AAVV – Roald Dahl – Il libro delle storie di fantasmi***
Sono le 7.58 e ho già capito che non riuscirò ad aggiornare il blog entro le 8 e mezza, ora per andare al lavoro.
Una volta lo facevo e boh, forse ce la farò.
Ora vado a prendermi il caffè e bevo mentre.
Ecco.
Sono giorni di dovrei.
Di dovrei tante cose.
E sono giorni di avvilimento, inutile negare.
Mi sveglio la mattina e mi sembra di vivere in un incubo.
Per il governo.
Sì, per il governo, minuscolo.
Perché mi sembra impossibile che stia succedendo quello che sta succedendo. E non vi dico che sono stupito che ci siano quei due al governo…. era logico fosse così, ma vi dico solo che il terribile è che continuino a comportarsi come se non lo fossero.
Ma appunto, non parliamo di questo, che tutto è già triste così,
E se non lo capite, io non so che farvi, ma è impossibile da non vedere.
Ho sempre preferito la cattiveria all’ignoranza e all’incapacità e adesso che sono mescolate in proporzione di 20-40-40 ho il terrore di tutto quello che non fa parte di questo mix e non si sta accorgendo di niente…
E non è politica, eh. Io non sono politico e non riesco a esserlo, semplicemente odio gli stupidi e la cattiveria. Voglio entrambe le cose fuori dalla mia vita e adesso la circondano.
Ma vabbè.
Resta che in questo blog si parlava di libri.
Leggevo i libri, una volta. Ne leggevo abbastanza.
Ora li possiedo, anche se non tanti. Una colonnina alta alta che nei miei sogni io pian piano faccio calare. In realtà questo è l’unico libro che ho terminato negli ultimi 6 mesi, credo.
L’ho comprato un venerdì sera in feltrinelli con Mariacristina.
L’ho comprato perché volevo leggere qualcosa ad alta voce, qualcosa di bello.
L’ho comprato credendo fosse un libro di Roald Dahl.
Io li ho letti i racconti di Dahl, Le sue storie impreviste, le sue storie che mescolano orrore e ironia, e sorpresa. E dolcezza quando parla ai bambini. Ma poi, Dahl parla sempre ai bambini.
L’ho comprato perché nei miei sogni io colleziono queste edizione cartonate della Salani, credo qualcosa sia già su questo blog, tipo l’uomo che piantava gli alberi o La fabbrica o il ggg o L’ascensore… libri meravigliosi.
Ecco. La notizia che devo darvi è questa: questo non è un libro di Dahl.
Anche se non è scritto in copertina.
Anche se è in realtà molto di Dahl più di quanto può una selezione di racconti qualunque.
Perché sì, questa è una selezione di racconti. Di racconti sui fantasmi.
Una selezione fatta da Dahl per farci una serie di film, storie scelte da lui dopo averne lette centinaia. Storie che a lui facevano paura, che lui giudicava buone. Ed è meravigliosa la sua introduzione. Io vi dico sempre di non leggerle, le intro, ma qua guai se non la leggete. Qua è fondamentale.
Spiega come ci è arrivato, cosa ne pensa, come sia difficile scrivere delle buone storie di fantasmi.
E io penso che adesso la fermo quei, questa rece. La farò stasera, domani, non so… il tempo lo trovo, per raccontarle una alla volta queste storie. Perché le ho letto in ordine sparso, una o due ad alta voce, e nel corso di 4-5 mesi. Non me le ricordo, o meglio, per ricordarmele mi serve qualche riga.
Intanto vi posso dire che è uscito Rancore. E lo sapete che io sono una da chitarre, uno da roba che è diversa da questa, però ascolto tutto, anche questa scena, e Rancore ho scoperto che è bravo, molto bravo. Molto più bravo di tutti gli altri, con la lingua, e ha un nome che si abbina alla sua voce. La sua voce è arrabbiata, inutile. Ecco… C’è una canzone in cui, come fanno loro, spara merda sulla merda. Di solito chi spara merda sulla merda è lui stesso una merda. (parlo dei dissing tra trapper… avete presene no?) Ecco… la canzone si chiama Depressissimo. E niente… lo sono anche io. Lo sono a sentire quei due, e quasi tutti gli altri che hanno scelto. Non si puà non esserlo. Il problema è che sono anche Spaventatissimo. E vabbè… altro che fantasmi, insomma.
Eccomi… i fantasmi continuano a tormentarci.
Le loro guerre alla pacchia e i loro silenzi sui dolori.
Ma io voglio finire questo post, e lo farò stasera.
Anche perché ieri poi, dopo un giro notturno in auto, con due mojiti durante, ho quasi finito un altro libro. Un libro che per ora è bello. E la cosa ha quasi dell’incredibile. Ho fatto le tre e mi sono svegliato alle 6 e mezza, come ai tempi belli, in cui mai dormivo.
