"Fiori per Algernon" di Daniel Keyes*****
Me lo aveva già consigliato, Michela, di leggere questo. Me lo ricordo.
Poi me lo ha regalato, assieme a una paccata di libri, fotocopiandomelo da non so dove, forse da questa edizione, ma non è importante.
Poi mi è arrivato il file in epub.
Poi sono arrivati i 100libri PEM e questo Fiori per Algernon, di Daniel Keyes, libro, cioè, racconto del 1959, c’è.
C’è e ci deve essere, perché non so se sarebbe tra i miei PEM, o meglio, nella top 20, ma che sia PEM non ho dubbio alcuno.
Leggetelo. Leggetelo davvero, questa racconto lungo, (che poi è diventato romanzo) che altro non è che un lungo diario del protagonista, Charlie Gordon.
Qualcuno, magari leggendolo, o avendolo letto da poco, potrebbe venire a dire che sono concetti un po’ visti e sentiti, ma ciccetti, nel 1959 non lo erano e questo libro era mille anni avanti.
Si parla di modifiche all’intelligenza umana, al potenziarla, al come questo posso agire sulle emozioni.
Ma si parla, anche e soprattutto, di diversità, e lo si fa con una forma adeguata e perfetta: una prima persona diaristica.
E’ un piccolo capolavoro, poche chiacchiere.
E’ scritto deliziosamente bene, ed è una fantascienza, perché così è, credibilissima, dalla prima all’ultima riga. Sia quando inizia, Charlie – grande l’abilità traduttiva – con tutti i suoi errori di ortografia e tutto il modo bislacco (e purissimo) di vedere le vita inizia a parlarci di sé, e della sua grande, grandissima determinazione.
Vuole essere accettato, vuole piacere agli altri, come tutti noi. E accetta di essere studiato, per farlo, di diventare l’esperimento di una modifica chirurgica al cervello, che poi, già era stata fatta ad Algernon, il topolino, con cui fa amicizia.
Diventerà via via più intelligente, Charlie, e comincerà a capire. E capendo, a subire un cambiamento saranno le sue emozioni. Perché ecco, alla fine è una storia di rapporti umani: i rapporti tra Charlie e i due medici, diversi per umanità e ambizioni; tra lui e la sua insegnante, di cui si innamorerà; ma soprattutto tra Charlie e il mondo intorno, quello della normalità, quello che lo vede come un menomato mentale, prima, e si regola di conseguenza, cambiando via via durante la sua “metamorfosi”.
Ti segna dentro, quest’opera prima di Daniel Keyes, americano, che nel 1966 diventa romanzo, e si fa molte domande, o per lo meno, ce le induce. Domande su di noi, certo, sul come trattiamo gli altri e su come gli altri trattano noi, ma anche domande sul quanto è giusto e bello sapere della vita, perché forse la conoscenza non è sempre quel gran bene che crediamo.
C’è una questione, in cui non entro perché non posso, sulla scelta tra racconto (la prima versione) e il romanzo (seconda versione). Nel romanzo si aggiungerebbero analessi sulla vita di Charlie e i traumi passati, a giustificare la sua difficoltà di rapportarsi e la sua menomazione.
Non so… io ho letto il racconto, e il racconto è perfetto, e allora non ho proprio necessità di leggere il romanzo. Anche perché, poi, uno stile diaristico di questo genere ha il suo alleato migliore nella brevità, perché poi si rischia di tirare troppo la corda, dell’attenzione del lettore.
Va bene.
Basta così.
Ho settordicimila cose da fare in questa mia unica mattinata libera della settimana. Se volete chiacchierare di più sul post lettura, leggetevi franchi su Lankelot, che dice molte cose, forse anche troppe. Se volete diventare persone meglio, invece, recuperate il racconto e leggetevelo.
Nick Parisi.
Credo che sia uno dei migliori racconti mai usciti per il genere fantascienza, uno dei più commoventi di sempre.
Massimo Citi
Condivido assolutamente. «Fiori per Algernon» è un racconto che mi è rimasto dentro per non andarsene più.
Il Moro
Veramente un gran racconto.
gelostellato
Avete ragione tutti. Infatti non mi pento per nulla delle cinque stelle 🙂