"La gondola fantasma" di Gianni Rodari***

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"La gondola fantasma" di Gianni Rodari***

Sono perseguitato, credo, dalla maledizione del non riuscire a starmene un pomeriggio al sole tranquillo. Costicazzo di lavori intersecati è da due anni che non faccio ferie, e non vedevo l’ora che arrivasse oggi pomeriggio, ché finalmente ero libero.
E indovinate? Brutto tempo. Solo oggi.
Ieri sole che spacca, domani sole che spacca.
E lunedì? Lunedì pomeriggio uguale, avrei voluto ma niente, e allora vabbè, siccome era solo nuvolo, ho optato per un giro in bici, che insomma, male non fa, ma non è la stessa cosa.
Fatto sta che mi sono portato dietro questo piccolo libro per ragazzi, che ho rubato con l’intento di leggere tutte quelle cose belle che da piccoli si leggono e io no. Rodari è una di queste.
Che dire… mi è piaciuto.
Anzi, scartabellando in rete ho trovato una rece dove riportavano uno dei passaggi che più mi erano piaciuti, di questa fiaba fantasiosa veneziana illustrata, qui, in questa edizione, da Altan.
Ve la copincollo, così anche voi leggete.

“L’inseguimento durò un paio d’ore. Per tutto quel tempo Arlecchino, senza cessar di remare vigorosamente, cercò invano di spiegarsi il mistero di un’imbarcazione vuota come una scodella leccata da un cane che filava a discreta velocità, scegliendo con grande sicurezza la sua strada nella ragnatela dei rii, dei canali e dei ponti veneziani. Siccome però a pensare si stancava troppo, finalmente concluse: «Sarà il diavolo che la fa andare. Messere Belzebù, per favore, vogate un po’ più piano perché le braccia cominciano a dolermi».”

Carino, vero?
Quella similitudine lì è proprio bella, azzeccata e vivace e c’è qualche altro passaggio, di questo tipo, anche se poi, va detto, la fiaba si limita più a farsi raccontare, che a farsi guardare.
Vi dico, tra l’altro, che è stata ripubblicata nel 2011, ma risale, La Gondola fantasma, alle puntate del 1955, su un giornale di nome Pionieri, poi ripubblicata nel ’74, poi ripubblicata nel ’78 come libro per la prima volta. La mia copia Einaudi assieme ad altri illustrati da Altan per questa collana della Einaudi Ragazzi è del ’94. Di che parla?
Arlecchino è a Venezia e vede una gondola fantasma, per ordine di Pantalone la insegue, la raggiunge ma il motivo per cui non lo ottiene e Pantalone si dispera. Viene così a sapere tutta la vicenda, che parla di un Alì Badalùc sanguinario e poco paziente, un astrologo Bacuc, furbo e sgaio, una nave turca a Venezia per liberare dai Piombi l’educatissimo e rispettabilissimo figlio del Califfo di Bagdad.
E poi c’è Colombina e arriverà anche Pulcinella, e in un’avventura rocambolesca le maschere del carnevale contro le macchiette saracene ci porteranno a una fine che è come è iniziata, con una gondola fantasma, con un’avventura che si snoda attraverso l’Adriatico (Ancona, Chioggia, Venezia…) 
Di bello cos’ha? Il mestiere dello scrivere per ragazzi, nel senso di essere schietti, diretti, limpidi e alla fine chiari senza cadere in eccessiva semplificazione e troppe paranoie sul realismo della storia. Ci sono i saraceni e ci sono le maschere del Carnevale classico, ma anche le guardie di Piombi di Venezia, il consiglio dei Dieci, e insomma, è una fiaba, e tale resta sempre. 
Ci sono i salti temporali e il Rodari che li gestisce rivolgendosi direttamente al lettore. Per esempio, a fine capitoletto, mette cose così: 

“Ma adesso che, oltre ad aver fatto la conoscenza con due personaggi molto importanti per il seguito della nostra storia, abbiamo capito perché una nave corsara si stia avvicinando rapidamente a Venezia, facciamo un salto avanti e rieccoci sulla gondola con la quale Arlecchino e uno sconosciuto personaggio in maschera inseguono la gondola fantasma.

Che insomma, sono cose istruttive per chi comincia a leggere, che poi ti permettono di avvicinare i bamboccini a testi più complessi. Poi, boh, basta così, i disegni di Altan sono nel suo stile e non sono tantissimi ma molto colorati e fanno bene a dare quel piglio scanzonato alla storia che permette al Badaluc di dire cose terribili (tipo tagliare teste e lasciare appesi a farli mangiare dagli uccelli) senza che nessuno si inorridisca e anzi, ci si faccia una risata. Libercolo godibile, quindi, anche da un pandolo come me, che in quel pomeriggio là, di lunedì, di quelle uniche due ore che mi sono ritagliato al parco, mezza l’ho passata a dormicchiare sulla panca, mezza a fissare il gelsomino e scriverci uno haiku e un’ora a leggere questo, preoccupandomi persino un po’ per la sorte di Arlecchino, che come tutti sanno, è la maschera preferita di quelli che amano i colori. E allora vi saluto così, con la Pimpa, che di colori se ne intende.

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