Fun Cool! – 9^ edizione – I racconti in gara

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Fun Cool! – 9^ edizione – I racconti in gara

1) La destra funziona

Non c’è un cazzo da fare, è inutile che i medici insistano con questa storia della sindrome dell’arto fantasma, perché “sa signore, dopo l’incidente può succedere e bla bla bla”, può succedere una sega, io lo so che non è la sinistra a farlo, non ci sono mai riuscito, anche ora che la tengo qui appoggiata al tavolo, la sento quella cazzo di mano destra, la sento per la miseria, oh se la sento, cazzo come godooooooo…

2) Circostanze
Luca andava alla grande, poi sua madre optò per l’aborto.

di Crash

3) Frankenstein 

Quando lo vidi lì, sdraiato sul tavolaccio, un fremito d’orrore mi prese nel vedere come il mostro di Frankenstein costruito coi Lego fosse un’emerita stronzata.

4) Bill Doolin 

Quando ti trovi dal lato sbagliato di una Colt Navy cominci a riconsiderare un po’ di cose, tipo che vita di merda hai fatto finora, qual è stata la cazzata che ti ha condotto fin qui, cause e conseguenze che si rincorrono o qualche stronzata simile, finché alla fine ti rompi i coglioni e pensi che fanculo, non risolverai mai niente pensando, non sei mai stato bravo a farlo, tu sei uno di quelli che prima sparano e poi pensano, non dimenticartelo, quindi smettila di frignare come una troietta in calore, tira fuori quella cazzo di pistola che ti pende dalla cintura e poi vediamo chi dei due rimane a faccia in giù a baciare la polvere, perché in fondo sei sempre tu, William Doolin detto Bill, e questo nessuno te lo toglierà mai, nemmeno se stavolta dovesse essere l’ultima, che lo sai che finirà così, una pallottola e via, è giusto, eppure ogni volta ti chiedi se sarà quella buona o se invece ci sarà un altro duello, un’altra rapina, un’altra Colt Navy vista dal lato sbagliato, come se sapessi fare altro, Bill, come se conoscessi un altro modo di essere, di vivere, di amare, di odiare, di uccidere, e allora ci dai un taglio e ti decidi, hai un solo tentativo, bang, lo sparo risuona nella piazza, la polvere si dirada e tu sei ancora lì, cazzo se sei ancora lì, le gambe divaricate e la Colt Navy che sembra parte di te, pronto per la prossima pallottola, l’ultima, oppure no, chissà. 

5) Doppio colpo di scena

Tintinnio di chiavi: precipitevolissimevolmente rifugiò l’amante nell’armadio; panico: il marito, dimenticato l’impermeabile si diresse proprio verso l’armadio; impallidita, inerme, rassegnata al peggio, non potè che svelare il suo piccante “scheletro”: Laura, che languidamente uscì, nuda e scapigliata; lui senza scomporsi, ma alquanto intrigato, piacevolmente sorpreso e un tantino arrapato, suggerì, “ma un triangolo, no?”
di Daniela Z.

6) Via dalla pazza Terra 

– Antonio vieni qui, corri: anche la luna non si fa più vedere: come vola la navicella; dai ragazzi datevi da fare, io devo stare in plancia; mollate gli ormeggi, la calotta buia ci sta inghiottendo… la vita terrestre lasciatela perdere: stiamo entrando nell’avventura.


7) Sinossi 

Anna Karenina è una bella donna, moglie di un nobile ricco e altezzoso, soddisfatta di sé, del suo rango, della sua vita, finché non si innamora di un affascinante giovane ufficiale e fugge con lui, abbandonando tutto e tutti, senza curarsi delle convenzioni sociali, attirandosi biasimo, emarginazione e umiliazioni sino a sprofondare in una cupa depressione, con sintomi maniaco-ossessivi e gelosia patologica, che la porta al suicidio e la consegna per sempre al nostro immaginario come una delle più grandi rompiscatole della letteratura russa. 

8) Vorrei che tu venissi 

Vorrei che tu venissi, che finisse questa attesa, che si sciogliesse la tensione, che tutto fosse finalmente compiuto; vorrei che tu venissi, che la notte digradasse al giorno, che le stelle lasciassero spazio al sole, che l’alba ci trovasse addormentati; vorrei che tu venissi, che non fosse più ansia, più incertezza, più paura; vorrei che tu venissi e invece, porca puttana, hai visto: anche stavolta sono venuto prima io!

9) Fra le viscere 

Nelle budella della terra, dagli occhi della Bestia, viaggio insensatamente fra le stazioni di una via crucis blasfema, simulacro di antiche glorie confuse e crudeli, e spargo lungo il cammino larve cieche, acefale, generate nell’oscurità, che all’oscurità fanno ritorno dopo aver invaso la superficie: ma chi me l’avrà detto di studiare da macchinista del metrò? 
di Xabi Xogrâr da plêf

