“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di Philip K. Dick****
Sì, lo so, me ne posso vergnognare.
Son indegno sotto molti punti di vista, e molte cose deprecabili ho fatto nella vita. Ma molto altre sono quelle che è deprecabile non aver fatto. Una di queste è non aver mai letto il libri di Dick, quello che tutti conoscono come “il libro di Blade runner”, ma che però ha come titolo questo qua.
Vi dirò di più, perché possiate liberare gli insulti per una volta con giusteria e dovere morale: non ho visto nemmeno il film.
Cioè… si, diciamo che sono stato davanti alla TV quando c’era quel film, ma a parte qualche pezzo, qualche scena, non ho mai visto nulla.
Poi, anni fa, quando questo blog era vivo, era arrivata la cosa dei libri PSF, i libri per sembrare fighi. Era una cosa bellissima, ed è una tra le migliori cose che io abbia fatto per me stesso, anche se fingevo di farla per gli altri del blog. Questo è un libro PSF per eccellenza, e credo sia anche un libro PEM.
Insomma… lo avevo comprato quasi subito, all’epoca, prima che arrivasse la vita senza tanti libri. Lo avevo iniziato almeno un tre quattro volte, e il libro si era trasferito nello scaffale del libri cominciati. E poi niente… è rimasto lì. Un mesetto fa, invece, mi è capitato di ricominciarlo e niente: era bellissimo.
Sì, il libro di Dick non può essere, ne sono sicuro, uno tra i lavori minori di Dick, e anche se il film so essere tutto un’altra cosa, direi che la sua completezza, il clima, i personaggi e la vivacità di questa one-day story sono tutt’altro che relegabili sotto l’etichetta di un romanzo di fantascienza.
A cominciare dal titolo, quello vero, aderente all’originale (il libro ha avuto tre titoli, in italiano) che non te ne accorgi proprio subito, di quanto è importante e azzeccato.
Poi c’è questa cosa che, per l’epoca, era avanti mille anni. Certo… c’era sicuramente, nel 1968, paure dei robot, del loro sostituirsi all’umano e all’umanità, ma se la sostituzione all’umano è avvenuta e ci siamo venuti a patti (si fa per dire) quella con l’umanità sembra essere ancora un po’ distante, ma in avvicinamento, ed ecco perché può gettare piacevoli luci leggerlo oggi (o rileggerlo) questo romanzo distopico.
Che poi, il cambiamento climatico nel 1992 c’è stato, era di radioattività, e il mondo, manco a dirlo, si è diviso per l’ennesima volta fra ricchi ricchissimi e tutti gli altri. Il potere economico lo hanno quelli che producono androidi, quello della violenza ovviamente la polizia, che sono nient’altro che cacciatori di taglie. Gli androidi sono glaciali, ma non sono d’accordo sulla mancata empatia del libro. Il protagonista, Rick Deckard, è tutt’altro che un eroe di quelli fighi, integerrimi, che riescono in tutto. Farà qualcosa di straordinario, ma dentro ha una umanità che sta marcendo e lui . questa secondo me la cosa più importante, lui se ne accorge.
Credo che lo scenario dickiano sia molto simbolico.
La figura del predicatore, che compare scalando una montagna a chiunque voglia aderire alla sua religione di sofferenza autoimposta, è un qualcosa che è e che rappresenta. L’hype dei media per la rivelazione sul suo conto è qualcosa di estremamente moderno, così come la reazione degli invasati che lo seguono.
E poi, il cacciatore di taglie che accompagna Rick nella caccia, che ancora non capiamo se è umano o meno, è figura di estreme sfumature. E’ lui, più che altri, l’emblema di una polizia che giudica ma che nel giudicare è costretta agli azzardi, e quindi agli errori. Si resta col dubbio, davvero, su che cosa sia androide e cosa no. Il finale è anch’esso altamente simbolico. Gli animali attraversano i libro in carne o circuiti ma sono un filo rosso che lo caratterizza estremamente. Si parte da una pecora, poi una cavalla, poi una civetta, poi una capra, un ragno e infine un rospo.
E poi c’è quel personaggio adorabile e spaventosi di Isidore. Uno speciale, rimasto un po’ idiota per le radiazioni, che si comporta con una purezza disarmante. Lui, per gli androidi, è terra di conquista. La sua umanità è annegata in una burrasca di cattiverie fredde e calcolate.
E gli androidi?
Non so se sognano, ma di certo hanno qualcosa che non è solo circuiti. Ho letto qua e là che sono freddi, nel libro, e si vede che l’intento di Dick è propiro quello. Adeguarli alla bruttura dell’ambientazione post atomica. Morti loro come è morto il mondo. Ma qualcosa non quadra. Ci sono comportamenti dei robot a cui Rick dà la caccia che agiscono in modo che ha ben poco di meccanico e calcolato. Anche se negative, le loro azioni sono comunque frutto di un qualcosa che non è solo impostato da una macchina senza emozioni.
Quindi no, magari non sogneranno pecore elettriche, ma di certo sentono il bisogno di salvarsi o di vendicarsi. Forse questo è anche un piccolo, perdonabilissimo, difettuccio.
Poi mi è piaciuta una cosa. Inizio e fine. Questo far iniziare l’avventura in una casa, in una vita familiare che è quasi noiosa, e farla finire allo stesso modo, più o meno. In mezzo il viaggio dell’eroe, fatto e finito, ma con guardiani che sembrano nemici e viceversa e con alla fine, nessun antagonista o quasi. Non si gioisce per il ritiro degli androidi. Le uniche storie veramente drammatiche, che strappano il cuore, non sono né di umani né di androidi. Sono di un ragno e di una capra.
E niente. Mi fermo qui. Dopo aver letto questo ho tirato fuori Una svastica sul sole, purtroppo sempre più futuribile e meno futuristico. Alla prossima!
astrid
Ma è una cosa che ti fanno notare in tanti? Intendo di non aver letto il tale o talaltro imprescindibile libro. E' un atteggiamento che faccio fatica a capire.