Febbraio 2017

Vieni qui,  A seppellire l'ombelico  Nell'ombelico. Vieni a raccogliere le lune E spezzarle, farne semicerchio Sulla schiena. Chinati. Schiaccia la guancia contro l'infinito Sussurragli di beltà e fraintendimenti Schiudi il morso all'impeto Lanciati al galoppo Piega Spalanca Scuoti Prendiamo in mano Questi mari privati delle rive Siano limpidi nidi di gorghi E frattali di conchiglie A confinare  Ciò che

I bucaneve si sono persi In questi inverni caldi Smarriti  Schivano i calcagni e le primavere  Pagano dazio ai crochi  Doppiamente variopinti, Usurpatori di vocali chiuse.  Scremando gli sguardi Con un borbottio ordinato Si chinano a leccare La faccia all'erba. Sulle ombre ancora lunghe Dei rami secchi  Che ne carezzano la nuca  I germogli  Paiono

È stato incidendo A piccoli morsi la pergamena Tremante delle labbra. Ho disegnato il volto Coperto dalle mani a coppa Di un desiderio:  Gambe e braccia e ali e coda  E il dettaglio della barba a sprazzi Incanutita e crespa. Con un polpastrello,  Interruttore che non interrompe  Ho sciolto i lacci

Come non averti qui Nella torta poco cotta che ha mangiato il gatto Nelle mani stese ad asciugare E nelle crepe Delle mura insuperate  Delle mie mancate verità. Come non averti Qui dove si rovescia la pioggia Dei miei lombi Dove divaga il sentiero E nel pertugio aperto dai passi Si