10) Giungla metropolitana

7.30 del mattino, salgo in auto e inizio il percorso verso l’ufficio, non prima di aver accompagnato il bimbo a scuola, facendo slalom tra: mamme addormentate, bambini con protuberanze dietro la schiena degne della gobba di un dromedario, non ultimi nonni felici che regolarizzano il traffico e ti tengono mezz’ora ferma per fare attraversare anche quelli che devono ancora partire da casa; ore 8.00 mi rimetto in mezzo al traffico, eccolo lì puntuale come un orologio svizzero il neo-patentato, scuote la testa a destra e a manca come un ebete mentre traffica sull’autoradio percorrendo anche lunghi tratti contromano e impedendomi di sorpassarlo, riesce perfino a coprire il suono del mio cd, tanto è alto il suo volume, pazienza, impreco e proseguo dietro di lui, finalmente svolta evvai, mi esulto dentro; ore 8,15, l’ora del trattore, avanza lento come un pachiderma ingombra una carreggiata e mezza e non accenna a svoltare verso nessun cazzo di campo, pazienza, impreco ancora e proseguo, eccola sono quasi commossa, la piccola frecciolina sta lampeggiando finalmente si leva dalle palle, arrivo quasi in agonia alla rotatoria vicino all’ufficio nel caos più totale delle 8.20, faccio per immettermi quando arriva sfrecciando ai trecento all’ora, il classico pensionato con tanto di cappello calato sugli occhi, (mi chiedo come faccia a vedere oltre il suo naso) gode come se fosse arrivato al primo posto del gran premio e dopo 30 secondi, giusto il tempo di passarmi davanti, mantiene un’andatura di 20 km orari per tutto il resto del tragitto, ma a lui che gliene frega tanto ha il tutto il tempo che vuole, non importa, pazienza impreco ormai anche in aramaico antico, vedo il traguardo a tiro; 8,25 mi volto per un nano secondo verso il finestrino, mi rivolto e sbam, ho appena tamponato il veicolo davanti a me, non ci credo, esasperata scendo dall’auto, sbatto le ciglia da cerbiatta e rivolgendomi al signore che ho appena tamponato, con molta nonchalance dico: ma che cazzo ti metti la retromarciaaaaa!? 
di Luisa Lajosa
11) “C’era una volta”, dicasi anche “Indovina indovinello” 
C’era una volta un affarino piccolo piccolo – una cosina quasi invisibile – che pur essendo così striminzito e dall’aspetto apparentemente insignificante, si credeva davvero molto importante, perché era diventato improvvisamente richiesto da tutti, in mille occasioni diverse, apparso com’era, ripetutamente, sulle pagine dei giornali e citato con frequenza sempre più assidua (ma spesso fuori luogo), da letterati e scrittori moderni; sapeva raccontare storie dal ritmo sincopato, parlando in modo diretto ed incisivo; era capace di semplificare discorsi troppi articolati, quando altri si perdevano in inutili sperequazioni e arzigogolate discussioni; si divertiva immensamente ad approfittare delle sue capacità come segno di superiorità, per poi offrirsi – generosamente – ogni qualvolta fosse necessario trarre d’impaccio individui dotati di scarsa capacità espressiva o fragile conoscenza della lingua; e in tutto questo – nonostante fosse garanzia di un pensiero agile e sintetico – non si accorgeva che la sua influenza eccessiva aveva un pessimo ascendente, perché impediva la costruzione di solide architetture, frutto di una più lenta meditazione e di uno spirito di osservazione più ricco: era, insomma, un cosino piccolo piccolo, tanto pieno di sé da avere il brutto vizio di pretendere sempre e comunque l’ultima parola, anche quando l’ultima non sarebbe dovuta essere.
di Stefania Di Cesare

12) Analoghi gesti, illogici guasti 

Anna è seduta al bar nel pigiama color ciclamino; questa mattina ha spento la sveglia, ha socchiuso gli occhi, ha afferrato il pugnale da sotto il cuscino e si è tagliata la gola; ora Anna, al bar della stazione, aspetta il suo treno. 
di Eliana Mora

13) La colpa è solo sua 

Fu davvero un gran giorno quello in cui John Banale, dopo un acceso diverbio con la talpa del suo giardino, decise che era finalmente giunto il momento di guardare le persone negli occhi: si accorse che l’intera consapevolezza del mondo si può leggere in un semplice sguardo, e fu felice, davvero felice, e si sentì per un istante un po’meno banale, e rise, rise per anni interi, John Banale, perché poteva sperare in un futuro migliore, nell’unione dei popoli, nella pace e nel bene comune: vedeva i bambini correre e sapeva che da grandi avrebbero trovato un lavoro, una moglie fedele, sarebbero diventati padri e madri a loro volta, e poi nonni pronti per una vecchiaia serena, per una morte dolce a chiudere il cerchio della vita; e John Banale per la prima volta si sentiva parte di un Progetto, di un disegno più grande in cui tutti erano coinvolti per uno scopo, tutti, ma proprio tutti: finché un maledetto lunedì mattina incontrò LUI, la macchia del sistema, il punto nero su quel mare di bianco; e John Banale non rise più: mentre osservava esterrefatto il ciclope strabico, capì che la realtà era tutta un’altra faccenda, capì finalmente il motivo per cui ogni cosa in ogni dove stava andando letteralmente a puttane. 
di Diego Cocco

14) Sale e pepe q.b. 

Hänsel lanciò alla sorella il sorriso birichino delle idee geniali: la vecchia nel forno volteggiava sullo spiedo come una ballerina arrostita, altro che casetta di marzapane. 
di Roberto Ciardiello 

15) Appetito post-atomico 

Barcollando nel tanfo marrone della decomposizione, l’orda si trascina anche oggi fin da Mario: fa il miglior cranio umano alla coque di tutta Roma. 
di Roberto Ciardiello (bonus) 

16) Shinigami 

Il samurai lavò con cura la lama della sua katana: sapeva che erano attratti dall’odore del sangue, e quella notte voleva riposare; l’indomani avrebbe ricominciato a ucciderli, no, a liberarli dalla loro fame inumana. 
di Fithz Hood 
17) Quasi amici 
“Saremo ancora amici, nonostante tutto” sussurrai, mentre guardavo il piccolo segno di spunta sul suo profilo Facebook sul mio smartphone, e infilavo ripetutamente il coltello tra il collo e le sue scapole, per separare definitivamente il suo corpo dalla sua anima. 
di Olleno 
18) Non sembrava una gran cosa 
La caduta fu breve, l’atterraggio morbido: quello che lo uccise fu che il resto del suo corpo era ancora attaccato alla ghigliottina.

19) Cuore Strano

Aveva capelli morbidi la Strana, talmente morbidi che non stavano nei fermagli, ciocche vive le si incollavano al viso come fruste e aveva il cuore duro, talmente duro che da quando le avevano strappato il figlio dalle braccia non aveva mai più versato una lacrima; camminava all’alba sul ciglio della strada ed era la Strana, perché i piedi le dolevano e continuava a camminare, perché faceva lavori da uomo per pochi soldi, perché in tutta la sua miseria aveva sempre la faccia in vista e gli occhi spalancati, mentre con la mano del cuore lanciava sassi appuntiti.

di Solo Mè (MLT)

20) Il blocco dello scrittore 
Non poteva partecipare al Fun Cool, gli dispiaceva, ci aveva il blocco, no, non era che gli stava antipatico, è che ci aveva il blocco, ma perché non lo voleva capire, non stava a fare il prezioso, il superiore, avrebbe partecipato volentieri se non ci avesse avuto il blocco, il blocco, il bloccooo… urlava verso il cellulare agitando disperato la mano destra insanguinata, irreparabilmente stretta nella tagliola. 
21) Reso 
“Non si comporta affatto come diceva lei” disse al commesso che gliel’aveva dato, “torna sempre troppo stanco, mi tira le ciabatte, non ha ancora capito cosa mettermi nella ciotola e non sono neanche sicuro che possa pagarmi il veterinario: non potrei vederne un altro?” 
di Vlad Sator Sandrini

22) Tutti in scena!

