“Il libro di tutte le cose” di Guus Kuijer****
Il vampiro, nel giorno del suo matridemonio, si è fatto il regalo vincendo il trecento parole. Una volta, questa cosa del vincere il trecento parole era una cosa WOOO ma ora è diventata più una cosa EhEhEh, e mi chiedo se siamo invecchiati noi o se è invecchiato il mondo. Probabilmente entrambe le cose, ma solo la prima avrebbe avuto un senso e una sua ineluttabilità. La seconda temo sia molto congiunturale. Anyway, tocca aggiungere anche che il vampiro, il trecento parole, l’ha vinto facendo quella cosa del plagio. Vi ricordate?
Solo che lui ha plagiato me. Non aveva cazzi di pensare a un’idea, quindi ne ha preso uno dei miei a caso, lo ha riscritto e insomma… è stato divertente. (tra l’altro, io avevo scritto un pezzone, una storia d’amore orrore, che mi piaceva, e stranamente non è andato malissimo) E siccome non è una merdaccia ha condiviso con me il premio amazonico. Non gli ho nemmeno chiesto cosa si è comprato lui, tra l’altro, ma io mi sono pigliato “Il popolo dell’autunno” di Bradbury, che tutti mi dicono meraviglie e non mi capitava mai sottomano e poi mi mancavano una decina di euri. E mi son detto, eccheccats, prendiamoci un libro per bambini, di quelli corti ma belli, della Salani, che mi piacciono ammè.
Ma poi non è facile cercarlo, così sono andato per prezzo e pagine. Nel senso… ne trovi alcuni che costano sì dieci euri ma poi alla fine sono più da collezione che altro, tipo che sono di 40-40 pagine. Oppure sono da un po’ di più di dieci euri, come i Dahl recenti, per capirci. Poi mi è uscito questo. Vedo che ha vinto un sacco di premi, tra cui l’Andersen, che di solito è una certezza, e pure con quel titolo, nonostante la copertina triste e in orecchioacerbostyle, promette bene. Così glielo faccio comprare. Sono meno di un centinaio di pagine, età di lettura, dai 10 anni. Ma come sapete, io sono sempre affascinato dai meccanismi della letteratura per ragazzi e ci godo, quando mi tira dentro vortici di meraviglia. Ne ho incontrati di davvero belli, a livello di meraviglia, soprattutto tra i Salani. Ma questo, in effetti, è un fuori collana, e non posso dire che mi abbia fatto lo stesso effetto, almeno fino a metà.
Perché? Perché parte con quella cosa ansiogena dei libri che vengono a toccarti i tuoi cuori deboli. Io, i miei, li conosco abbastanza. Uno è l’annullamento mentale, la prigionia, i manicomi. Un’altro è la privazione della libertà in modi orwelliani. E un gradino sotto, ma altrettanto efficaci nel farmi stare male, sono i violenti invasati, soprattutto quando sono religiosi. E indovinate cosa c’era qua dentro? Esatto. Il papà di Thomas, per l’esattezza, è uno di quelli. Uno di quei cattolici hce leggono la bibbia in tavola e picchiano la moglie perché dio ha detto che. E ne sono convinti, alla grande. E Thomas, picchiato pure lui, figuriamoci, è un bambino speciale. Lui vede le cose, quelle che nessuno vede. Lui è semplice. Nei suoi meccanismi mentali, estremamente puri, a chi gli chiede cosa vuole diventare da grande, risponde “Felice”. E voler diventare felici è risposta estremamente sensata e legittima, per lui. E dal suo mondo osserva il padre, che odia, giustamente, e la sorella più grande, che trova estremamente stupida e oca, e la madre, che adora, ovviamente. E fa quel che può, elabora le sue strategie per sopravvivere in una famiglia così. E fin qua, insomma… i meccanismi del bambino problematico ma meraviglioso inserito in un contesto socio culturale di violenze domestiche e arretratezze culturali è fin troppo classico. Infatti mi stavo infastidendo. Mi stavo