Solo grilli e cicale (breve racconto horror)
Le sterrate di campagna sono dentro di noi: due strisce di terra battuta dai trattori, separate da una d’erba arida e impolverata. Ci abbiamo corso tutti, a piedi o in bicicletta, seguendo le traiettorie spezzate dai ramarri o spaventati da qualche biscia. Ai lati, a volte crescono piccoli boschi: ortiche, soffioni, sambuco, acacie, gelsi… rovi soprattutto. S’intrecciano fino a escludere cielo e luce.
Ci affascinano quei cunicoli di vegetazione.
Vi entriamo come in una bocca misteriosa, l’afrore delle muffe si fonde alla frescura.
L’ho visto fare anche a mio figlio, prima che la bocca si chiudesse, in un masticare di legno spezzato e graffiar di spine. Gridava e gridava. Un raglio impazzito che non copriva il rumore d’ossa sbriciolate e pelle squarciata.
Poi nulla. Silenzio. Solo grilli e cicale.
Aveva otto anni e non trovarono nemmeno i vestiti. Per qualche tempo m’incolparono: non parlavo più.
In campagna, non sono tornato mai.
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In previsione della mia sparizione sto svuotando il desktop, e nel desktop ci sono anche i file con le idee per le storie. Robe tipo una frase sola, che mi viene in mente e che mettevo lì, in attesa. Quindi adesso per svuotare li prendo e li scrivo corti, così, al volo, senza pensarci tanto su. Alcuni li regalo a destra e a manca, qualcuno mi resta e non so che cazzo farne. Così mi sono ricordato che è un cifra che non vi metto una piccola storia di gelo, qui sul blog, e allora ci metto questa. Il file si intitolava “bosco che mangia” e nasce dal fatto che le strade, d’estate, talvolta sembrano tanto dei tunnel, delle gole, che ho sempre paura mi inghiottano. Un tempo. Tanto valeva scriverci una storiellina.
Nick Parisi.
Secondo me potresti anche rimpolparlo un poco, sono convinto che verrebbe fuori un gran bel racconto.