La ragazza, in procinto di maritarsi con il grassottello della quarta fila, si specchiò alla sua sinistra, sorridendo estasiata al suo profilo voluttuoso, mentre il fustacchio della seconda fila da destra le rimirava il culo e il dracula pallido e dentuto davanti a lei le tette; tutto sommato le recite scolastiche, nonostante si fosse arrivati già alla terza e ultima scena, avevano il loro perché: quello di costruire le mignotte di domani e i perdenti di oggi.

23) Sono sempre stato molto curioso

Sono sempre stato molto curioso e per questo ho aspirato all’immortalità, per vedere, scoprire e studiare lo scibile umano; ora che ho esaudito il mio desiderio, ora che sono giunto alla fine del tempo e so davvero tutto, posso finalmente morire e dimenticarlo.

24) Ultimatum alla Terra

L’Ambasciatore della Federazione Galattica è sceso sulla Terra per avvertirci che in ottemperenza al Normativa 121/k del Trattato di Saquesk sulla Guerra Interplanteria, i Kla’ark ci concedono un lasso di tempo per prepararci alla loro invasione, ma se ne è andato prima di poterci spiegare a quanto corrispondo i “12.42 selori” che abbiamo a disposizione. 

25) Gioventù bruciata 

Nessuno si preoccupò della velocita crescente con cui i ragazzi attraversavano le varie tappe della vita, fino al giorno in cui i bambini cominciarono a nascere morti. 

26) L’ultimo Haiku 

Il tenente di vascello amante degli haiku Adam G. Ficcadenti, G come Gino in onore degli avi capresi, si ricordò, sorridendo dietro la maschera e mentre apriva il paracadute, delle parole del suo vecchio, di quando, serio e compunto, iniziava la paternale con un figliolo ascoltami perché come Paganini non ripeto, ma paradossalmente lo faceva almeno una volta al mese, e cominciava ricordando ad Adam di dimenticare di essere uscito da Annapolis, di mettere in cantina il corso SERE (Survival, Evasion, Resistance and Escape), di soprassedere su tutte le minchiate e di ascoltare l’unico consiglio del rottame del Vietnam, un consiglio semplice peraltro, che lo intimava, in caso di incursione in territorio nemico, a fidarsi del sergente anziano, ossia di mandare all’aria i gradi e le gerarchie e di ascoltare la voce dell’esperienza, e Adam seguiva eccome l’omone Oliver Cartwright, che atterrò in territorio georgiano quindici secondi prima di lui, subito dopo, a valle di un breve cenno con la mano, il commando si riunì intorno ad Adam per osservare, in lontananza, l’oleodotto da sabotare nella Prima Guerra per l’Energia, e nessuno in quei momenti fece caso a un ululato lontano e sordo, o forse non vollero, perché avrebbe significato dar peso alle dicerie, alle leggende sussurrate a fior di labbra che riferivano di esperimenti russi con lupi e uomini condotti prima nell’isola maledetta di Vozroždenie, da qualche parte nel Mare d’Aral, e poi a San Pietroburgo, eppure forse l’ascolto avrebbe potuto salvare loro, perché poco dopo un gruppo di uomini-lupo, sì, uomini-lupo, li aggredì e fece strame di loro e del loro comandante, Adam Gino Ficcadenti, il quale si stupì molto che l’ultimo pensiero, mentre la bestia, chiamiamola così, gli rovistava le interiora fu un haiku, una cosa strana: Gelo Stellato 
e la luna rischiara 
orrido lupo 
di Massimo Bencivenga

27) Web Cam
Si erano conosciuti nel forum di un sito per amanti dell’horror, c’era stato un feeling immediato, avevano gli stessi gusti in fatto di cinema, di musica, di cibo, di sesso; a entrambi piacevano i giochi a tinte forti così cominciarono a scambiarsi foto, prima esitanti poi sempre più audaci, dopo qualche giorno si ritrovarono seminudi davanti alla web cam, era diventato un gioco eccitante; finché quella sera maledetta, mentre Lui si slacciava i pantaloni pronto a mostrare di più, Lei non fece in tempo ad avvisarlo, scorse un bagliore metallico e poi una lama lo trapassò, frugando avidamente tra le viscere, alle spalle la fidanzata tradita che, col suo sguardo folle, la fissò dallo schermo del pc: «Sto arrivando da te». 


28) Speme 

Quando il Cielo scomparve gli uccelli disimpararono a volare, rafforzarono le loro zampe e si misero a scavare la terra per trovare l’Inferno, convinti che, se l’avessero trovato, il Paradiso non doveva essere lontano. 
di Cristina

29) Dagli occhi di una zingara

Vedo tutte queste persone vestite in modo strano, in giacca e cravatta, che ogni mattina corrono, si incazzano, mi guardano male e odiano la vita; prendono la metropolitana come fosse il “codino” di una calcinculo e non hanno neanche il tempo di sentire una canzone.
di Luca Romani

30) L’estasi e il tormento
Allora vediamo, ho smesso di fumare da centodue giorni, ventitré ore, trenta minuti, diciotto secondi, venti decimi, sette centesimi, un millesimo, anzi due, no tre, quattro, cinque, sei tu che mi hai detto che passato qualche giorno non se ne sente più il bisogno?
di Auro Trivellato
31) Cannibali
Senti, facciamo così, che tu esci a fare la spesa, mentre io sistemo il letto e metto a bollire l’acqua, così quando torni buttiamo la pasta e ti riscaldi subito, anche se fuori c’è tormenta, il tempo di metterti qualcosa di asciutto e la pasta è pronta, sì, mi sembra una giusta soluzione, non sarà mica un problema uscire con due gocce di pioggia, un po’ di vento, d’altronde qualcosa sotto i denti dopo tanto sesso ci sta bene, però non guardarmi così, adesso basta dai, dai, basta, dai, aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaargh!

