
“La velocità dell’angelo” di Gianrico Carofiglio***
Dissi al mio amico – si chiama Massimo – che volevo scrivere i miei ricordi, in forma di racconto, come una specie di libro di memorie. Non perché avessi velleità di pubblicarlo. Volevo scrivere perché avevo la sensazione che tutto mi stesse sfuggendo di mano. Per mesi e mesi sono stata ossessionata dall’idea di poter dimenticare tutto. Massimo disse che secondo lui non era una buona idea.
– Perché?
– Diceva che le memorie, i diari sono faticosi da scrivere e penosi da rileggere. Uno comincia a scrivere pieno di entusiasmo e poi, tranne casi eccezionali, smette dopo qualche giorno o qualche settimana. E comunque quando rilegge quello che ha scritto, prova quasi sempre una sensazione di estraneità. E spesso anche di imbarazzo. Però – diceva – mettere per iscritto i propri ricordi è un’ottima idea. Un sacco di cose, se le perdi, semplicemente non le trovi più.
– E dunque?
– E dunque disse che il modo migliore per raccogliere i ricordi, per non disperderli, sono le liste. Ogni lista deve avere un titolo
– che ne so: titoli delle canzoni che ballavamo alle feste di quinto ginnasio; oppure i dolciumi dell’infanzia. Ogni voce della lista deve essere di pochissime parole. Se è una sola, è meglio.