"2001: Odissea nello spazio" di Arthur C. Clarke****

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"2001: Odissea nello spazio" di Arthur C. Clarke****

Piove, piove tanto, tantissimo, e la cosa mi sta sul cazzo.
Il telefono è andato in vacca e non posso nemmeno prendere le bestie.
E poi è sabato e ho una lista di lavoro e di cose da fare che mi sembra sia già lunedì.
E non esiste più la mezza stagione, né credo sia mai esistita, perché io ne ho sempre conosciute solo 4, e non ho mai sentito parlare di primstate o auterno o estunno e tantomeno di primunno o esterno… ah no, di esterno ho sentito parlare, ma non sapevo fosse una stagione, seppur a metà.
Ebbene, resta che sono qui che devo fare le cose, e sto ascoltando il disco nuovo dei Metallica, che poi hanno pure fatto un video violento che non si capisce un cazzo e con gli effetti speciali sfigati come loro sanno fare. Che poi alla fine mi piace.
E insomma, vi dicevo, aggiorno questo blog e non ho nemmeno scelto di che libro parlarvi, visto che non leggo quasi più di nuovo e chissà mai quando riprenderò.
Io direi che è il caso di parlarvi del più vecchio che ho qui in parte.
Un libro PSF e credo anche abbastanza PEM, se vi ricordate cosa erano PSF e PEM.
Per sembrare fighi non c’è dubbio, e grazie a Kubrick, che è uno che trasformava i libri normali in libri PSF e credo fosse proprio il suo mestiere. Il libro è un classico della fantascienza, ovvero, IL classico forse più classico, dove si parla di astronavi, di robot, di galassie, di uomini e di futuro… e insomma… di fantascienza per quella che ti viene in testa quando senti la parola.
L’ho letto eoni fa. Luglio, forse, e l’ho letto perché curavo quella rubrica che diograzie è finita e mirava a tradurre gli incipit celebri dall’inglese al friulano da parte di scrittori. 
E insomma… è uno di quei libri che ho sugli scaffali e che prima o poi.
E dopo aver letto l’incipit mi sono letto tutto il libro.
E mi è piaciuto. Abbastanza, direi.
Ma adesso faccio una delle cose che devo, tipo lo striscione per la partita di stasera.
Ecco. Fatta almeno questa, e magari vedo di farmi pure un altro caffè.
E pure un report studente, ziocanboe, che ne ho settordici da fare. Anyway, per parlarvi di questo libro, che tutti avete letto, mi tocca anche dargli un’occhiata e rileggere qualcosa, perché in effetti non è che lo ricordo tutto benissimo, ma il grosso, le sensazioni, sì, quelle mi sono rimaste.
C’è un “ahhh” finale, che mi ha fatto pensare che era proprio un bel finale, e mi ha lasciato il senso della relatività delle cose… di tutte le cose, che poi è lo Spazio stesso a dartelo. E poi c’è il concetto, forse il primo espresso con tanta fama, del dominio possibile della macchina sull’uomo, che spaventa, perché il nostro amico computer, quando prende il sopravvento, fa paura… la mancanza di emozioni, lo sappiamo, fa paura, ma anche la costruzione di emozioni non scherza. 
Ma la cosa più figa del libro è un’altra: l’anticipazione.
Il libro di Clarke è del 1968. E non c’era internet, non c’era skype, non c’era il mondo del web e i suoi flussi informativi, eppure qui c’è. C’è proprio internet o comunque qualcosa di simile, con il protagonista che pare leggere qualcosa che sono le pagine del web per leggersi i giornali. E dici… wow! E anche nel film c’era questa cosa, ma io il film, non l’ho mai visto con attenzione (proprio perché volevo leggere prima lo libro, as usual) 
Insomma… la trama la sapete? Prima le scimmie, con un primo capitolo che tutto sembra tranne fantascienza, ma dove arriva il monolite nero, che sarà protagonista soprattutto finale, e che con la sua datazione di tremilioni d’anni sarà trovato sulla Luna rispondendo alla domanda “c’è vita oltre la Terra” con un sonoro “esticazzi!” visto che poi, alla fine, ci sarà un bel viavai, oltre l’umana scienza.
L’altra cosa bella è il robot, HAL, che entra in conflitto di interessi proprio perché non è una persona, ché insomma, noi umani siamo bravi a raccontare le bugie, ma un calcolatore lo devi programmare, e programmare a cacciar palle non è evidentemente sano, e quindi finisce che quello ammazza tutti solo perché non scoprano che stava cercando di confessare la palla che doveva raccontare. Quale? Non ve la dico, ovvio, ma un po’ lo si capisce che la vera missione dell’astronave Discovery non è quella che hanno raccontato agli astronauti.
Poi, vi dico che l’eroe, David Bowman, che sarà quello che diventerà qualcos’altro, alla fine, non so quando sia un eroe vero, o quanto i protagonisti del libro siano più che altro le situazioni, la natura umana, il nostro modo di relazionarci al futuro, e il futuro stesso. Ecco… il Futuro, forse, è il protagonista. Quello vero. Poi poco cambia se a restare in quel futuro sia Bowman, o Poole, o uno degli imbernati o lo stesso HAL.
Vi dico anche, ché magari siete curiosi, che l’inglese Clarke ha scritto tutto un ciclo sull’Odissea, ricominciato con 2010, 2061 e 3001 Odissea nello spazio tutte. Non li leggerò, no, però non la sapevo che ne aveva fatti tre, di seguiti.
Del film non vi dico niente, ché non ne so niente.
E direi che non vi dico niente altro, se non che questo è un libro che andrebbe letto anche se non siete appassionati di fantascienza, come me, perché è interessante anche per la sua struttura temporale e per il modo con cui questo libro ti insegna a relazionarti a un eventuale futuro. Alla fine è avventura, sì, ma anche accettazione dello sconosciuto, e ci manca tanto, questa cosa.

Comments

  • 19 Novembre 2016

    Non lessi il libro, perché colpita al cuore dal film, che trovai bello, più bello di così non poteva: gusto mio!
    Prendo nota…

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  • 21 Novembre 2016

    Gran bel libro! A proposito di atmosfere fantascientifiche vintage se ti capitasse sottomano ti consiglio Le meraviglie del possibile, antologia di fantascienza anni'50 edita da Einaudi dove puoi ritrovare quel gusto per l'anticipazione del futuro.

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  • 21 Novembre 2016

    Da buon appassionato di fantascienza non posso che dirti che si tratta di un'opera seminale per tutto il genere. Seminale è indubbiamente una espressione abusata ma in questo caso calza a pennello.

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