di Oceanomare

32) L’inseguitore
Lo seguo tra la folla rumorosa con moto di disperazione, ragionando, intuendo, sapendo che la distanza che ci separa è la materia di cui entrambi siamo fatti: lo raggiungo e lo sfioro, gli restituisco la cartella color senape salutandolo per l’eternità, mentre la mia giovane esistenza si strugge e indugia tristemente sul punto che metterà fine a tutto.
di Andrea Piras

33) Non ho voglia di scrivere

Non ho voglia di scrivere: scrive chi non ha sepolto del tutto le sue radici; chi fugge dal suo presente per perdersi nel tempo che non conosce ne il prima ne il dopo; scrive chi nasconde il suo passo pesante e narciso tra fiotti d’inchiostro, o chi ancora non sa attendere la propria morte: l’ultima ancella  che un giorno prenderà pure lui per mano a passo di danza.
di Nello Malisano
34) L’ombra dal passato
Ridevano tutti tranne me, di gusto e in modo sguaiato, come altre volte non avrei esitato a fare, ma questa volta non capivo, le risate erano irritanti e mi sentii un pesce fuor d’acqua, non trovai nulla di divertente in quelle frasi, e le viscere mi si rivoltarono quando mi accorsi che l’uomo sul palcoscenico ero io, solo con trent’anni di meno, molto prima di andare in pensione.
di Ipazia Luna

35) Lo schifo
Gli faceva schifo la fila interminabile alle poste, lo scontrino della spesa inchiostrato delle ore del suo merdoso lavoro, gli faceva schifo, ecco, pure il lavoro, e il suo capo figlio di papà viziato ignorante che gli fracassava le palle un giorno si e l’altro pure; anche i suoi gli facevano schifo, che non tendevano mai una mano in suo aiuto, e gli faceva schifo il bar in cui ancora non lo conoscevano bene e poteva permettersi di farsi fare credito, così da annegare nell’alcool lo schifo del mondo che per lui non aveva nemmeno un pezzo di fica in cui affogare il suo cazzo; vivere, questo, gli faceva schifo, e così pensò alla morte: no, non nel senso che voleva ammazzarsi, piuttosto nell’altro, quello della pistola in mano con cui decise di ammazzare tutti.

36) Nel blu dipinto di blu
Tranquilla tra le lenzuola sfatte, lo fissava leccandosi le labbra e accarezzandosi il ventre rigonfio; dormire con il demonio era indecenza – così le avevano sempre raccontato entrambe le sue nonne – ma non le sembrava proprio che a lui fosse dispiaciuto, visto che quei suoi occhi immensi e blu continuavano a fissarla come al culmine del piacere, anche se adesso – ops, probabile incidente di percorso, ammise con se stessa – erano molto ma molto meno vivi e blu.
di Paola Preziati


37) Errore di miraggio narcisista.
Quando il gran divo morì, decise che non si sarebbe consegnato all’oblio senza concedersi un ultimo vezzo da primo della classe e con fare altezzoso sputò nell’occhio a Dio, ma si mancò.

38) Memorie d’autore

Quando, in qualità di ospite d’onore all’ultima convenscion dei “Prosatori da corrida”, mi chiesero in quale occasione mi fossi reso conto di saper scrivere, ci pensai su e risposi che era dalla prima elementare che sapevo scrivere e che non ero sicuro ma mi pareva di ricordare che la prima parola che avevo scritto nel primo giorno di scuola fosse stata “rosa”, così, una volta tornato a casa, per verificare l’attendibilità delle mie memorie, recuperai in soffitta il mio quaderno di prima elementare che giaceva dimenticato da oltre cinquant’anni in una cassapanca trovandolo ampiamente smangiucchiato dalla muffa, tanto che la prima pagina era tutta rosa e allora esclamai cazzo come scrivevo in grande!

39) Il possessore del Vuoto

Scendi in città, il terzo giorno del terzo mese, hai solo trentatre minuti dell’ora in cui incubi e sogni si danno il cambio nel sonno degli uomini, sii veloce e cauto, vestiti di bianco per confonderti con la nebbia, vestiti di nero e sarai inghiottito dal mangiatore d’anime; trova la chiesa che non noti mai, ha due campanili muti, il rosone spezzato e un unico muro di pietra rossa, controlla, c’è un mattone sbrecciato col tuo nome inciso; bussa tre volte, voltati e vai lungo la via che porta fuori città, sentirai una voce, non voltarti, sentirai una mano che ti sfiora i capelli, non gridare, sentirai un nome antico nell’urlo di una strega, girati; alla tua destra c’è una porta rossa, in una casa senza finestre; entra, una signora vestita di rovi ti offrirà fiori, ti dirà i loro nomi, non crederle; rifiuta i gladioli, respira il profumo degli ibis ma non toccarli, c’è una rosa viola dal gambo spezzato, raccoglila e la donna te la regalerà con una lacrima; prosegui nel corridoio, la prima porta conduce al dolore, gira a destra, la seconda porta conduce al pensiero, bussa e allontanati in fretta, la terza porta è aperta, la stanza nera con un tavolo di legno, una porta chiusa e in piedi un uomo sottile, dita sottili, collo lungo e la testa piumata con un lungo becco adunco, in mano un mazzo di carte; ti dirà di giocare con lui, ogni partita persa saranno anni gettati, vincine una e s’infurierà, negagli la rivincita, urla il nome della strega, diverrà cieco, corri verso la porta, ti inseguirà, appoggia la rosa sulla serratura e chiedi ciò che vuoi, apri la porta e gettati nel vuoto; ti sveglierai in una città senza una chiesa, senza una strega e senza una rosa; nelle mani dalle dita sottili stringerai una statua nera dalla testa di ibis.
40) Trastulli Metropolitani

Un gioco mattutino divertente, un trastullo da noia (sulla) metropolitana, le guardo tutte, una per una e mi chiedo se stanotte l’hanno fatto; ieri davvero è stato grandioso, c’era la morettina solita, lei è già su quando salgo, aveva lo sguardo stranito di chi, alla fine, l’aveva fatto; poi ho notato che la tipa bionda che non si siede mai aveva le mani che ancora tremavano; per non parlare della rossa scipita che si tormentava le braccia come per punirle dopo tanta morbosità: troppe possibilità comunque, non tutte uccidono un uomo ogni notte.
di Pierandrea Formusa

