
“Storie di boxe” di Jack London***
Perché è un modo per non pensare troppo, e ora non ho voglia di pensare troppo. Un po’ perché sono stanco – i fatti mi Parigi mi hanno tenuto sveglio – e un po’ perché ho appena finito di lavorare a una tesi ed è sabato, sono le cinque e mi sentirei in diritto di non impiegare tutto il sabato, come quasi sempre è successo da tre anni a questa parte, a lavorare, e quindi, ecco, aggiorniamo il blog, che anche se poi non è che è diverso, visto che si tratta di stare su una tastiera, invece è diverso. Chiaro no?
No, probabilmente, ma per me sì.
Ci sono i racconti d’autore, lo sapete, e io li sto pian piano recuperando, sia con i numeri mancanti, sia leggendoli, anche se sono preso dal leggere altre cose. Tante, tantissime altre cose che dovrei.
E infatti non riesco, a leggerli.
Dopo il buon Simone Marcuzzi, ho cominciato Frappa Ranceroy, (una pagina eh, ma ho cominciato) e avrei anche crescizz, che ha pubblicato, da leggere, nonché noemi, da leggere, nonché Elisa, e Fiorella, e Alessandra, e di nuovo Elisa… e che cazzo, ma perché conosco così tanti scrittori?
Dai, pian piano troverò il tempo.
Per ora ho letto, finito qualche notte fa, questo racconti d’autore di Giacomo Londra.
Sì, suvvia, lo so, Jack London fa più fico, ma anche Giacomo Londra non è poi malaccio.
Ho altre cose di Giacomo, sullo scaffale, tipo Martin Eden, che sta aspettando e mi regalarono, ma aspetterà ancora. Qui c’erano due storie di boxe. Lo dice il titolo.
Due storie prese da un libro di racconti della Newton (La sfida e altre storie di boxe): Il gioco, e Una bella bistecca. Corto il secondo, e infatti ho cominciato da lì, lunghetto il primo, una quasi novella, che ho letto dopo e dilungandomi un po’.
Belli?
Sì. devo dire di sì.
Uno finisce male, l’altro malissimo, però sono storie di boxe, e la boxe non è sport da lustrini e smorfie. E non è sport per ricchi. Il secondo è la storia di un campione che non lo sarà più, che affronta un incontro dopo aver combattuto con la miseria, e la bistecca è quella che gli servirebbe per vincere. Boxa e sa che deve giocarsela con le energie che ha, e gli avessero fatto almeno credito ce l’avrebbe fatta, è troppa la sua esperienza, si sente pugno per pugno, e lì si capisce due cose.
Che nella boxe c’è molto, ma molto di più di ciò che pensa l’osservatore medio, e due, che Jack London era appassionato e conoscitore. Insomma… non possiamo non stare dalla parte di Tom King, espertissimo campione che affronta la gioventù. A già, perché l’incontro non è che una scusa per descrivere il modo di porsi della gioventù con l’esperienza, gli atteggiamenti, i pregi e i difetti di entrambe. Lo sappiamo già che la gioventù è destinata fisiologicamente a imporsi, ma il sipario che il racconto ci alza nasconde belle cose. Mi è piaciuto, questo racconto.
Un po’ meno l’altro, che però ha una caratteristica: ti strappa il cuore.
Perché è una storia d’amore, e ci vengono raccontati i due spiriti innamorati, che sono puri, purissimi, anche se non esenti da difetti, Ma fra loro si interpone il protagonista: Il gioco.
E alle regole del gioco si deve (sotto)stare, anche se le si conosce benissimo.
Così a volte capita che il campione può perdere, e può perdere tutto.
Il racconto è bello, anyway, ma si dilunga in molta descrizione dei due innamorati e lì mi sono un po’ rottilcats. Volevo i pugni e le botte, da bravo maschione rissoso e iracondo.
Resta che è trovo una bella scelta, Jack London, che non ha una scrittura che invecchia, ed è davvero scrittore di razza. Da riscoprire, forse. Anzi, senza dubbio.
E basta così.
L’immagine la cambio quando sarò sul pc di casa.
Ora faccio altro, anche se non sono dell’umore di fare niente.