“I dolci inganni” di Elisa Sala Borin***

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“I dolci inganni” di Elisa Sala Borin***

Come si leggono le poesie?
Non lo so. Le leggo raramente, ma di recente ho ricominciato.
Anche la Guanda, ho visto, ha fatto una scommessa editoriale non da poco, tipo una nuova collana di.
Non credo che le due cose siano collegate, no.
Comunque, io ho cominciato per quella cosa brutta che è il lavorare troppo, che mi ha fatto eliminare d’ufficio e per scelta sia il leggere, sia lo scrivere. 
Non è facile da accettare, e infatti, avete visto con gli zeri calcari, sono passato al fumetto… e ora alla poesia.
E allora ieri ho deciso di leggere le poesie.
E dunque, tornando alla domanda, come si leggono? 
Un buon modo è quello di avere il fuoco che crepita, un tè caldo allo zenzero vicino, della musica, che si potrebbe fare anche a meno (ma musica che non disturba) e niente… leggerle ad alta voce, prima, diciamo pure declamarle. Un po’ per sentirsele in bocca. E poi rileggere, se c’è qualche sapore che resta, magari rileggerle piano, lentamente. 
E se capita pensare al sapore.
Ieri sera ho fatto così. Dopo un po’ ho dormito, e all’una e mezza mi sono svegliato e ho sostituito il tè con un gin tonic. Ascoltavo roba così. Poi sono andato a farmi un giro, poi sono tornato, e le penultime le ho lette con un latte caldo col nesquik, e le ultime due poi stamane, prima di andare a lavorare, col latte caldo.
In realtà, ieri, nella mia testa, mi ero rintanato con l’idea di fare tante cose. Leggere queste poesie, scrivere una storia, o almeno provarci, finire il disegno per la storia del Checo, e insomma… una serie di tante cose. Di quelle sere che hai una donna in testa ma stai bene anche così. E allora, per farla corta, ho cominciato con le poesie. E finalmente le ho lette.
Sono mesi che Elisa mi ha regalato il suo libro di poesie.
Elisa è Elisa Sala, e mi ha regalato tutto ciò che ha scritto. Maria voleva le ali, che mi è piaciuto particolarmente, Il muro dietro la porta, i pipistrelli dormienti in soffitta e Camilla. Dicevo, sono mesi e ancora non ho trovato, non avevo, anzi, trovato il tempo per leggerla. Questa manciata di poesie, in un piccolo sottile libro della Carta e Penna
Allora… vi dico subito che io, alle poesie della gente comuni, o insomma, dei poeti che si credono tali, sono allergico. Spesso non mi piacciono. Non sto qui a elencarvi i difetti e a rendermi antipatico, ma la verità è che di solito tutte quelle che i poeti della domenica chiamano poesie, non lo sono, e anzi, di solito sono proprio gnagnoserie senza rima melodia e soprattutto senza cuore, che non ti lasciano in gola alcun sapore. Vanno dalla inutile manierismo, agli accostamenti accazzodicane, al cuoreammore e insomma… dai, fanno cagare. 
Questo per spiegare perché se devo leggere delle poesie, vado a cercarmi Caproni e Sereni, piuttosto Culonio e Carneade. Le eccezioni le faccio per due motivi… o perché voglio farmi due risate, e allora cerco delle poesie brutte ma proprio per questo meravigliose e le leggo tipo con una buona bottiglia e una amica di turno per riderci sopra, oppure, e siamo finalmente arrivato al dunque, se sono poesie di persone che mi piacciono e che so che hanno due cose, addosso.
Sanno scrivere e hanno sensibilità. 
E devono essere persone che mi piacciono. 
Difficilmente riuscirei a leggere poesie di persone che mal sopporto, per un motivo o per l’altro.
E allora, per farla breve, sapevo che le avrei lette con piacere, le poesie di Elisa, perché ha una cosa che non si compra, che è la Sensibilità buona, un modo di guardare al mondo che è pacato e bonario, con una delicatezza che è sicuramente data anche dall’età, certo, ma non solo da quella.
E in questi dolci inganni, titolo azzeccatissimo, ci si trova davanti delle poesie che, quasi tutte, si possono davvero definire tali. E allora niente, la recinzione, questa, finisce qui. Qui dicendovi che è stato piacevole leggere le poesie di Elisa ad alta voce, ieri notte, e molte, quelle che sono filtrate dalla nostalgia, dalla pace fatta con la vita, dalla dolcezza delle cose vissute, ecco, molte di queste mi è piaciuto rileggerle.
Sono componimenti che hanno nella semplicità la loro forza, ma in una semplicità non banale, che mentre sfiora il verso vuoto, d’improvviso, lo riempie con un guizzo lessicale, che dà valore a tutto il resto, oppure con un sentire talmente personale e vero che difficilmente lascia indifferente.
Lo so… non avete capito un cats, ma io ora chiudo il post con due poesie che mi son piaciute e ve le scrivo. Così magari mi capite meglio. Per esempio, questa prima metà di “Solo per i tuoi occhi” rappresenta bene il guizzo lessicale. 

In questo odore di
piovaschi,
fra pozze
marciumi
ed erbe sfatte,
merli in caccia 
               allungano vermi riottosi.


e tu apri le vele
dell’ultima stanca nuvola
che lenta scivola
nel quieto andare
 – scia dell’ultimo lampo – 
Nell’ora serena
mi specchierò
               nel catino del tuo limpido cielo.

Ecco, questa mi è piaciuta. quel riottosi, quel catino, quelle erbe sfatte, sono belli. E poi, per il secondo esempio, per la verità, vediamo, ve ne scrivo un’altra. Ora.

Ora. Alte mura e occhi spettrali
s’incendiano nella notte.
Un nastro d’acciaio
ha ferito la terra
e si insinua nel bosco di robinie,
hanno tagliato il nostro albero
spaccando i ricordi.
Non più uccelli dai carillon sonori
e arpe d’aria,
arrivano solo monotoni e stridenti suoni
di motori.
Salgono dai mille camini
fumi nerastri
fino a coprire il nostro sole.
Il vento, senza aspettare l’autunno,
porta nel suo gioco stanche foglie
staccate dal alberi feriti.
Le polle sorgive
non lambiscono più i riarsi prati.


Allora. Cespugli di rose
al suono di calabroni ronzanti
cantavano nel sole.
Il vento lasciava scie biancastre
nel cielo così azzurro
che faceva male al cuore
e, ad ogni soffio
accarezzava vesti e malleoli di bimbi in fiore.
Sotto la siepe di forsizie
che porgeva rami d’oro a Febo
                     raccoglievamo le prime viole.




Ecco… basta così. Ho letto un libro. E ne sto leggendo un altro, di poesie. Stavolta di uno che fa il poeta di mestiere, e che negli ultimi sei anni ha scritto trenta poesie. Perché di più non vengono. E sono belle… ma anche lì, ci vuole tempo, e più di due orecchie, e del vino bianco buono. E niente. ciao Elisa.

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