41) La Soglia

Dentro di me la certezza del pericolo incombente fu palese e allora iniziai a correre; il corridoio sembrava infinito e la paura di non farcela mi attanagliava le viscere, correvo, correvo e la fine non arrivava, stavo perdendo la speranza quando finalmente andai letteralmente a sbattere contro la porta che avrebbe sancito la mia salvezza, invece le parole che udii giungere da oltre la soglia decretarono la mia implacabile condanna: «E’ Occupato!»
di Masca Micilina 

42) Women’s logic
Se mi piaci ti ignoro
43) Priorità
Forse un giorno potrò dimenticare, ripensare a questo momento con orgoglio, con soddisfazione e prodezza d’animo, memore di quanta sofferenza ho evitato al mondo intero; ma adesso, mentre guardo il sangue uscirle a fiotti dalla gola lacera, lei, con il suo ventre gravido, che avrebbe dato vita al peggior criminale che l’umanità avesse mai visto, non posso fare a meno di pensare che il viaggio era di sola andata, ne sono conscio, e sapendo che toccherà a me ripulire tutto questo macello mi chiedo se nella Germania del 1889 esista già un buon detergente.
di Narratore

44) Gli ultimi saranno i primi
Il giovane concorrente si mosse con cautela verso il palco, aggirando le statue secolari della grande sala in cui si svolgeva la premiazione, saltellando tra i cadaveri distesi sul pavimento di marmo, e raggiunse i giurati quasi scivolando sulla pozza di sangue ai piedi dello scranno, poi si voltò emozionato verso i fotografi ascoltando le parole del presidente della giuria che gli porgeva la mano, i grumi di rosso vivo che spiccavano sulla trasparenza diafana delle dita:
“E, come disse qualcuno, last but not least o anche gli ultimi saranno i primi, ecco a voi il vincitore… prego gli assistenti di preparare gli attrezzi per sublimare l’evento, ma prima un applauso per questa bellissima affermazione del nostro giovane artista, che, capirete, non riuscirà mai più a ripetersi in questo modo avendo raggiunto il suo apice…” 
di Luigi Brasili

45) La vita
Dall’ormeggio all’approdo il giro del mondo.

di Brunaccio

46) The darkest side of the moon
Roger smanetta assorto da ore con sintetizzatori e loops, Richard e David ondeggiano la testa seguendo il suono che si dilata, questa roba spacca, pensano, tocca a Nick andare a prendere le birre in frigo; gennaio 1973, troppo caldo per essere inverno, riflette spalancando una finestra, guarda fuori e la sua bocca forma una O sghemba, il tempo si ferma, la schiuma esplode dalle bottiglie e fa un lago sulla moquette: c’ è qualcosa di indefinibile ed antico, un gorgo oscuro e malvagio che si sta mangiando tutto il cielo su Londra e comincia ad inghiottire pezzo per pezzo la città, e lui si volta allucinato verso gli altri e grida perdìo che cosa abbiamo fatto?
di Paolo Rozzi
47) Meglio tardi
Non mi stupirono tanto i messaggi di accorato saluto, anzi, direi che li accolsi con una certa tenerezza, ricevuti dal cellulare di mia madre, una volta riacceso, alcuni giorni dopo il suo funerale; mi stupirono piuttosto le risposte, che io non avevo mai scritto, salvate tra i messaggi inviati: non immaginavo la mia vecchia potesse sfoderare una tale varietà di insulti e profondità di cattiveria.
di Emanuela Marangone

48) Accontentarsi
Avrebbe voluto sbrilluccicare come il fighetto che tanto piaceva alla sventola del piano di sotto, ma doveva rassegnarsi a essere un banale e classico vampiro della Transilvania: fu così costretto ad attendere l’estate e, quando lei lasciò aperta la finestra in una calda notte d’agosto, si intrufolò nella sua stanza per farla a pezzi. 
di Kendalen 

49) DSA
La sidelssia è una disalibità dell’appremindento di origine neurogiolobica, catteririzzata dalla difficoltà a etteffuare una lettura accurata e da scarse alibità nella striccura
di Aenigmistae
50) L’ultima vergine del villaggio
Salvata proprio all’ultimo, esattamente quando i denti del giovane vampiro toccavano già il suo collo bianco e morbido; salvata da una voce imperiosa che aveva gridato da non lontano: “Idiota, sei così ingenuo da compromettere la tua immortalità, perché questa ragazza non è l’ultima vergine del villaggio!” e il giovane vampiro allora la lascò, e ad avvicinarsi fu il vecchio, sì, quello che al villaggio, da quando vi si era insidiato, era stato visto dai villici sempre con sguardi malevoli e antipatici, il vecchio che a quanto pareva conosceva l’identità e la reale natura del mostro che nelle ultime settimane aveva mietuto vittime fra le bambine del villaggio; il vecchio che ora, malgrado tutto, arrivava a separare il vampiro da lei, lei che pure fu presa da un senso di riconoscenza, e che stava lì lì per esplodere in lacrime e ringraziarlo, quando la bocca rugosa si aprì in un ghigno rivelando canini aguzzi e gialli, prima di sentirgli dire ancora: “Tu devi guadagnare l’immoralità con le vergini, delle quali al villaggio ne è rimasta una sola… ma io limmortalità l’ho già… lascia quindi a me quest’ancora tenera cagna in calore!”

di Gargaros
51) Meglio pensarci prima
Osservando il cadavere decapitato del suo nemico, si rese conto di essere l’unico immortale rimasto sulla faccia del pianeta e iniziò a soffrire di solitudine.

di Ferdinando Sicuranza
52) Per il Vincitore
Procurati 6/10 di Gordon Gin, 2/10 di Aperol, 1/10 di Vermouth dry Martini, 1/10 di Fruit Vodka Pompelmo , mettici uno spruzzo di scorza d’arancia, trasferendo il tutto nel mixing glass, servendo nelle coppette da cocktail, decorando con un ciliegina e cercando di essere felice come una banana.
di Roberto Bob Orsetti
53) Inferno
E fu sera e fu mattino: lo stesso giorno.

54) Narcofinanza 

Quando ebbe finito di scavare la buca piantò la pala, si asciugò il sudore, era madido come una spugna di autolavaggio, e alzò lo sguardo: la pistola puntata alla sua fronte lo convinse del tutto che aveva sbagliato mestiere.
di Fabrizio Vercelli 

55) La velocità è nulla senza controllo.

