“Dopo lunga e penosa malattia” di Andrea Vitali**(*)

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“Dopo lunga e penosa malattia” di Andrea Vitali**(*)

Dovrei scrivere questo post, ma lo finirò dopo, ma intanto lo comincio e poi volo via, anche io, come l’uccellino biscottoso della mia colazione. Sì, voglio pigliare la bici, canottierato e nonostante il ginocchio gonfio, e andare nel campo a dare una mano ai miei a salcazzo fare cosa – stessero fermi un attimo, che poi finiscono per rimanerci eccetera – e quindi faccio tutto veloce.
Il gatto a colazione, dicevo, l’ho già mangiato. Ho ascoltato già il nuovo Red Hot, che non è brutto, e il nuovo Jake Bugg, che è meno bello e vario e inventoso degli altri due. Ma è giovane e lo perdono.
E’ morta gente, durante questa settimana, e non è mai bello. 
E non so se qualcuno che non sento è vivo. Non so come fare a. Che non è che puoi mandare una mail a una persona e dire: ehi, sei ancora viva? Che poi, se non lo è, non legge la mail.
Magari provo a cercare su google, va.
Dicevamo? Sì, che faccio le cose veloce, e volare via in bici. Ecco che vi aggiorno la pagina dei Racconti d’autore. Non li sto leggendo, ma sto leggendo, anche se lento, ma abbastanza. Trovo il tempo, anche se per la maggior parte delle volte, lo impiego dormendo.
Non è colpa mia. Anche adesso, anche oggi, è domenica. Feci le quattro, e mezza, con l’alba. E ne vedo tante di albe. Rubai rose e gironzolai per camminare per la città ché c’era la piena luna. E tutti quelli che col ramadan mangiano di notte in giro. E le kebabberie son tutte aperte. E un inglese mi ha fermato, correndo. Dov’è l’hotel Friuli, voleva. E che diamine, faccio prima ad accompagnarti che spiegarti, sei qui on holiday, no, mi fa. Non proprio. Okay, boh, cazzi tuoi. Un funerale, mi mima con le mani giunte e la croce ecc. Ma diocristo, funeral, non lo sai dire? Forse non era inglesemadre, okay, penso. E io ho fatto la figura di merda. Ma alla fine non mi mollava più, sonletremmezza, miseria. Ho capito che vuoi darmi dieci euro ma io non li voglio dieci euro, tu sei gentleman, ma pure io. Oh, ho dovuto minacciarlo di beat you, e gli ho dovuto dire che siamo in Friuli, mica in Italia, stavo wandering, e ascoltavo musica che viene dalla sua terra, Radiohead e Pj harvey, e voi avete presente quanto più brutto sarebbe il mondo senza di loro? Parecchio. E allora era un motivo sufficiente per non volere i suoi dieci euro.
Insomma… ho fatto tardi, e mi sono svegliato lo stesso presto. E se poi andrò a prendere il sole, so che dormirò, invece di leggere. Ma questo libro, Dopo lunga e penosa malattia, questo di cui vi sto per parlare, di Vitali, lo sapevo che lo avrei letto in pochissimo tempo, e infatti è stato così. Perché?
Beh, avevo recuperato una edizione di quelle rigide, rubata perché praticamente nuova, e io sono curioso, e il primo racconto di Vitali che ho letto mi era piaciuto assai. Un altro libro no, non troppissimo, ma restiamo nel leggibile e godibile, eh. 
Questo non era la prova del nove. Per tanti motivi, a cominciare dal fatto che è l’unico giallo che ha scritto e si vede. (Si ha la certezza di chi sia coinvolto già a metà libro, con un passaggio quantomeno ingenuo) e quindi l’ho preso non come giallo ma come lettura per testare le sue altre qualità.
Non mi ha convinto, ve lo dico subito. Quello che cercavo, a dire il vero, era più uno spaccato della provincia, dei paesini del lago di Chiara, qualche personaggio borderline, sui generis, memorabile… E invece no, il paesaggio non mi è rimasto dentro, anzi, è scivolato via velocissimo, e anche i personaggi, anche se sono passate meno di un paio di settimane, sono già sbiaditi.
Comunque, guardate, ho aggiornato pure i racconti d’autore col turgenev di oggi, e parto. Del libro vi parlo più tardi. 
Eccomi qua, che mi son preso la pioggia e fatto altre millanta cose e ora mi posso guardare la partenza del GP. Si diceva che sapevo che questo libro lo avrei letto in pochissimo tempo, e non solo perché la scrittura di Vitali è estremamente leggera e veloce. E’ una scrittura pop, direi, da signora delle biblioteche, il che, intendiamoci, non è un difetto. 
Anzi, è uno dei motivi per cui l’avevo scelto. Volevo qualcosa da take it easy, e questo libro lo è. Ma è anche il solito libro furbetto, nel senso che delle 175 pagine effettive si toglie quelle bianche e le mezze bianche, il margine, e un font allargato, ne restano tipo poco più di un centinaio, ovvero un romanzo breve, che magari è difficile piazzare a 14euri. Ma non stiamo qui a fare le pigne, lo sapete meglio di me come funziona l’editoria e se io fossi un autore che ha piazzato due best seller vorrei proprio un tipo di edizione simile, per il mio romanzo riesumato da un cassetto che non è certo quello che considero migliore. Vorrei fosse arioso, spazioso, e con le frasette del tipo “Dall’autore di “Olive comprese” e “La modista” (che comunque prima o poi magari leggerò, perché Vitali ha del mestiere, e si vede)
Ma diciamo di più del libro. C’è un medico, di quelli della mutua, senza figli, famiglia tranquilla, conoscenze, che viene chiamato a casa di un ex compagno di merende che schiatta di un collasso. Nulla di male, soffriva come lui di angina e non doveva fare strapazzi. Ma questo invece fa bacco tabacco e venere a tutto andare. E non va bene. Qualcosa però non lo convince e a dopo che l’elogio funebre porta come titolo quello del libro, ecco che parte il giallo. 
Il protagonista è il nostro occhio indiscreto sulla provincia del lago Maggiore, ma come dicevo, la mia critica è che ci fornisce una visione non incisiva, che non resta, pur mostrando l’intenzione di volercela descrivere, questa provincia coi difetti nascosti (e le gelosie, le invidie, i tradimenti, tutto che rimane sottopelle). Ci si immerge in situazioni quasi normali, certo, a parte l’omicidio, se c’è, e una vita doppia che il notaio, è lui il morto, ha e sarà molto più di ciò che pensiamo.
Poi? Ma guardate, anche niente. E’ un bel libro di intrattenimento, con un difettuccio, ma è opinione mia, nello svelare qualcosa solo alla fine e senza giustificazione durante, che per un giallo, almeno nella mia accezione, è un venir meno all’accordo tra lettore e autore, nel senso che okay nascondermi le cose, ma farlo mettendomele ugualmente tra le righe. Nasconderle del tutto è un po’ meno bene, perché sa di stratagemma per far quadrare le cose. 
Di bello, invece, questo sì, alcune riflessioni della coprotagonista, la moglie del medico indagatore, che è donna sola, che invecchia, e che deve venire a patti con quella che sarà la sua vedovanza. Sono bei passaggi, devo dire. Dai, è tutto. Andiamo aventi con altre cose e questo lo metto nella biblioteca di scuola, che è un ottimo libro per adolescenti da far leggere in estate.
Basta così. Al prossimo!

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