“Bellezza” di Kerascoët e Hubert****

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“Bellezza” di Kerascoët e Hubert****

Giulia mi ha regalato Bellezza, prima di Natale. Mia madre oggi mi ha regalato una tovaglia ricamata dalla tenda verde che avevo alla porta ricamata con un uno pseudopaesaggio centrale e 4 cose agli angoli che dovrebbero essere mosca-gatto-melo e non ricordo cosa. La tovaglia-tenda, Giulia, i disegni e questo libro sono a loro modo collegati.
E c’entra la bellezza.
Sono tutte cose ai miei occhi molto belle.
Perché è di questo che parla questo librone galattico.
Delle cose belle che vediamo brutte, certo, ma soprattutto delle cose brutte che vediamo belle.
Poi okay, ci sono le cose belle che vediamo belle ma non ce ne sono in questa graphic novel.
E’ un libro della Bao. Sono tante, tante pagine. Ed è una lettura lunga e piacevole, che unisce tre parti di una unica storia e i disegni, il tratto, è la cosa che all’inizio colpisce di più.
In quel bianconerogiallo con quei tratti decisi, e quelle curve morbide ma ugualmente sgraziate, la prima impressione è: orko, che roba, mica bello… ma no, spetta, perché… e invece.
Fino ad arrivare ad alcune tavole grandi, in cui il tratto e lo stile ti hanno un po’ rapito e fai Occazz! che bello!
E insomma… la bellezza del non a prima vista bello, tanto per cominciare.
E l’effetto straniante ha un senso inverso nella storia, nei contenuti, nella storia. 
Perché sì, è una fiaba, e si parte sui passi di Cenerentola, o meglio, la nostra Baccalà, che è brutta.
Brutta e puzza di pesce, perché è una sguattera, e vive con due sorellastre, e una sorta di amico ciccione e gaio, e insomma… c’è il re che viene a scegliere la figa e lei, che è proprio cessa, ovviamente soffre blablabla. E qui uno pensa che sia una bella rivisitazione della favola, ma poi, invece, la narrazione diventa straniante. Arriva il rospo con dentro una creatura da liberare. Sarà un principe? Ci si chiede. No. E’ una fata. Non una qualsiasi, si scoprirà. Una fata che diverrà figura ambigua e potente e regalerà, appunto, bellezza a baccalà.

 

E cosa succede se regali la bellezza infinita a un baccalà?
Casini. Parecchi, casini.
Perché l’estetica è un qualcosa che va gestito, un qualcosa che va domato. O usato.
E’ un percorso, quello di Bellezza, piuttosto contorto e che non saprei nemmeno se definire di crescita ed evoluzione. Perché certo, da una Bellezza che cade vittima della bellezza si arriva a una Bellezza cosciente, potente, e non sei sicuro di chi delle due preferisci, semmai ne preferisci una. Ma ci sarebbe anche un altro taglio, da dare alla storia, ed è quello di non guardare la protagonista della storia, ma guardare tutto quello che le sta intorno. O meglio, guardare come reagiscono alla sua bellezza tutti quelli che le stanno intorno. Per loro bellezza porta solo aspetti negativi. Invidia, Desiderio insiano, violenza, rabbia, possessività. Ed è decisamente poco fiabesco il comportamento di Re e nobili, di soldati e principesse. La bellezza fa male, a tutti. Sembra questo il messaggio.
Ma la cosa terribile è che la bellezza di Bellezza non esiste. E’ negli occhi di chi guarda, diremmo in modo poetico, ma qui non c’è poesia, ma un perfido incantesimo.
E ci sono figure che emergono davvero, in questo marasma di guerre per la bellezza. C’è la sorella del Re, che è altrettanto brutta, ma intelligente, stratega, in grado di usare e godere delle proprie qualità. E poi c’è un innamorato vero, di Bellezza, che l’ama oltre a volerla, e non solo per la bellezza.
C’è un’altra parole che vagola sempre in tutte queste tavole: cecità. Non come parola, ma come atteggiamenti, come comportamenti, come azioni. La Bellezza che crediamo di vedere e volere ci rende ciechi. Cattivi, rabbiosi, irrazionali e ciechi.

Insomma… ci sono un sacco di morti, per colpa della bellezza, in questa novel.

C’è anche molto erotismo. Quell’erotismo minimale dell’art noveau che fa un po’ pin-up e un po’ figura espressionista. Ed è bello, anche se non amate (tipo io) l’art noveau e tutto quel periodo.
Anzi… forse il mio ridotto appeal iniziale è soprattutto soggettivo.
Alla fine dei giochi, è davvero un bel regalo ed è, tra l’altro, qualcosa che hai voglia di prestare e di rileggere. Di scorrere. Tra l’altro, se all’inizio sembra che domini il segno, poi dominano i contenuti. E’ davvero una storia particolare, per certi versi anche cattiva, ma con una parabola strana, sghemba, che sfugge sia alla fiaba, sia alla contro-fiaba.
I due autori (Marie Pommepuy e Sébastien Cosset) in certe pagine riescono davvero a non farti capire a cui chi prestare più attenzione, se alla storia o alla tavola. 
E insomma… basta così. 
Se avete gente a cui piacciono le graphic novel, questa è davvero una cosa grossa (anche nelle dimensioni e nel cartonato) e se non ce l’hanno, qualsiasi siano i gusti, è davvero difficile negare che questo sia un gran bel lavoro.

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