è vero. Potete fare questa critica, in qualche animale, che magari viene descritto per il luogo comune che lo riguarda e invece poi… è anche la forma che conta. E qui la forma è maestosa. Quando pensi a una prosa cesellata, è questo che ti andrebbe bene. E a me è andato benissimo. Ho letto tutte le bestie e sono rimasto ancora ignorante rispetto a certe cose. Insomma…. magari le imparo, rileggendolo.
Comunque, caratteristica di questo autore sconosciuto (a me fino a oggi) messicano, che per wiki è il migliore autore sperimentale del Messico, è che pare proprio che il libro non l’abbia scritto, ma dettato, o almeno, questa è l’invenzione narrativa che viene offerta alla fine, in una postfazione che cambia un po’ tutto il fuoco del libro e ti fa voglia di rileggerlo. Non è molto importante il fatto della dettatura e il come ci si sia arrivati, anche se quello spaccato di povertà messicana è una bella contestualizzazione.
Che poi, so che è illustrato, in qualche universo non mio, e insomma… ci sta. anche se gli animali sono normalissimi. (Okay, magari l’axolotl non è che lo trovi ogni giorno sull’uscio di casa).
Vabbè, dai, ho sonno o per lo meno la mia attenzione è come quella di un quagga sotto acidi… andata. Quindi la chiudo. Sarà un libretto che terrò a portata di mano, questo Bestiario, vicino al manuale di zoologia fantastica, perché qualcosa merita già adesso essere riletto. E grazie… Sarà piccolo, ma un libro l’ho letto. Di nuovo. Ed è una piccola cosa bella.
astrid
io non so se si intona col libro, ma se c’è l’axolotl allora bisogna anche ascoltare la sua canzone https://www.youtube.com/watch?v=MxA0QVGVEJw