
“L’uomo che viveva di diritti d’autore” di Dino Buzzati****
Allora. C’è stato un momento in cui guardando la piccola pila di libri sopra il PC di casa ho pensato che mi dispiaceva, non avere più il blog. Qualche stronzetto potrebbe dirmi: ma razza di centripede, guarda che il blog lo potevi aggiornare lo stesso anche se il sito è in manutenzione eh? Alla peggio Astrids ti ricarica tutto o aggiungi tu i post nuovi… Eddai.
E in effetti, ero un po’ io che non volevo più aggiornare il vecchio blog finché non fosse pronto questo sito. Lo ammetto, in questo sono un po’ autismo-power. Un po’ come con la dieta e il mettere le penne i righelli e i fogli in aulta, a geometrie precise. Ognuno c’ha le sue. Ma vi dicevo, in quel periodo ho fatto così: ho aperto un file di word e mi sono messo ad aggiornare il blog lì sopra. Un paio di libri, non di più, e poi ho smesso e pensavo di aver perso il file. Invece no. Ce l’ho. E non mi va di buttare via quanto scritto a settembre (sì, quel momento era settembre) e quindi ve lo ripropongo.
Qui c’entra Buzzati. E c’entra Serena. Oramai li associo, perché Serena mi ha regalato un sacco di Buzzati, e più me ne ha regalati, più scopro cose del Dino bellissime e sconosciute. Che poi qui Buzzati è di casa. Vediamo… Trovate parole su: Orsi, poemi a fumetti, notti difficili, amori, storie dipinte, Barnabò, reggimenti, Boschi vecchi, misteri… insomma. Una paccata di roba. Nella pagina del take away trovate persino un racconto che omaggia uno dei suoi. E da adesso troverete qualche parola su “L’uomo che viveva di diritti d’autore“.
Vi appiccico quello che avevo scritto:
Allora. Succede questo.
Succede che sto scrivendo su file di word, mentre ascolto Dalla che suona il clarinetto e ho appena imparato che una volta di EP si chiamavano Q disc.
Adesso è il 16 settembre.
2020.
Astrid, da qualche parte in questa vita, terminerà il sito gelostellato. E io non è che ho più molta voglia di avere un sito, visto che a me piace parlare dei libri che leggo dopo poco, avendoli ancora in testa, per scrivere di loro così avanza più sporco nella padella sempre unta della memoria.
Allora ho pensato, oggi, di fare questo, appunto.
Di scrivere su file di word.
Dev’essere perché sono in ferie obbligate. Che non è male ma nemmeno bene.
Dopo mesi di smart working che mi hanno fatto perdere rubato una media di dieci ore al giorno, fatto perdere la voglia di perdere i 20 kg che ho preso in un mese e anche un sacco di altre voglie. Dopo due mesi e mezzo di cassa integrazione dove ho lavorato lo stesso, e non ho fatto ferie, e dopo la speranza di poterle fare, prima o poi, tipo magari a dicembre, ecco che mi ci obbligano e vabbè… la vita. Ma ho pensato, la vita un cazzo e insomma… oggi mi sono svegliato presto e ho pulito la stanza del vecchio pc.
Credo di aver scovato alcuni figli di Chtulhu che avevano fatto il nido negli angoli, ho buttato via una decina di vecchi biglietti di regali con su scritto svariati Ti amo, ho buttato alcuni CD, ho buttato la stampante, la macchina fotografica (non funzionavano più) e adesso ho sistemato la pila dei libri letti negli ultimi mesi, da quando non aggiorno più il blog.
Sono una decina.
E l’ultimo è di due sere fa. Lunedì sera.
Il lunedì è il mio giorno bello. Il bar è chiuso, e la piazza del paese è silenziosa. Per i furti, le villanie, i tag, il lunedì è una giornata buona. E anche per le poesie, le letture, lo stare soli con il proprio cocktail.
Poi finisce che si finisce tardi, certo, tipo me che ho finito non so cosa non so quando, ma verso l’una mi sono goduto il lunedì con il mio cocktail nuovo. Maldive Ice Tea. Metteteci la solita base degli ice tea, gin-vodka-triple sec-rum bianco (la tequila no), con un quarto di lime e lo chiudete con la red bull, come la variante di non ricordo quale città, ma siccome la redbull fa schifo, quella classica, dovete usare quella bianca, che è azzurra, ed è buona, e viene una figata. (se è troppo dolce, chiudete con metà redbull e metà tonica). Insomma…. Ero gasato da questa cosa e mi sono rilassato prendendo in mano il regalo di compleanno che mi ha fatto Serena. Buzzati. Un librettino con un racconto e un difetto. E una postfazione.
Ed era tutto bello. Il cocktail, il racconto, il difetto, la postfazione.
Del cocktail vi ho detto. Vi dico del difetto, voluto, di una edizione con una pagina sì e una no appiccicate nella parte alta. Si può tagliare, direte voi. Ma no, cazzo. È fatto apposta così e non si deve tagliare e allora mi sono messo a leggere con la pila del telefono, tenendo il libro di sghimbescio, seduto sul marciapiede. Ed era corto e bello, questo raccontino. Il titolo dice già tutto. L’uomo che viveva di diritti d’autore. Esiste? Si narra, si mormora, si racconta, che sì, un tempo quest’uomo è esistito, forse si chiamava Liffanti, e tanto hanno fatto i giornali per smascherarlo, scovarlo, farlo confessare, ma niente. Alla fine, chissà… i dubbi resteranno. È un raccontino delizioso, scritto con stile volutamente ricercato e antico, datato, pieno di parentesi e che fa venire in mente calvino e borges, in certi passaggi, che a voler essere cattivi potremmo definirlo derivativo. Ma la verità è che te lo leggi e te lo godi, sognante, in questo mondo in bilico tra il reale e l’irreale che in pochissime pagine (che saranno?10? 15?) il buon Dino neofita della scrittura costruisce.
E lo so perché c’è una bella nota di Lorenzo Viganò che ti racconta il contorno, ed te la godi quasi quanto un altro mondo che non c’è più, attorno al racconto.
Bene. Non ho altro da dire. Googlate voi se vi accomoda. La collana si chiama Piccola Biblioteca degli Oggetti letterari, e questo è il numero 19. Il racconto finisce prima del Maldive Ice Tea.
A proposito. Esiste anche la Red Bull Red Editions. Vediamo se stanotte, che non è lunedì, ma giovedì, mi esce un nuovo cocktail. Anche senza Buzzati. Oppure lo rileggo. Anzi no.
Ne ho altri.
Bene. Avevo scritto un sacco. Si vede che mi mancava. E soprattutto volevo evitare di abbrutirmi del tutto la giornata. Non vi dico altro. Se non che adesso, che posso mettere sul sito queste parole, sono contento. Sono contento che qualcuno là fuori possa sapere che esiste questa tiratura limitata di un racconto breve di Buzzati che si legge male ma fa tanto bene.
Però è un post vuotino, no? Mettiamoci un disegno, o un quadro dai, per abbellire. Di Buzzati, ovvio.
Anzi. Mettiamone due. Uno in mezzo, e uno qui sotto, per prendersi una buonanotte.
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