La donna, stivali e corpo nudo esibiti al deserto, sdraiata di schiena sul telo sporco di sabbia teneva la pistola, metallo argento scintillante sotto i bagliori rosseggianti di un quasi tramonto, stretta tra due mani, puntata sulla pancia di Billy the Kid, laddove il suo sguardo, condito da disprezzo e desiderio, puntava invece sul viso paonazzo dell’uomo che inginocchiato tra le sue gambe divaricate la penetrava con un movimento lento e disperato, mentre lei lo canzonava con tono allegro: ti consiglio di non mostrarmi la tua fama di pistolero più veloce del west; fai partire il tuo colpo prima che cali il sole, e ti ritroverai con un chilo di piombo nello stomaco, cowboy dei miei speroni.
56) L’uomo con la neve
Seduto in fondo alla sala c’è un uomo sulle cui spalle sembra gravare il peso di una fitta nevicata, ha una cartellina fra le mani: sono referti medici, fogli A4 con scarne righe di testo, e una foto dove è ritratta una casa immersa fra nebbia e neve, come fosse sospesa nel nulla, messa giù con pochi tratti di china incisi nel bianco; immaginare l’uomo che scruta i referti appressarsi a quella piccola casa, stona, a guardar bene infatti, nell’immagine che gli trema fra le dita c’è una donna dietro alla finestra non lui, la stessa donna che, dentro al tubo per l’esame diagnostico, è tornata bambina; l’uomo con la neve, la barba incolta e le rughe intorno agli occhi, crolla dentro le lacrime che fino a un momento prima ha nascosto: la neve attorno alla casa inizia a sciogliersi, lasciando spazio a una fanghiglia viscida e a un gorgo nero che fa morire.
di Rebecca Arcobaleno
57)Legàmi

Dentro la scatola i giorni di buio assoluto si alternano a spiragli di luce calda e polverosa; ogni volta che il coperchio viene sollevato braccia e gambe si agitano e tintinnano e brividi corrono lungo le schiene delle marionette, intrecciate in un’unica speranza: lasciare quel vecchio palcoscenico e liberarsi, come il prodigioso burattino senza fili che da tempo le aveva abbandonate.
di Alessandra Parise

58) Figli e figliastri
Il guaio di lavorare nell’impresa di famiglia è che, anche se capisci che tuo padre s’è rincoglionito, oramai non puoi mollare, altrimenti il giorno che stira lascia tutto a quella lì e al moccioso nuovo, e infatti io ho continuato a presentarmi in falegnameria, a fare lo stronzo col marmocchio e a dire sissignore al vecchio masticando amaro: tiravo il fiato solo al sabato quando me ne andavo al mare, così la volta che mi sono ritrovato lo scimmiotto fra i piedi anche lì in spiaggia l’avrei preso a schiaffi; invece quello m’ha strizzato l’occhio e m’ha messo in mano una vongola mezza aperta, e giuro, dentro c’era una perla troppo grossa per poterci stare, roba che guardavo quella e vedevo quattrini, e dopo un po’ che mi lustravo gli occhi ho visto il moccioso che rideva in piedi in mezzo all’acqua e mi sono detto che, forse, qualcosa di buono in quel Gesù ci poteva pure stare.

di Michela Z.

59) Tulipani
Me ne sto all’angolo della strada di fronte all’edicola, un mazzolino di tulipani da dieci euro nella destra… (nota mentale: non farti più mettere la carta crespa colorata, hai tutte le dita imbrattate di rosso) …e aspetto Dora fuori dall’ufficio anche se tanto per cambiare è in ritardo, altro che le cinque e mezza… ah no, eccola lì che spunta dal cancello, saluta le colleghe spostandosi una ciocca dalla fronte, poi sbircia il cellulare e s’incammina a passo svelto venendomi incontro… porca miseria quanto sta bene, ancora più bella di stamattina quando è uscita di casa… (nota mentale: lasciale un post-it sul parabrezza, scrivile qualcosa tipo “sei radiosa”) …quindi vado verso di lei trattenendo il fiato, al momento giusto scarto un passante e le sbuco proprio di fronte… ci blocchiamo, facciamo quel balletto ‘passa lei, passo io’… mi rivolge un “ops, scusi” e io le lascio strada col mio sorriso preferito, quello che mi fa le rughette attorno agli occhi, e il mio cortese “no, scusi lei”, mentre annuso avido la scia d’aria che porta con sé, e con la destra stritolo il mazzolino… (nota mentale: Dora, appuntamento diciotto, voto 6 e mezzo, qualche parola scambiata, profumo d’iris) …finché non mi supera di slancio – ignara – e un attimo dopo ha già voltato l’angolo; schiaccio i fiori a testa in giù in un cestino dell’immondizia, tra cartacce unte di fast food, e mi avvio in direzione opposta, verso casa, ché ho un po’ di cose da preparare: stasera appuntamento con Eva, domattina Flavia, poi Guenda nel pomeriggio…

di Gigistar

60) Amnesia
Stava lì sopra lo strapiombo, sotto i piedi nudi sentiva pochi metri di roccia gelida prima del vuoto, qualche passo più avanti e sarebbero stati ancora meno, ancora un passo e non avrebbe sentito più nulla; un brivido lo scosse, si voltò e tornò a casa dove lo aspettava tutto ciò che lo aveva spinto lì.

di Julixxx

61) Gaia

Strizzando l’ultimo fazzoletto intriso di lacrime, pensò che la crisi idrica era ormai acqua passata.
di Elena Barni

62) Fine senza fine
…trafitto dalla lama, cadde agonizzante sul tasto d’avvio della macchina del tempo che, caso volle, fosse impostata su cinque secondi prima, quando, trafitto dalla lama…

di  Ross & Dragon

63) Uno strano account
L’appuntato si presentò davanti al maresciallo con una espressione da basset hound appena abbandonato da un padrone, e quando parlò le cose non migliorarono affatto dal momento che disse con la voce stridula dal panico: “Maresciallo siamo nella merda, mi dice come faccio a raccogliere prove se il nostro sospettato è una persona invisibile e impalpabile, visto e considerato che non è presente su Facebook o Twitter, tantomeno su Tumblr e Pinterest, men che meno su Google + o LinkedIn, non esiste su Badoo e Meetic e, ho controllato per scrupolo, neanche su Second Life e My Space, ma ha solo un account Bebo?”

