
“Il contesto” di Leonardo Sciascia***
Vi ricordate quelli che non erano i buoni propositi per il 2022? La cosa del libro del primo gennaio? Il contesto. L’ho letto. Da qualche giorno, sì. Già vi dissi che era breve, casuale. L’edizione che ho, per altro, è proprio questa, una vecchia tascabili einaudi, consunta e giallognola. Credo sia del ’90, mentre il testo è del 1971. Si dice in una breve intro, utile, che questo è il terzo “giallo” di Sciascia, dopo i primi due che sono quelli famosi (A ciascuno, 1966 – Civetta, 1961). Siamo a distanza di quasi dieci anni, quindi. Ma soprattutto, c’è un sottotitolo, che non viene riportato sulla copertina, ma nella prima pagina sì. “Una parodia”. Credo le motivazioni siano soprattutto di marketing, e han fatto bene. I due romanzi brevi di Sciascia che vi ho citato sono dei pezzi da novanta, davvero. E questo, se proseguiva il filone, poteva essere il terzo, ma non lo è. Non lo è perché il sottotilo, in effetti, spiega che non siamo propriamente di fronte a un giallo credibile. C’è dell’ironia, una palese voglia di raccontare altro, parlare di omicidi ma voler gettare luci altrove, su cose ben più gravi.
Insomma… Non è uno di quei libri di Sciascia che sono dei piccoli gioiellini, come il mio preferito, Una storia semplice. E infatti, mi sa, che non ha avuto lo stesso successo. La mia copia l’ho beccata al Banco Libro, e io quando leggo certi nomi, tipo Sciascia, appunto, prendo e porto a casa. Vale la pena leggerlo? Eccome! Diciamo che ti dà un’idea del pensiero di Sciascia come giornalista e indagatore della realtà politica e sociale del tempo. Due parole sulla trama ve le devo dire, però, sennò non mi capite.
Si parte con un delitto di un magistrato. Vargas. E vi dicevo di quella bella frase che ho trovato già dopo poche pagine, che parlava delle debolezze del giudice morto ed era questa, (anzi, era già nella seconda pagina), si “condannava ogni sospetto e indagine su quell’ora abbondante come attentato alla memoria di una vita che ormai negli specchi di tutte le virtù si specchiava”. E a me sembrava une modo bellissimo per dire di quella cosa che i morti famosi e rispettabili son tutti buoni, da morti. Insomma… il libro prometteva bene ed è andato avanti benissimo, fino a metà. Rogas, investigatore di sani principi e abilissimo indaga, scarta le facili ipotesi dei poliziotti sciatti e trova una traccia per una serie (5 o 6 di fila) di omicidi che prendono di mira i giudici. La pista è quella giusta ma… no. Non devo indagare in quella direzione. I delitti sono politici, gli dicono dei politici. E lui deve lasciar stare questo ex farmacista ingiustamente condannato per tentato avvelenamento della moglie, e concentrasi sui giovanotti anarchici e blabla. Come finirà? Finisce che Rogas non molla e scopre cose dei giudici che doveva proteggere, e si trova nella parte che è la più politica del libro. Il magistrato gli parla, il politico gli parla. E lui andrà a parlare con quelli dell’opposizione, per raccontare quello che sta scoprendo. La rivoluzione… la rivoluzione può cominciare da lì. Ma già lo sapete che non comincerà. E non vi dico come va a finire, però questa cosa che la destra e la sinistra sono uguali, anzi, no, non la destra e la sinistra, ma il governo e l’opposizione. Stanno bene così, vogliono essere quello che esattamente sono, sempre. Ecco… diciamo che in questa parte centrale del romanzo si viene a perdere un po’ il ritmo. Tante parole, tanti ragionamenti, e te lettore che eri preso bene dal giallo, dal voler scoprire se Rogas avrebbe preso il tizio ammazzagiudici e sopratutto se avrebbe scoperchiato il vaso di pandora… ecco, vieni rallentato.
Poi arriva il finale, e un po’ ci resti. Perché è di fuochi d’artificio, con cadaveri che non ti aspetti e insomma… non proprio gioia. Si ha quel senso di impotenza di fronte a cose come “la ragion di stato” o “i poteri forti” che ti rende scoraggiato. E penso sia stato propiro un intento di Sciascia, quello di lasciarci questa sensazione. Non si parla di Mafia, e in realtà i libro non è nemmeno ambientato in Italia. Cioè, lo è ma dice di non esserlo.
La prosa è impegnativa, alta, il politico che era parso sciatto e corrotto ti molla un discorsone che dici “Esticazzi”, confutando Voltaire con grandi argomentazioni e non è proprio semplicissimo da seguire. Gli dai ragione e torto al tempo stesso. Per sfinimento, più che altro. E belli sono anche i discorsi del primo falso indiziato, innocente, che che ha capito benissimo come funziona “l’ingranaggio”. I giudici, va detto, non ci fanno una gran figura. E non si può dire che l’indagine (bella!) di Rogas giustifichi gli omicidi, ma lui stesso, a un certo punto, si rende conto di dover fare una cosa in virtù di una cosa in cui crede molto meno. Parlo della giustizia.
Vabbè… ve lo finisco dopo questo articolo, anche se vi ho detto quasi tutto, ma ora vedo di andare a cambiare la scheda nel telefono per vecchi di mia mamma che pur mezza inferma è riiuscita non so come a romperlo, pur essendo a prova di vecchio. A dopo.
Eccomi qua. Fatte le cose, guardato un po’ di partita e pure messo a cuocere il wok di verdure. Che poi, senza pollo, il cous cous con le verdure soltanto non mi piace granché. A questo punto meglio le verdure e basta? Naaa, E facciamolo lo stesso il cous cous, che viene buono. Ci metto un po’ di peperoncino, ecco. Un po’ come questo libro, che quando c’era bisogno del pollo, della grande soluzione del giallo, il pollo non c’era, ma ci si è messo altre cose. Belle, sì, ma io ci volevo il pollo, me lo aspettavo. E allora è arrivato il peperoncino finale, un triplice omicidio collegato senza esser collegato. Ecco ve l’ho detto. Ma non vi dico chi e cosa e come. Lo dovete leggere, il libro. Aspè… dovete. Anche no, dai.
Nel senso che libri come quelli che vi ho citati, almeno uno dei tre, io li infilerei come un dovero morale del lettore italiano e conoscitore delle cultura e letteratura italiano, che da Sciascia non può certo prescindere. Questo qua, forse, è evitabile. Certo… per la fatica che costa leggerlo e il piacere che vi dà, si fa prima a leggerlo che a pensare di. (Son 120 pagine scarse eh). Ma la verità è che va letto soprattutto se volete sapere di più di come sia la visione della società e politica italiana a cavallo dei ’70. Il Contesto, appunto. Cose che si sapranno dopo, ma che Sciascia denuncia, o meglio, deride, molto prima.
Anche se va a finire male.
ps. comunque, poi, mi sono ricordato di avere le mandorle. Per il cous cous, dico. E’ venuto buono!