"Un borghese piccolo piccolo" di Vincenzo Cerami****

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"Un borghese piccolo piccolo" di Vincenzo Cerami****

E’ sabato, ma ci sono le partite ed è come fosse una domenica.
Ascolto or ora il nuovo Kendrick, ho una gatta che continua a rotolarsi sulla tastiera mentre scrivo e pure si infastidisce se muovo le dita. Ho 4 tartarughe nuove, una più grossa dell’altro e gli ho messo la cuccia del cane, ché tanto il cane non la usa.
Ho anche 4 nuove galline, le uova di pasqua per i colleghi di lavoro sono venute belle e io ci ho guadagnato 4 haiku in friulano, quasi tutti belli.
Ho scoperto che ci sono in giro sempre più coioni che credono ai complotti e sono sempre più propenso a pensare che non siano recuperabili e se inventassero un virus che li toglie di mezzo potrebbe non essere un’idea cattiva.
Detto questo, rimettiamo a posto un libro letto oramai un mese fa e passa.
Vi ricordate che avevo sbagliato? Avevo cominciato un libro di Gianni Celati convinto che fosse di Vincenzo Cerami ed era comunque bello. Beh, ecco, poi il libro di Cerami ce lo avevo, e l’ho letto subito dopo. Era uno di quelli della collana del Corriere della sera ed è un libro che non è tra gli ultimi arrivati se scandissimo le posizioni di rincalzo della classifica dei libri per sembrare fighi.
“Un borghese piccolo piccolo” io l’ho sentito usare, come termine, e ora che l’ho letto posso anche dirvi che forse è fuorviante, il suo utilizzo. O per lo meno lo è nella seconda parte di libro, quando più che di difetti della piccola borghesia si parla quasi – per enorme metafora – della sua decadenza.
Andiamo per ordine.
La prima cosa che vi dico è che è un bel libro, questo. Ma proprio bello. Un libro denso, pieno di cose, di fatti, di personaggi, di pensieri. 
Ho sempre avuto l’idea che un libro non debba essere lungo, per contenere cose, e i romanzi meravigliosi, per i miei tempi di lettura, sono proprio tra le 200 e 300 pagine, ma bastano un po’ meno per mettere in piedi un gioiellino.
Ecco, questo ne ha 140 e pure scritte in grande, e lo è, un gioiellino. Almeno secondo me.
Cerami lo avevo già letto con i suoi racconti, e mi era piaciuto molto molto, e inoltre è quello che scrive libri per imparare a scrivere, e insomma, non è l’ultimo arrivato.
Il libro forse è famoso per il film di Sordi, regia di Monicelli, ma io i film di Sordi non li conosco, e quindi so dirvi solo del libro. 
Di che parla? 
Di Giuseppe. Giuseppe funzionario delle pensioni, che sul tavolo ha la sua pensione, pure, che presto sarà. Ma Giovanni ha un figlio, unico, che deve sistemare, e farlo uscire dalla sua piccola borghesia, per entrare dove conta, ma c’è un concorso, da fare, e per vincerlo bisognare essere raccomandati, e per la raccomandazione… c’è la massoneria!
E’ la parte più ironica e spassosa del libro: Giovanni entra in questa cosa che è a metà tra la farsa e il circolo di uomini che giocano a raccontarsela. Un piccolo teatrino ridicolo, surreale, a tratti, che vi farà ridere e ridere amaro, anche. Sono persone piccole, ti arriva come una freccia l’aggettivo del titolo. Persone piccole che danno importanza enorme a cose piccole: alla carriera, al posto, al prestigio, a essere un po’ più in alto di qualcun altro, ai piccoli privilegi. 
Il dottor Spaziani che ti dà del tu è un onore che Giovanni percepirà come tale per tutta la vita.
Giovanni, Amalia e il figlio Mario sono una famigliola medio borghese dei ’70 e rappresentano quell’italietta media, infima, sfigata, se vogliamo, eppure tanto, tanto vera. Una critica feroce all’italianità, a una certa italianità, del cittadino borghese che ha perso di vista valori spirituali e morali ma non la bontà d’animo, quella gli è rimasta, solo che la dedica agli obiettivi, appunto, piccoli piccoli. 
La sfiga, tra l’altro, la fa da protagonista, ma è vera sfiga? Non lo so. 
Alla fine, non ne esce bene questo Giovanni Vitali, impiegato del Ministero, giustizialista
E allora ecco tutta la famigliola a dedicarsi a questo concorso pubblico, per passare lo scritto e godere della raccomandazione.
Poi… 
Poi il libro cambia. Succede qualcosa, succede che tutto finisce.
Non vi sto a dire molto, ma è il colore nero ad avvolgere le pagine. E’ il nero che domina. Un nero amaro, di una sfortuna che sembra accanirsi contro Giovanni, contro la sua famiglia, e lui risponde in un modo che non sospetteresti mai, dopo la prima metà di libro. E non puoi nemmeno dire che sia una pecora che diventa lupo… no… è una pecora con le unghie, ma sempre pecora rimane, questo Giovanni. E alla fine, infatti, tutto ritorna all’origine, alla vita di sempre, nonostante siano passati gli uragani in mezzo.
Ci rimani di sasso, da quel che succede. Ci rimani di sasso e non capisci subito come possa virare, il libro, in una direzione così diversa dall’ironia dell’inizio. Eppure è riuscitissimo. Io per lo meno l’ho trovato tale. La prosa di Cerami è semplice, scorrevole, diciamo pure lessicalmente borghese. Che sembra volersi dare delle arie, quasi quanto i personaggi coinvolti. Insomma…
Io la chiudo qua, perché direi che vi ho detto abbastanza. 
La copertina non ve la trovo, e quindi non la scanno e vi tenete quella con il loghetto di subito.
E non so, cosa volete che vi lasci?
Il video nuovo dei Gorillaz l’avete visto no?
Il disco nuovo di Jamiroquaglia? Ascoltatevi questa e ballate per tutto il giorno!

Comments

  • 25 Aprile 2017

    Come sempre mi hai incuriosito… mi sa che tocca aggiungere anche questo alla lista di libri da leggere!

    Matteo Bigarella

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  • 25 Aprile 2017

    Trovato in pochi minuti in versione ebook, quantomeno ho scongiurato che la pila di libri da leggere sul comodino aumenti ancora.

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