di Massimo Bencivenga

64) Pacchi a sorpresa
C’è da aprire una nuova scatola, non sto più nella pelle, chissà se stavolta dentro c’è quello che voglio; è ben chiusa, la incido con il coltello e taglio in tutte le direzioni, non importa se rovino l’incarto; faccio tagli lunghi e tagli corti, tagli puliti e profondi; infilo le dita, tasto nervosamente il contenuto e lo tiro fuori: carne, cuore, fegato, reni, intestino; butto via tutto, questa roba sanguinante non mi interessa; cerco ancora ma non la trovo, niente da fare anche questa puttana non ha l’anima; per consolarmi stavolta mi porto via un rene e me lo mangio domani a pranzo, un pezzo però lo spedisco alla polizia in un bel pacco con un biglietto:”dal vostro Jack the Ripper”.

di Cily


65) L’interruttore
Era stata lei, da sempre, ad avere il controllo del loro rapporto, così il giorno in cui era cresciuto l’interruttore, sul suo collo, lei aveva detto “Posso premerlo?”, ma non era una domanda, il suo dito era già lì e click, non era successo nulla, o forse era successo tutto, perché lei aveva detto “I-N-C-R-E-D-I-B-I-L-E, sei stato lì per tre ore, fermo nell’esatta posizione di quando ho premuto” e, in effetti, fuori era già sera, e da quella sera, quando lei aveva bisogno di tempo per pensare a una risposta, o non lo voleva tra i piedi (magari lo tradiva, chissà), o voleva fargli un dispetto, fingeva una carezza e click, lo lasciava di sasso, giorno dopo giorno erano sempre più le ore di vita che gli rubava e lui, anche se era stata sempre lei ad avere il controllo e ora ne aveva anche di più, desiderava solo lasciarla, ma lei minacciava che l’avrebbe spento e non l’avrebbe acceso mai più e lui s’immaginava come una bambola o un soprammobile, poteva essere un ottimo appendiabiti ad esempio, e allora decise che sì, era così, l’avrebbe uccisa, era l’unica soluzione, anche se l’amava ma anche la odiava, però l’avrebbe uccisa, sì, e quando era lì con il coltello e lei era lì con le lacrime agli occhi, le mani legate perché non facesse click, vide che qualcosa stava spuntando sulla sua faccia, spostandole l’orecchio un po’ avanti, così invece del pugnale allungò la mano e fece click, e lei si spense, e nelle ore che seguirono, con lei immobile, lui pianse pensando che il loro rapporto era proprio uno schifo, se per rimanere insieme dovevano spegnersi a vicenda.

di Noemi Turino


66) The last movie
Si dice che al momento della morte si veda la propria vita scorrere interamente davanti agli occhi, ma egli mai aveva immaginato che fosse proiettata all’incontrario: alla fine la luce che aveva visto per la prima volta all’uscita dall’utero fu inghiottita nuovamente da quelle calde tenebre silenziose.

di Luca Mencarelli

Comments

  • Daniela Z.
    2 Marzo 2014

    Ecco il mio racconto, Raffaele 😉 abbi pazienza…ci sono per per divertirmi e per fare numero ;-)))

    DOPPIO COLPO DI SCENA
    Tintinnio di chiavi: precipitevolissimevolmente rifugiò l'amante nell'armadio; panico: il marito, dimenticato l'impermeabile si diresse proprio verso l'armadio; impallidita, inerme, rassegnata al peggio, non potè che svelare il suo piccante "scheletro": Laura, che languidamente uscì, nuda e scapigliata; lui senza scomporsi, ma alquanto intrigato, piacevolmente sorpreso ed un tantino arrapato, suggerì, "ma un triangolo, no?"

    reply
    • 2 Marzo 2014

      ma scherzi!? Questi sono i miei preferiti! divertimento e volume! yeah!!!

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  • 3 Marzo 2014

    Certo che paint fa miracoli ultimamente… 😉

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  • 3 Marzo 2014

    ahahahahahahahahahah, eh, Gian lo sa usare benissimo!

    reply
  • 3 Marzo 2014

    VORREI CHE TU VENISSI

    Vorrei che tu venissi, che finisse questa attesa, che si sciogliesse la tensione, che tutto fosse finalmente compiuto; vorrei che tu venissi, che la notte digradasse al giorno, che le stelle lasciassero spazio al sole, che l’alba ci trovasse addormentati; vorrei che tu venissi, che non fosse più ansia, più incertezza, più paura; vorrei che tu venissi e invece, porca puttana, hai visto: anche stavolta sono venuto prima io!

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  • 3 Marzo 2014

    La vedo ardua, tutti belli i racconti letti finora 🙂
    Ciao
    Luisa

    reply
  • Anonimo
    5 Marzo 2014

    il mio racconto Gelo 🙂

    CUORE STRANO di Solo Mè (MLT)
    Aveva capelli morbidi la Strana, talmente morbidi che non stavano nei fermagli,
    ciocche vive le si incollavano al viso come fruste e aveva il cuore duro, talmente duro che da quando le avevano strappato il figlio dalle braccia non aveva mai più versato una lacrima; camminava all'alba sul ciglio della strada ed era la Strana, perché i piedi le dolevano e continuava a camminare, perché faceva lavori da uomo per pochi soldi, perché in tutta la sua miseria aveva sempre la faccia in vista e gli occhi spalancati, mentre con la mano del cuore lanciava sassi appuntiti.

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  • 6 Marzo 2014

    Famo numero, và 😀

    La ragazza, in procinto di maritarsi con il grassottello della quarta fila, si specchiò alla sua sinistra, sorridendo estasiata al suo profilo voluttuoso, mentre il fustacchio della seconda fila da destra le rimirava il culo e il dracula pallido e dentuto davanti a lei le tette; tutto sommato le recite scolastiche, nonostante si fosse arrivati già alla terza e ultima scena, avevano il loro perché: quello di costruire le mignotte di domani e i perdenti di oggi.

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  • 7 Marzo 2014

    Ecco il mio contributo:

    Gioventù bruciata

    Nessuno si preoccupò della velocità crescente con cui i ragazzi attraversavano le varie tappe della vita, fino al giorno in cui i bambini cominciarono a nascere morti.

