"Doppio sogno" di A. Schnitzler****

"Doppio sogno" di A. Schnitzler****

Non che sia importante, ma diciamo che se siete di quelli che vi piacerebbe sempre vedere il film avendo – prima o dopo – aver letto pure il libro, ecco, sapevatela, ‘sta cosa.
E potete anche farlo, come ho fatto io, nonostante il fatto che legga sempre meno (ma scrivo di più, il che va bene) perché più che un romanzo è una novella (che poi il titolo in lingua originale è proprio così) ed è lettura corta, anche se devo dire assai densa.
E’ un classico, in ogni caso, e se lo leggete capite il perché. Siamo abituati, temo, a un valore sempre minore, o comunque a una sempre maggiore ricerca dell’easy, a scapito di un qualcosa che magari non è immediatamente fruibile, ma che cerca e trova temi profondi e comunque dà spunti di non immediata assimilazione… quante stronzate vado dicendo eh? No, dài, dicevo solo che non è che ti puoi leggere questo Doppio sogno di Arthur Schnitzler mentre guidi, come faccio con il manuale di criptozoologia, e nemmeno mentre correggi compiti in classe, come faccio con i Dylan Dog vecchi… ti ci devi dedicare. 
Chiaramente, posso anche capire che alcuni temi siano meglio compresi da chi ci capisce qualcosa di Freud, e di inconscio, tanto che, questa novella, da più parti è indicata come una sorta di contraltare freudiano narrativo. Io non sono tra questi, e mi devo accontentare. Per me, doppio sogno, è stato un sottile e azzeccato racconto su come siamo, veramente, e su come uno squarcio di luce sul nostro dentro sia pericoloso, per il nostro fuori.
Fridolin è forse il protagonista vero del romanzo, per quando sua moglie, Angeline, alla fine compia il medesimo percorso. Siamo a Vienna, siamo in una Vienna-bene, un medico, una famiglia modello, o meglio, che ha raggiunto il benessere morale, con tanto di adorata figlia, abitudini, vivere pacifico e negli schemi dei benestanti di inizio secolo. Eppure basta una chiacchierata, un battibecco con qualche confessione, quasi uno scherzo innocuo tra i due coniugi, per far aprire una falla che poi rischia di far crollare una diga intera e travolgerli.
Avete presente quando è pericoloso parlare con le vostre fidanzate di ex e cose che avete fatto un tempo?
Ecco.
E grazie a questo, Fridolin, comincia un viaggio che dura una notte e che lo porta a contatto con almeno tre realtà diverse dalla sua, ma dalle quali non riesce a prendere le distanze.
La figlia dell’uomo che muore, per esempio, che sa esser invaghita di lui. O certo, non le dà retta, diciamo, ma è più per caso, che per scelta, e a dirla in parole povere, alla fine, si ha la netta sensazione che se la tromberebbe, così, tanto per. 
Poi ha a che fare con una puttana, che sembra essere in pericolo, una bambina, per altro, e lui, certo, vuoi chenon cerchi di tirarla fuori dai guai, ma poi, con quale convinzione? Con quale diritto? Pochi, vi dirò, è questo che si capisce. E poi capite che lo fa più per sè, che per lei.
E poi c’è il ballo in maschera, il mistero, la donna che lo salva, nuda, una situazione dalla quale non riesce, ancora una volta, ad allontanarsi e dalla quale si fa letteralmente travolgere. Torna a casa dalla moglie al mattino ed è l’ultima cosa che voleva fare, ma poi, ci sarà redenzione, per Fridolin e i suoi comportamenti che, da sogno, sono invece diventati reali? Sì, perché alla fine, tocca ammetterlo, Fridolin è quell’uomo lì, quello di quella notte, con poco rispetto per molte cose ed egoista, che ha desideri repressi e nascosti che non sono propriamente adeguati a posizione e morale. Insomma… Fridolin è non solo personaggio, ma simbolo. E’ facciata, è ciò che siamo veramente… Non siamo, invece, noi uomini soprattutto, Angeline, che alla fine ha solo la differenza di andare a dormire e di non avere occasione per dare il via ad azioni sconvenienti, perché sì, non si sa se le cose non si sarebbero aggiustate o definitivamente guastate. Il tema principale complessivo, ora che ci rifletto, sono le maschere. Le nostre.
Poi, chiaramente, a cercare bene ci trovate davvero molta mitteleuropa del primo Novecento, soprattutto, credo, nell’amico di Fridolin, pianista tanto eccentrico quanto bravo, che entra nella sua vita quella notte, per caso, e lo trascina a un ballo mascherato (ma anche di nudità) che segnerà parecchio il nostro protagonista.
E’ una via di mezzo tra un giullare e un cattivo consigliere, il nostro amico Nachtigall, ed è la scintilla che fa prendere una certa direzione ai fatti. 
Ma il cuore del romanzo, senza dubbio, è la tensione che c’è alla festa, il mistero, questa donna che salva Fridolin da non si sa bene cosa perdendo se stessa per sempre. Il mistero. Io, dal libro, non ho percepito erotismo, devo essere sincere. Il sesso sì, latente, c’era sempre e anzi, i momenti in cui era meno presente o diciamo pure assente erano proprio quelli in cui compariva la coppia. Ma poi sì, è nella testa di Fridolin praticamente sempre, eccetto quando chiacchiera con l’amico. E sesso fa rima con tensione e con mistero, anche questo è da dire. Vi sto rompendo le palle? Sì, secondo me sì. Vi devo dire, però, che non sono entusiasta di questo libro a livello soggettivo. Non è, lo dico senza nascondermi, una lettura che fa per me, ma questo non toglie che non ne possa riconoscere la bellezza e la profondità, e questo, anche se non fa per voi, è un libro bello e pure profondo.
Basta chiacchiere, vi devo copincollare, anzi, digitare, un pezzettino, così avete una idea migliore di ciò che sto parlando. Ecco, vi copio l’inizio del capitolo III, così conoscete un po’ meglio i pensieri del nostro Fridolin.

