“La grammatica di Dio” di Stefano Benni***
Sono malato.
Forse in via di guarigione, forse, perché già ve lo avevo detto che mi cadeva la testa. Ma non pensavo fino al punto da fare tre giorni di quasi trentanove senza riuscire a uscirne.
Eppure…
Adesso non ho più la febbre, ma mi sento come se camminassi sulle uova, la pancia è un terremoto di malessere e la testa non cade, ma nemmeno sta ben salda.
Secondo me non è influenza e se lo è con me è stata cattiva e secondo me non starò bene ancora per parecchi giorni, se non altro perché la tosse mi strizza il petto come fosse di yogurt e niente… boh.
Comunque, nei frammenti non di delirio ho cercato di leggere.
E ho cominciato da questo.
In realtà me lo ha prestato margherita, che dice che erano raccontini carucci, e io mi sembrava di averlo avuto a casa e infatti lo avevo, in questa edizione ricevuto da non so chi non so come non so perché.
Così l’ho letto in questa edizione.
Si, devo dire che sono tutti racconti godibili e nessuno mi ha annoiato… forse due o tre mi hanno lasciato un po’ indifferente, ma nulla da lasciarli a metà. Il mestiere si vede, perché se vuole, in certe parti, Benni scrive davvero bene, e dove non cerca di far ridere, o insomma, dove non percorre la sua solita via del surreale spinto, che lo ha reso celebre con quelle accoppiate anni ottanta di Celestini e Bar Sport, ecco in quei frangenti lo preferisco, o almeno, l’ho preferito in questi racconti.
Ma diciamo subito un difetto.
Alcuni sono vecchi. Nel senso che quando si scrive un racconto sui cellulari, per dire, be’ è nel gioco delle cose che potrebbe invecchiare molto presto e infatti quel racconto lo era. Sembrava darti l’idea di scarsa credibilità, durante la lettura, e la sensazione è – per quanto inevitabile – presente. Non sono tanti, okay, ma mi hanno fatto pensare che avrebbero avuto bisogno di essere riscritti, magari rivalutando un po’ le cose, perché siamo nel 2017 e in 10 anni (raccolta dovrebbe esser del 2007 o giù di lì) le cose cambiano assai.
Soprattutto in fatto di Storie di solitudine e allegria, che è il sottotitolo della raccolta, che non sono stato a scrivervi là sopra nel titolo
E niente, mi tocca interrompere
non riesco a darci fuori
vado a mangiare la minestra e mi sa che torno nel letto
E riproviamoci dai. Anche perché sennò domani chi lavora.
Facciamo così. Vi elenco i racconti, vi dico due parole di cosa parlano se me ne ricordo, e vi do un voto da uno a sei, come faccio fare ai miei raccontini, che almeno sono obbligato a scegliere sempre se salvarlo o meno.
Boomerang. Questo mi è piaciuto. Remo, vedovo, tanto il suo cane lo ama, tanto lui lo odia. E fa di tutto per abbandonarlo. Racconto di quelli che fa salire il sangue alla testa che non hanno agli animalisti, quelli che “meglio che muoia un bambino innocente che un animale”. Il bello è che a me, alla fine, il cane e il signor Remo stavano sul cats in modo uguale. Stupidità e cattiveria sono due cose che odio in pari modo. Voto 5.
Mai più solo. Quello dei telefonini. Schema già visto, racconto obsoleto. Voto 3, se non altro perché due sorrisini te li strappa
Lo scienziato. Che cerca l’uomo più solo al mondo. Finale telefonato e anche questo non mi ha fatto ridere. Poi… i soliti luoghi comuni sulla mancata solitudine colpa della tv del telefono, della gente del business e di tutti i prevedibili demoni moderni. due.
L’orco. All’inizio mi è piaciuto, anche se ovviamente ci si aspetta il ribaltamento. Però qui i buonismo non c’è e vincono dei cattivi, e persono dei cattivi, e alla fine siamo anestetizzati a tutto questo. E quindi 4, racconto che fa piacere aver letto.
Alice. Nel paese delle. Sì, rilettura caustica e moderna e tristissima di una Alice che mi è risultata irritante. Sfigata. Ben poco meritevole di meraviglie, ma i racconto fa la giusta tristezza. Anche qua, soliti stereotipi del bene e del male. 4 dai.
Una rosa rossa. Un magnate della floricultura racconta una storia strappalacrime. Finale molto bello, perfetto, direi, con quel forse maiuscolo che non ci lascia certezza. Sei.
Pari e patta. Una gara di tradimenti giocata stavolta giustamente sugli stereopiti del marico ricco e stronzo e della moglie troia rifatta, insomma… tre.