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  • 8 Marzo 2014

    L’ultimo Haiku

    Il tenente di vascello amante degli haiku Adam G. Ficcadenti, G come Gino in onore degli avi capresi, si ricordò, sorridendo dietro la maschera e mentre apriva il paracadute, delle parole del suo vecchio, di quando, serio e compunto, iniziava la paternale con un figliolo ascoltami perché come Paganini non ripeto, ma paradossalmente lo faceva almeno una volta al mese, e cominciava ricordando ad Adam di dimenticare di essere uscito da Annapolis, di mettere in cantina il corso SERE (Survival, Evasion, Resistance and Escape), di soprassedere su tutte le minchiate e di ascoltare l’unico consiglio del rottame del Vietnam, un consiglio semplice peraltro, che lo intimava, in caso di incursione in territorio nemico, a fidarsi del sergente anziano, ossia di mandare all’aria i gradi e le gerarchie e di ascoltare la voce dell’esperienza, e Adam seguiva eccome l’omone Oliver Cartwright, che atterrò in territorio georgiano quindici secondi prima di lui, subito dopo, a valle di un breve cenno con la mano, il commando si riunì intorno ad Adam per osservare, in lontananza, l’oleodotto da sabotare nella Prima Guerra per l’Energia, e nessuno in quei momenti fece caso a un ululato lontano e sordo, o forse non vollero, perché avrebbe significato dar peso alle dicerie, alle leggende sussurrate a fior di labbra che riferivano di esperimenti russi con lupi e uomini condotti prima nell’isola maledetta di Vozroždenie, da qualche parte nel Mare d’Aral, e poi a San Pietroburgo, eppure forse l’ascolto avrebbe potuto salvare loro, perché poco dopo un gruppo di uomini-lupo, sì, uomini-lupo, li aggredì e fece strame di loro e del loro comandante, Adam Gino Ficcadenti, il quale si stupì molto che l’ultimo pensiero, mentre la bestia, chiamiamola così, gli rovistava le interiora fu un haiku, una cosa strana:
    Gelo Stellato
    e la luna rischiara
    orrido lupo

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  • 13 Marzo 2014

    Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  • 13 Marzo 2014

    Lo schifo

    Gli faceva schifo la fila interminabile alle poste, lo scontrino della spesa inchiostrato delle ore del suo merdoso lavoro, gli faceva schifo, ecco, pure il lavoro, e il suo capo figlio di papà viziato ignorante che gli fracassava le palle un giorno si e l'altro pure; anche i suoi gli facevano schifo, che non tendevano mai una mano in suo aiuto, e gli faceva schifo il bar in cui ancora non lo conoscevano bene e poteva permettersi di farsi fare credito, così da annegare nell'alcool lo schifo del mondo che per lui non aveva nemmeno un pezzo di fica in cui affogare il suo cazzo; vivere, questo, gli faceva schifo, e così penso alla morte: no, non nel senso che voleva amazzarsi, piuttosto nell'altro, quello della pistola in mano con cui decise di ammazzare tutti.

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  • 13 Marzo 2014

    Oh, sto ipad mi fa impazzire… manca l'accento sulla o finale di pensò, perdonami. Argggh

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  • 15 Marzo 2014

    Ecco il mio.
    La Soglia.
    Dentro di me la certezza del pericolo incombente fu palese e allora iniziai a correre; il corridoio sembrava infinito e la paura di non farcela mi attanagliava le viscere, correvo, correvo e la fine non arrivava, stavo perdendo la speranza quando finalmente andai letteralmente a sbattere contro la porta che avrebbe sancito la mia salvezza, invece le parole che udii giungere da oltre la soglia decretarono la mia implacabile condanna: «E' Occupato!»

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  • aenigmistae
    15 Marzo 2014

    DSA

    La sidelssia è una disalibità dell'appremindento di origine neurogiolobica, catteririzzata dalla difficoltà a etteffuare una lettura accurata e da scarse alibità nella striccura

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  • 15 Marzo 2014

    Meno male che l'hai ricondiviso su faccialibro, va… me ne stavo dimenticando! Sì, lo so, sono un bambino cattivo.
    Eccolo:
    Accontentarsi
    Avrebbe voluto sbrilluccicare come il fighetto che tanto piaceva alla sventola del piano di sotto, ma doveva rassegnarsi a essere un banale e classico vampiro della transilvania: fu così costretto ad attendere l'estate e, quando lei lasciò aperta la finestra in una calda notte d'agosto, si intrufolò nella sua stanza per farla a pezzi.

    reply
  • 15 Marzo 2014

    Ricevuti! Ricevuti tutti!

    reply
    • 16 Marzo 2014

      Vedo ora un orrido "transilvania" con la minuscola. Si può chiedere una correzione al volo, mettendo la T maiuscola? 🙂

      reply
    • 16 Marzo 2014

      ma certo! faccio subito!

      reply
  • Roberto Bob Orsetti
    15 Marzo 2014

    Per il Vincitore

    Procurati 6/10 di Gordon Gin, 2/10 di Aperol, 1/10 di Vermouth dry Martini, 1/10 di Fruit Vodka Pompelmo , mettici uno spruzzo di scorza d'arancia, trasferendo il tutto nel mixing glass, servendo nelle coppette da cocktail, decorando con un ciliegina e cercando di essere felice come una banana.

    reply
  • 16 Marzo 2014

    Uno strano account

    L’appuntato si presentò davanti al maresciallo con una espressione da basset hound appena abbandonato da un padrone, e quando parlò le cose non migliorarono affatto dal momento che disse con la voce stridula dal panico: “Maresciallo siamo nella merda, mi dice come faccio a raccogliere prove se il nostro sospettato è una persona invisibile e impalpabile, visto e considerato che non è presente su Facebook o Twitter, tantomeno su Tumblr e Pinterest, men che meno su Google + o LinkedIn, non esiste su Badoo e Meetic e, ho controllato per scrupolo, neanche su Second Life e My Space, ma ha solo un account Bebo?”

    reply
  • 18 Marzo 2014

    Il racconto di Brunaccio numero 45 ha solo il titolo
    Il racconto si trova sulle domande. Se ti va di inserirlo?

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