E forse chissà, è notizia buona. E allora vi dico di questi racconti di fantasmi, mentre mi bevo il caffè, rileggendo qualche pezzo e facendo altre cose. E se volete vi dirò anche di quelle cose. Che mi frega… questo blog una volta era bello perché vi raccontavo i cazzi miei. Ricomincerò
Il primo racconto si chiama W. S. le iniziali con cui si firma una sorta di stalker che manda cartoline a un famoso scrittore. Uno scrittore che riesce a creare personaggi cattivi, e cattivo sembra essere chi gli scrive. Il terrore dell’avvicinamento. Un racconto ottocentesco, di L. P. Hartley, che gioca sulla suspense esterna, di noi che sappiamo già come andrà a finire eppure… Un racconto discreto, che forse paga lo scotto del tempo e del nostro non stupirci più. Ma il meccanismo comunque funziona sempre.
Ora mando una mail di lavoro. Per i lavori che faccio mentre non faccio lezione. Ne sto facendo uno bellissimo. Un file di excel che io chiamo “File galattico” dove basta inserire i dati di un bilancio e poi lui vi fa l’analisi. Pieno di faccine colorate, verdi arancioni e rosse…. Lo so, sono scemo, ma sono un innovatore e mi accontento di poco.
Il secondo racconto si chiama Harry e parla di bambini. E se c’è una cosa che fa paura, dei fantasmi, è quando i fantasmi sono bambini. E se un bambino si fissa con un altro… ecco, non può finire bene. Il pezzo è di Rosemary Timperlay, ed è davvero un buon pezzo.
Il terzo racconto è di Cynthia Asquith, e sono tante le donne di questa raccolta. Sviluppa un tema classico, me li ricordo inserito nell’elenco lovecraftiano dei racconti d’orrore. Una casa o negozio che c’è ma non c’è, inserito in una dimensione diversa. Il negozio d’angolo, si intitola, ed è un antiquario dove il nostro protagonista ci parla di una strana vicenda che gli è capitata. Non fa paura, questo no, ma chi lo ha detto che le storie di fantasmi devono farla? Il titolo è The corner shop
Ora torno a fare qualcosa. Mando un’altra mail di lavoro va. per gli orari d’estate. Riuscirò a farmi
Il quarto racconto è di E.F. Benson, che non so chi sia, ma è un racconto ben fatto per un motivo: presta attenzione al paradosso temporale, e non sbaglia nell’impostare una storia in cui diversi momenti temporali si mescolano. Nel metrò, si intitola, e vede più che un fantasma, una stessa persona che si trova in tempi diversi. La disgrazia è dietro l’angolo, ovvio. Anche questo valeva la pena di essere letto. Ed è di nuovo Rosemary Timperley a raccontarci quello dopo, brevissimo. 3-4 pagine. Un racconto natalizio… di uno spettro natalizio, eh no, non ha a che fare con Scrooge.
Ora faccio qualcos’altro che devo, anche perché è quasi mezzanotte… e devo andare a farmi i mojiti di oggi. Ecco, mandiamo una mail all’assicurazione per l’auto del papi, che quello manco ha chiesto. E una alla concessionaria che il fiscomerda mi dice che non ho pagato il bollo ma invece si…
Il racconto dopo è un pezzone. Una storia di mare, una leggenda, una di quelle che ti restano addosso, come il colombre del Dino. Si chiama Elias e il Draug, ed è un titolo bellissimo. Roba di miti norvegesi, per capirci. Il racconto è di Jonas Lie.
Il successivo, di Burrage, è un racconto strano, che solo nella seconda parte sembra andare nei binari del racconto di fantasmi, mentre nella prima è lievemente disturbante per le premesso. Una orfana, un vecchio riccone che la adotta, senza motivo, e sembra morbosamente attratto dalla sua educazione. Alla fine non c’è morbosità, eppure la strana adozione continua a non essere spiegata e non c’entra con le “compagne di giochi” che la bambina incontra per casa. Diciamo che è il solito schema dell’amico immaginario, lo stesso di Harry, e boh… forse sono troppo simili questi due racconti, anche se qua c’è una conclusione diversa. Sufficiente anche questo, comunque, e per ora tutti li ricordo con piacere.
E niente, dai… pensavo di finirlo oggi ma no.
Sono a metà libro. Degli altri racconti vi parlo domani.
L’ultimo rintocco, di Robert Aickman. Si chiama così, il… boh, non so che numero di racconto. Siamo a più di metà libro ed è uno tra quelli che mi sono piaciuti di più. Due novelli sposi finiscono in vacanza in un paesino sperduto. Mare di inverno, quello il clima, e le campane suonano, suonano, suonano… non smettono di suonare. Suonano per svegliare i morti. Ecco… adore quei racconti del paesino sperduto. Credo il migliore che conosca lo abbia scritto Barker, ma qua comunque c’è un suono – quello delle campane – che esce dalle pagine.
Il racconto successivo si chiama Il telefono, ed è scritto da una donna. Non lo dico perché l’autrice si chiama Mary Treadgold, ma perché nelle storie a tre, con tradimento e rottura, la figura della ex-moglie che si rassegna ma lascia qualcosa di irrisolto, ecco, la sensibilità femminile si riconosce. Lo si vede dalle prime righe… che poi il fantasma si manifesti attraverso il telefono, okay, banale, ma forse qualche decennio fa era meno banale.
