“La chiave a stella” di Primo Levi****

la-chiave-a-stella

“La chiave a stella” di Primo Levi****

It’s Natale, ho un piede sfasciato, ho divorato già tutti i marron glacè, la brovada mit muset e devo ancora aprire il mio Gesù bambino.
Di buono c’è che approfitto per fare cose seduto al PC tipo mettere via tutti i pochissimi libri che ho letto e non ho recensito ma che non ho certo intenzione di riporli senza parlarne.
Soprattutto quando sono bellibelli.
Tipo questo.

Che poi, che io sia un amante delle raccolte di racconti si sa, e anche che io adori lo scrivere di Levi dai tempi della doppia lettura celebre, è ovvio. E già da quella volta, ricordo, avevo recuperato questo libro, ovviamente incontrato per caso mentre forse cercavo l’altro, La tavola periodica, e messo lì.
Mi piaceva l’idea che stava dietro a entrambi, perché adoro ordire trame che sottostanno a storie divise tra loro che finiscono per allinearsi a uno stesso disegno.
Mentre la tavola periodica parla da sè attraverso il titolo, questo forse è un po’ meno celebre, non so, ma anche qui, alla fine, il titolo è perfetto.
Una chiave a stella, un attrezzo. Perché Levi, lo sapete tutti, immagino, era un chimico, e come per altri, non ha mai rinnegato la sua passione lavorativa per la scrittura.
E quindi, dopo averlo letto, una domanda ti arriva come una fucilata: ma perché è così poco citato e celebre, nella produzione di Levi e della narrativa breve del Novecento, questo lavoro.
Okay… siamo d’accordo, non è un lavoro che mette l’asticella in alto, a livello di contenuti o forma, ma è un lavoro maledettamente sincero ed estremamente godibile.

Di cosa parlano questi racconti, intanto.
Di lavoro. Del lavoro di Libertino Faussone e di Primo.
Il Faussone è un montatore di gru. Gru che servono a far ponti, strutture. Cose così. Lavora in giro per il mondo. E sa il fatto suo. Ha scelto di non avere radici, e ha scelto che il suo lavoro gli piace. Gli piace fare le cose per bene. Traspare sempre, nelle sue parole, la soddisfazione di un lavoro ben fatto. Qualche riflessione sul come sia piacevole lavorare bene la si fa, ascoltando il Faussone. La passione, ecco… quella sincera. Un personaggio meraviglioso, il Faussone.
Che Primo conosce in Russia, per caso, entrambi lì per motivi diversi, entrambi lavorativi.
Anche Primo ha la passione per il lavoro, e lo si capisce da questo personaggio che si è inventato per poter tenere un registro basso. Per potergli far dire, a volte, cose che in bocca a lui “studiato” non starebbero bene. Non cose sconvenienti, no, ma pensieri che hanno la loro forza nella spinta data dalla semplicità, e in bocca a uno chimico scrittore non avrebbero pari sincerità.
Ti piace da subito, il Faussone che spiega.
Anche perché noi che leggiamo (a meno che non siate un montatore di gru) siamo Levi e facciamo le domande che farebbe chiunque non sia uno del ramo. 
E così impariamo un po’ come si lavora nei grandi impianti e come si vive dove si montano i grandi impianti. Serve sempre un qualche attrezzo, pronto, nella vita. Per Tino è la chiave a stella, per voi qual è?
Per me una penna. Ci ho pensato. Sono bravo a spiegare le cose, a scrivere i pensieri, e mettere insieme delle cose e farle diventare espressione scritta che migliori l’ignoranza. A inventarmi schemi, soprattutto, e mappe mentali che portino per strade alternative in luoghi di solito difficili da raggiungere.
Se leggete Faussone che vi racconta le cose e Levi che ascolta e chiede, anche voi tenterete di capire qual è il vostro strumento. Dobbiamo avere tutti una chiave a stella, per vivere con della soddisfazione.

Ma torniamo ai racconti.
Sono del 1978 e hanno vinto il premio Strega. E anche se sono racconti è comunque un romanzo, si dice, ma io dico che non è importante. Una trama c’è, questo sì. Levi viene mandato dalla propria ditta a scoprire perché una verniche che hanno progettato è difettosa, visto che per loro non lo è e sembra esserlo solo nello stabilimento dei russi, sul basso Volga. Un mistero vero e proprio. E mentre è lì che cerca di capire perché un lavoro ben fatto apparentemente sia difettoso, Levi ascolta le storie di Faussone e ce le racconta, con il dichiarato intento, mentre Tino racconta, di farne il libro che stiamo leggendo. Ecco che si entra spesso nel parlato con il lettore, con Levi che dice cose che Faussone gli aveva detto di non dire o cose che non vorrebbe si dicessero. Una avventura la vive anche lì, Primo, con parecchia neve. E alla fine, il mistero viene sciolto e ci salutano, lui e Faussone.

Le storie sono: Meditato con malizia, Clausura, L’aiutante, La ragazza ardita, Tiresia, Off-shore, Batter la lastra, Il vino e l’acqua, Il ponte, Senza tempo, la coppia conica, Acciughe I e II, Le zie. 14 storie per 180 pagine, ovvero della lunghezza giusta per goderseli a pezzi, con del tempo in mezzo, senza stancarsi mai.
Difficile dire se ci sia qualcuna che spicca. Certo… il ponte che ha perso la gara contro la natura, vi resterà addosso per il suo senso di catastrofe, come le zie di Faussone e il suo non volersi legare a qualche brava ragazza vi resterà ugualmente in testa. E vi piaceranno anche i problemi chimici di Primo con le acciughe. Ma la verità è che è un viaggio che ha senso se compiuto intero e benchè ogni racconto cammini con le sue gambe questa una raccolta coesa che si apprezza nella sua intierezza.

Poi?
Poi niente. Sto approfittando per recuperare della musica che mi sono perso durante l’anno e scopro che il disco di Ariana Grande è molto bello e che mi sono completamente scordato di ascoltare Corgan. E scopro che devo ancora ascoltare i purple mountains e che sto ascoltando troppo fka, niente, cercherò di mediare tra tutto ciò. E adesso torno a sistemare cose vecchie, visto che la convalescenza imposta spinge all’ordine. Il libro lo ripongo e sarà sempre lì, sui miei scaffali, in questa edizione ingiallita ma preziosissima.

Post a Comment

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.