Le lacrime. Mi sapeva di già letto, ma più che altro perché la cosa aliena poetica che cade dal cielo è un tema spesso trattato. Non mi è dispiaciuto, se non altro per la brevità e il finale non del tutto buono. Anche qui però… c’è quel continuo riferimento a “la società è marcia e non c’è più il bel mondo di una volta”.
Orlando Furioso d’amore. Benni puro. Questo potrebbe essere una costola dei suoi classici romanzi. Citazione ariostea in salsa dolce che due sbaccanate te le fa mollare, coi soliti calembour su nomi e cognomi. bello. 5
L’istante. Racconto filosofico surrealista. Scritto benissimo. Bello.5.
Leonnino, anzi, L’eutanasia del nonno. Fantastico agrodolce racconto. Quando il vecchiardo a dato i gianduiotti al vecchio del letto di fronte per soffiargli la badante, ho sbaccanato di brutto. Anche qui si lavora sugli stereotipi. Primario arrivista cattivo. Parenti serpenti. Vecchio solo e abbandonato. Stato che non ci lascia morire. Badante figa e picchiata dal marito gretto. ecc… ma li si usa per far ridere. e funziona. 5
Un volo tranquillo. Questo mi è piaciuto molto. Un passeggero di quelli insopportabili, che vede in ogni vicino d’aereo un possibile attentatore…è questo che ci hanno fatto diventare? Io no. Lui si. voto sei.
Un Ladro. Sospiro. Ancora il tema della solitudine, dell’emarginazione. Della società dei diversi, dei borderline. Sapevo che finiva così. Anche qui famiglie che si sfasciano, come in tutti i racconti anche qui le cose di una volta che non ci sono più. Amen. Ma non brutto. 4
Solitudine e rivoluzione del terzino Poldo. Un breve racconto sul pallone. caruccio ma nullaltro.3.
Frate Zitto. Tra i più belli. la religione. nel senso ampio delle cose. fattasi racconto. Molto bello. 6
Carmela. Il destino di una vecchia gallina vista da una vecchia gallina. Bello anche questo. Poetico, a suo modo. 5.
Dottor Zero. Un uomo che conta non conta più, nel classico ribaltamento da film natalizio. Solo che qui, alla fine, non impara un cazzo. 5 Perché la verità è che quando uno è stronzo, è stronzo dentro e non guarisce.
Lezione sotto il mare. Una balena insegna i classici… Moby dick, ovviamente. brevissimo e simpatico. 4
Una soluzione civile. Cioè guerra, organizzata, per risolvere i problemi di politica. Un finale telefonatissimo. ma uno scenario angosciante e plausibile. ahimè. 4
Il controllore. Il solito racconto sugli alieni che giocano col mondo. con la solita console. e il solito figliolo stronzo e capriccioso che per errore distrugge il pianeta. Letto almeno una decina di volte. 1.
La strega. Racconto della crescita di una strega, perché ci sono le streghe e i roghi sono sempre accesi. Triste verità. Trump è un inquisitore, senza saperlo, per dirne uno. Al alcune donne lo hanno pure votato. Ma… Anyway, non mi ha entusiasmato, alla fine. Nemmeno dispiaciuto, però. 4
L’indovina. un racconto favoletta morale di poche righe su ciò che veramente interessa agli uomini. i cazzi propri, è la risposta. 5
Il presepe vivente. Altro racconto surreal benniano, che parla degli attori di un presepe vivente. chiaramente, tanto casto, non poteva essere. Simpatico 4
Lo spirito del camino. Bello! Per me che ho la mania del fuoco, e non lo abbandonerei mai, bellissimo. Triste, certo. Prevedibile. Il solito “si stava meglio una volta” dietro le quinte, ma l’ho sopportato. I fiammorgalli esistono ancora? Chissà…. SEi.
I due pescatori. La morte e un vecchio. Due pescatori, i girasoli, la vita quando deve finire… un racconto poetico, non brutto. e con belle immagini.5
Ecco fatto.
Alla fine, unica critica trasversale che mi sento di fare, è una non critica. Ovunque emerge questo senso di “Una volta era meglio” “Sta andando tutto a puttane” “Non ci sono più le famiglie di una volta” “non ci si vuole più bene” “La tecnologia / l’inquinamento / il consumismo / la società / l’egoismo ci sta uccidendo”… ecco… io devo dire che ogni tanto mi rompo un po’ il cazzo di questo frignare. Però è anche vero che è così. Purtroppo è vero. quindi… meglio godersi i racconti senza farsi troppe paranoie esistenziali, che alla fine, sono quasi tutti piacevoli.
Che altro dirvi?
E’ uscito il nuovo Mark Lanegan, ed è un bel pezzo.
E anche il nuovo Father John Misty, che ha un video straniante… e inquietante.
E boh… torno nel letto, a leggere Fenoglio.
Unknown
L'ho letto.
Eppure non ricordo nessuno di questi racconti.
Il motivo, forse, l'hai spiegato tu fra le righe.