Ora vediamo… devo andare a lavorare, vediamo se riesco a fare una piccola cosa anche in questa ultima mezzora di.
E poi c’è un classico: Le Fanu. Il fantasma di una mano, è il pezzo, e vi verrà in mente la famiglia Addams e boh, chissà che telefilm e racconto non siano collegati. In effetti la famiglia Addams era estremamente Dahliana… non ci avevo mai pensato.
Bel pezzo, comunque, anche se l’idea forse si perde in troppe poche pagine, ma del resto non è un fantasma intero, ma una mano sola.
Dai, lo finisco e pubblico.
Anche se l’umore, dopo aver ascoltato il burattino Conte in campagna elettorale è stato anche peggiore. Proprio si stanno aprendo tutte le porte dei baratri… e la gente applaude. Vabbé, c’è da applaudire anche nel quart’ultimo racconto, Lo spazzino, di A.M. Burrace (Ex Private X) in cui c’è uno che ti spazza il viale, e no, non è normale, non lo è per niente, perché non dovrebbe essere lì, e a sincerarsi che ci sia non c’è. Cosa spazza? Le foglie. E cosa succederà quando avrà finito? Un racconto classico, con il classico meccanismo del conto alla rovescia.
E per terzultimo c’è di nuovo una donna – perché ne ha scelte molte, di donne da fantasmi, Roald – ed è Edith Wharton. Il pezzo comincia con un incipit azzeccatisimo: “Oh, sicuro, uno ce n’è, ma non lo riconoscerete mai.” E si parla, ovviamente, di un fantasma. C’è ironia e a tratti mi è venuto in mente il Canterville, ma poi l’ironia lascia il posto al mistero. E quindi, in Più tardi, è più quello a dominare. Anche questo racconto non mi è dispiaciuto. Il mistero si muta in angoscia, e l’ineluttabile prende il posto d’onore, nello svolgersi della vicenda. Alla fine, benché lungo, si resta comunque sorpresi, ma non di quelle sorprese che si fa Oh, ma di quelle che si fa Ah… Urgh. Il che è bene.
Sulla strada di Brighton, forse uno dei pochi che mi è parso troppo sociale dentro, col barbone che poverino poverino. E’ però un racconto brevissimo, quello di Richard Middleton, e si legge d’un fiato, quindi niente critiche.
E si chiude col mare, e una leggenda, che non è leggenda, ché quando una cuccetta non si chiude, al suo oblò, forse è meglio non dormirci, o almeno, fare gli sboroni non è il caso. E niente, le leggende di fantasmi legati al mare sono sempre inquietanti e affascinanti, e in questo caso più la seconda, anche se in un paio di momenti ti sembra di essere lì, nella cuccetta, e non vorresti essere lì.
Il racconto è La cuccetta superiore, di F. Marion Crawford.
E io ho finito. Questa recensione fa schifo, ma vi posso dire che è uscito un EP di Kanye West che non è granché, e nemmeno il nuovo singolo dei Gorillaz non lo è, e a dirla tutta anche il disco nuovo di Janelle, dopo tanta attesa, mi lascia un po’ freddo. Quindi non rompete il cazzo sul mio ritorno nel blog. Stamattina tra l’altro ho terminato un Murakami, e quindi tornerò.
Come dite? Salutaci con una bella notizia? Mmm non è facile. Ho scoperto che ad aprire il concerto dei National, a settembre, saranno i Franz Ferdinand, e dite niente. E poi niente.
Tornerò. Perché è tempo di tornare. Non si può gettare la spugna e andare via.
astrid
Il libro di Roald Dahl – Storie Impreviste nella mia mente sarà per sempre legato alla voce di Marino Sinibaldi. Qualche anno fa lo cercavo ma era fuori catalogo e così contattai la trasmissione di radio 3 Fahrenheit: c'è la rubrica della Caccia al libro dove si possono chiedere libri fuori commercio e chi ne ha una copia te la spedisce.
Avevo mandato la mail già da qualche giorno quando squillò il cellulare mentre ero in ufficio e mi avvisarono che avrebbero segnalato la mia richiesta durante la trasmissione… Ho parlato con Marino Sinibaldi in persona, al tempo era il mio guru, sono quasi svenuta.
Poi il libro l'ho ricevuto davvero, lo volevo per leggerlo una sera in Tagliamento con XY ma non ci siamo mai andati, che delusione.
gelostellato
Storie impreviste… non sapevo fosse fuori catalogo. Lo lessi da piccolo, da biblioteca, ma erano due se ben ricordo. Non ricordo se era in quel libro la storia della cassapanca, dell'antiquario che la voleva a un prezzo stracciato e gliela distrussero. Forse sì, non so. Ma voglio continuare a non sapere, quando lo scoprirò sarà un mio imprevisto. 🙂
astrid
Tutto questo è successo almeno 7-8 anni fa, può darsi che nel frattempo sia stato ristampato ma allora non si trovava.