"Doppio sogno" di A. Schnitzler****
Davanti al portone Fridolin alzò gli occhi verso la finestre che aveva aperto poco prima; le imposte oscillavano lievemente al vento quasi primaverile. Coloro che erano rimasti di sopra, i vivi come il morto, gli sembravano ora spettralmente irreali. Aveva l’impressione di essere sfuggito non tanto a un’avventura, quanto piuttosto a un malinconico incantesimo che non era riuscito a soggiogarlo. L’unica conseguenza era una strana avversione a ritornare a casa. La neve per le strade si era sciolta, a destra e a sinistra si vedevano piccoli mucchietti di un bianco sporco, le fiammelle a gas dei lampioni oscillavano; da una chiesa vicina rintoccarono le undici. Fridolin decise di trattenersi ancora un po’ nel tranquillo angolo di un caffè vicino a casa sua, prima di andare a dormire, e s’incamminò attraverso il parco del municipio. Sulle panchine in ombra sedevano qua e là coppie abbracciate, come se fosse già veramente primavera e l’ingannevole aria calda non fosse pregna di pericoli. Su un
a panchina stava disteso un uomo piuttosto cencioso, il cappello tirato sugli occhi. Se lo svegliassi, pensò Fridolin, e gli dessi i soldi per procurarsi da dormire stanotte? Ah, a che servirebbe, rifletté ancora, allora dovrei provvedervi anche domani, altrimenti non avrebbe alcun senso e alla fine si potrebbe pensare che io abbia con lui dei rapporti equivoci. Accelerò il passo come per sfuggire il più presto possibile a ogni specie di responsabilità e di tentazione.