“Il 9 scomparso” di Darwin Pastorin**
Non mi è piaciuto.
Ah, già, prima di dirvi questo vi dico che:
Mi sono ricordato che dovevo ancora completare la lettura dei corti, quelli della EL, in quella sciocca impresa in cui mi ero imbarcato e di cui mi ero scordato. Ne ho fatti arrivare ordunque altri due. Uno era questo.
Poi.
Parla di pallone.
Parla di mondiali. Di Finale, di Brasile, di un giovane, giovanissimo campione, un nuovo Pelè, insomma, inventato, di nome Clodoaldo.
E’ ambientato nel 2000, in cui, finzione, i mondiali sarebbero in Italia. La finale ovviamente a Roma. Tra Italia e Brasile. (ahahaha).
Ebbene. Io non avevo idea che questo libercolo parlasse di questo, quando l’ho preso, però è stato curioso leggerlo tra ieri e oggi, proprio a mentre c’è stata una di quelle partite che entreranno nella storia, il 7-1 della Germania al Brasile. Partita figlia, psicologicamente, della perdita di quel calciatore che è indicato come un nuovo Pelè, un Clodoaldo, insomma.
Ma non voglio parlare della partita, perché in troppi lo fanno già. Resta che è stato a suo modo uno spettacolo unico, resta che ha mostra quanto la testa conti nel calcio, resta che chi, ieri sera, l’ha vista, sa di aver visto qualcosa che non vedrà probabilmente più, in vita.
Poi?
Ah, sì, torniamo al libro per ragazzini. Racconto, anzi, anche piuttosto breve.
Darwin Pastorin scrive di uno che fa più o meno quello che fa lui, il giornalista, e che ha natali brasileiri, come lui, e che ama il calcio, come lui. Il calcio, sappiatelo, io penso che sia bello. Un bellissimo gioco.
E tanto per dire, anche se sono un po’ anticalcio (anche quando giocavo, io, mi accorgevo che si giocava quando fischiava l’arbitro, quando finiva, non ricordavo più nemmeno il risultato), sono uno che apprezza il gioco, il lato sportivo e formativo, soprattutto.
Bene, nonostante questo, se all’inizio, alle prime pagine, poteva anche sembrarmi dipinta una situazione accattivante, con il leggere, ecco che i punti di inverosimiglianza diventano così tanti, ma così tanti, che sono riuscito persino a farmi irritare.
Ora, nel 2000, con tutta la mia buona volontà di credere alle favole.
– non esiste la possibilità di sparire dal centro di Roma, andare in Brasile ed essere sul campetto di una favela il giorno dopo inscenando però un finto rapimento senza che nessuno, ma proprio nessuno, si accorga di niente.
– non esiste l’idea che anche il top player più top dei top del mondo, 18enne, a due giorni dalla finale di coppa, sia costretto a interviste, show, pubblicità ecc ecc. ce il ritiro, lo sanno pure i gatti.
– non esiste la possibilità che un diciottenne, per quanto ricco, si faccia portare “internet” in camera per organizzarsi la fuga comprandosi pure “con l’internet” un passaporto falso in quattro e quattrotto…
Ecc, ecc eccetera.
potrei continuare per un’altra buona decina di inverosimilità.
Il mondo non più nel medioevo, purtroppo o per fortuna. Poi, certo, un ragazzotto con gli occhi foderati di prosciutto e di deficienza può anche bersi come oro colato tutto questo, ma… è giusto? Ciò, anche se voglio raccontare una favola moderna di una stucchevolezza a dir poco disarmante (il ricco campione che rinuncia a tutto per non tradire le sue origini e continua a restare povero ma non oberato dallo stress) devo per forza farlo con tutte queste incongruenze?
Anche pensare a un giornalista che insulta un altro in quanto moderno (aahahahaha, e ciò, usa la fotocamera, eh, un aggeggio del demonio, meglio continuare con penna e calamaio) e che con un colpo d’occhio l’altro, il vecchiardo, capisce subito la messinscena, da dove viene il sangue ecc (perché okay, caramba e investigatori non saranno delle cime, ma da lì a buttare un occhio a delle telecamere a circuito chiuso, magari ci arrivano) è veramente troppo.
La cosa che più mi ha infastidito era, comunque, il discorso manicheo buoni/cattivi della stella Clodoveo verso il finale. Perché? A parte avere avuto tutte le sfighe del mondo in quanto povero, vi faccio solo una domanda con diverse risposte:
La sorellina piccina di Clodoveo tornava dal lavoro ed è stata violentata. Da chi?
– un delinquente tra i tanti che girano per le favelas
– uno stupratore tra i tanti che girano
– un ubriaco qualsiasi
– un ex che ce l’aveva con lei
– una manica di teppisti tra i tanti che abitano le favelas
– un gruppo di ragazzi ricchi, bianchi, di buona famiglia, strapieni di soldi, che tanto poi con gli avvocati importanti non saranno condannati.
Scegliete voi… che sia l’ultima?
Insomma. Ci siamo capiti. Lo stereotipo è dietro l’angolo. Peccato perché la scrittura è agile e semplice ed è adatta a un pubblico young, ma sticazz… un minimo di credibilità, suvvia!
Quindi? Quindi niente. Avanti col prossimo. Che dal titolo non promette bene, ma non vi dico qual è.