chiedendo, tipo a un terzo di libro, perché avesse vinto tutte quelle cose, ‘sto libro. Poi sono arrivate le donne. La strega, prima di tutto. E anche qui, cliché a manetta. La solita vicina di casa vedova (di un partigiano cominista, of course) che tutti i bambini schifano ma che è una strega veramente. O almeno, anche lei vede le cose che nessuno vede. Ma le donne sono soprattutto la zia di Thomas, un vero tornado, e la bambina con la gamba di legno e la striscia di cuoio, e Gesù, anche lui, che parla sempre a Thomas e diciamo che si becca risposte piuttosto “irriverenti”. E dalla seconda parte in poi il libro decolla, si scrolla di dosso i clichê, e anche se sappiamo dove si andrà a parare, non sappiamo come. Il padre, in fin dei conti, viene colto anche nelle sue zone grigie, nei suoi conflitti. E il clima finale va sempre più rassomigliando a quello di un sabba, pur pur con le filastrocche di Annie M. G. Schmidt al posto delle invocazioni al maligno. Ed emerge, oltre alla zia, questo personaggi molto politically scorrect della sorella di Thomas, vero cuore pulsante del finale della storia.
Alla fine, si parla di differenze di genere, e se ne parla senza i toni estremi e retorici in cui spesso si cade. E idem per le interferenze religiose, messe in cattiva luce quel tanto che basta per non legare il loso declino alla persona che le interpreta. Poi del finale non vi dico granché, a parte che potete stare tranquilli, che sarà lieto, festoso, pur non sciogliendo tutti i nodi, ma la maggior parte.
E’ anche un libro sulla religione, nel senso che ne abbiamo almeno due. Quella interpretata dal padre di Thomas, ma anche da suo fratello. E il gesù umanissimo che parla nella testa del ragazzo. Bellissimo, per dire, quando Thomas gli dice senza tante storie che suo padre, Dio, è morto, e che è inutile che si faccia false speranze o cose simili. E’ morto e basta, e lui adesso è solo. Punto.
Ecco… insomma… avete visto che, seppur con una manciata di pagine, il contenuto è tanta roba. Ah, per la cronaca, Thomas ha 9 anni, è olandese, siamo poco dopo la guerra (ma non entra quasi mai nel libro) e la motivazione del premio Andersen 2010 è questa “Per la vena ironica e surreale ma anche per l’intensa e sentita drammaticità di un piccolo ma altissimo romanzo. Per aver raccontato la storia di una presa di coscienza che passa attraverso i libri e ad essi affida il primato di diventare strumento di liberazione ed emancipazione”
E io son abbastanza d’accordo. Poi certo, è di quei libri che fanno ridere i bambini ma possono cambiare la vita ai grandi, e questo è bene, ma è anche di quelli che vi devono piacere i libri per ragazzi, quelli densi ma delicati e in cui trovate anche cose fra le righe. Sennò rischiate vi scivoli via come l’acqua, e sarebbe un peccato.
Poi che altro? Non so. Fuori c’è una luna piena meravigliosa, e devo andare a fare due passi, ma fa freddo. Freddone. Il freddone è nemico della luna piena e delle stelle, sapevatelo. Però più tardi devo farmi forza e uscire a fare almeno due passi, se stecazzo di ginocchia me lo permettono. Prima ho scritto anche uno haiku, bello, che parla di lune che entrano nei cortili. Ve lo scrivo qua, magari poi lo metto: Enorme luna/ come sei entrata/ in quel cortile? – Lune bocone/ Cemût sêstu jentrade/ in chel curtîl. Peccato sia senza kigo, ma a volte lo yugen è così sovrastante e immediato che non ce la fai a metterci tutto. Lo trovo molto bello, comunque. Ecco. Lo Yugen, il mistero improvviso, è la caratteristica delle cose che vede Thomas, e che decide di scrivere, dalla prima all’ultima, nel libro di tutte le cose.