Davanti al portone Fridolin alzò gli occhi verso la finestre che aveva aperto poco prima; le imposte oscillavano lievemente al vento quasi primaverile. Coloro che erano rimasti di sopra, i vivi come il morto, gli sembravano ora spettralmente irreali. Aveva l’impressione di essere sfuggito non tanto a un’avventura, quanto piuttosto a un malinconico incantesimo che non era riuscito a soggiogarlo. L’unica conseguenza era una strana avversione a ritornare a casa. La neve per le strade si era sciolta, a destra e a sinistra si vedevano piccoli mucchietti di un bianco sporco, le fiammelle a gas dei lampioni oscillavano; da una chiesa vicina rintoccarono le undici. Fridolin decise di trattenersi ancora un po’ nel tranquillo angolo di un caffè vicino a casa sua, prima di andare a dormire, e s’incamminò attraverso il parco del municipio. Sulle panchine in ombra sedevano qua e là coppie abbracciate, come se fosse già veramente primavera e l’ingannevole aria calda non fosse pregna di pericoli. Su un
a panchina stava disteso un uomo piuttosto cencioso, il cappello tirato sugli occhi. Se lo svegliassi, pensò Fridolin, e gli dessi i soldi per procurarsi da dormire stanotte? Ah, a che servirebbe, rifletté ancora, allora dovrei provvedervi anche domani, altrimenti non avrebbe alcun senso e alla fine si potrebbe pensare che io abbia con lui dei rapporti equivoci. Accelerò il passo come per sfuggire il più presto possibile a ogni specie di responsabilità e di tentazione.

E direi che con questa pagina, chiudo. Si potrebbe dire tante cose, e forse la più rilevante da dire è che, parlandone, mi sono visto riaffiorare moltissime cose e quasi mi pareva impossibile che tutti questi fatti e pensieri potessero essere stati contenuti in una novella così corta. Ecco, questa densità, forse, è la migliore qualità.

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