"Io esisto?" di Valerio Monti (epub)**(*)

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"Io esisto?" di Valerio Monti (epub)**(*)

Oh, ciccipucci, è primavera e non esiste più la mezza prigione, ho appena portato l’auto per il tagliando da 200 e passa euro, ieri mi sono tagliato i capelli per soli 10euro, l’altro ieri ho fatto 16 km di corsa e runtastic non ha registrato un cazzo, ma non ho speso un euro e martedì ho rifatto la patente per quasi 100euro, e lunedì… boh, non so, qualcosa avrò fatto anche lunedì, in mezzo alle cose quotidiane, e sicuramente sarà stato vicino a qualchecosa euro… Insomma, era per dire che basare una comunità sociale su soldi e lavoro è una cosa triste, ridicola e penosa, ma tant’è, da qualche migliaio di anni abbiam fatto così e non ci potete fare molto. 
Ma  veniamo al post di oggi::
– è da un po’ che ho finito questo ebook e non ve ne ho parlato
Valerio Monti, l’autore, è un fun cooler, e già questo me lo fa stare simpatico, poi è scrittore onesto, e questo è gran merito, e poi è persona umile e non permalosa. Per me, basterebbe questo per meritarsi una lettura. 
Se siete dalla parte di chi bazzica l’undergroung letterario con queste qualità, potete già comperare su amazon il suo ebook, Io esisto? edito da Lettere Animate Editore, per un’euro e pochi spicci.
Ma perché vi dico bene di questo ebook? Perché è bellissimo? No, non lo è. E’ un lavoro onesto, con dei difetti, che persegue un’idea, forse non del tutto originale, ma lo fa nel modo giusto.
Però vi devo raccontare delle cose, anzi, sapete che faccio? Vado a cercarmi lo scabio di mail tra me e Lerio, e ve lo copincollo ad hoc. (e caro autore, lo sto che sto violando la tua privacy e bla bla bla, ma come direbbe una mangusta a un cobra: Non mi rompere il mazzo).
Allora, premessa: l’ebook mi è stato dato a scopo recensione.
Io come al solito, lo saprete, fatico ad accettare, in quanto non ho abbastanza tempo per. Però c’è chi me lo vuole dare lo stesso e mi dici, eh, oh, se lo leggi ben, sennò pace, amen.
E io, nella mia pazzia del leggere mentre guido, alla fine ho cominciato proprio questo, ché per un centinaio di pareva gestibile… mi sbagliavo! Ecco cosa ho detto a Valerio quando ho ricevuto il suo Fun Cool e ho riconosciuto il nome:
Ehila! proprio tu! ma io ti ammazzo eh!

e indovina perché?

Sto cercando di leggere il tuo ebook!
ma porcocan, faccio una fatica bestia, da quanto è verboso 🙂 
 comunque sappi che lo finirò e allora sì che ti manderò a fun cool 😀 e quindi hai fatto benissimo a partecipare prima tu e prevenirmi! 😀 😀

E poi gli ho anche detto delle d eufoniche di troppo, che non sono un male assoluto, ma è meglio non metterle, e più che altro fanno capire che l’editore non è molto sgaio. Immaginavo si arrabbiasse, o che so io, siccome tra gli scrittori esordiente ce n’è di quelli che uccidono per molto meno.
Invece, udite udite? Mi ringrazia! E discute, cosa che poi non fanno molti. Tra le altre cose, mi dice:
C’è anche da dire che non l’ho mai concepito come lettura “facile” e in certi casi è volutamente ripetitivo e ossessivo, però qualche svista c’è, inutile negarlo.

Vabbè, ti ringrazio per la lettura e l’impegno che ci metti. Prendo i consigli e porto a casa. Sono curioso anche del giudizio finale, fosse anche una stroncatura pesante. Non me la prendo 🙂

E io, chiaramente, siccome mi mancavano una decina di pagine alla fine, allora gli ho detto quel che mi rendeva difficile la lettura fino a quel momento. Tenete presente che il plot del racconto è quello di una prima persona che ci racconta del suo isolamento, voluto, in un appartamento, che dura da anni, a finestre chiuse, senza mai vedere il sole e con il minimo contatto necessario con l’esterno per la sopravvivenza. E allora ecco cosa gli rispondo:
ahahaha, si, tranquillo, tutto ciò che mi dici lo avevo già capito. e si vede che l’hai riletto milioni di volte. 

e ho anche capito benissimo l’intento ossessivo e la descrizione delle piccole manie.

Il discorso che non sia una lettura facile non deve ingannarti, però: difficile non deve voler dire pesante.
anche se non l’ho finito, e aspetto di vedere se nella stanzetta della vecchia babbiona magari c’è un cadavere, ma temo di no, ti posso dire questo:
potresti fare (ma non farlo eh, si fa per dire) un esercizio- Metti un file di excel e per ogni colonna segnati ogni volta che dici una certa cosa.
ci sono cose che dici tante di quelle volte che ammazzeresti qualunque lettore, perché l’ossessività non si rende dicendo più volte che un personaggio (ossessivo) fa una certa cosa. 

Seguono una serie di altre considerazioni che prendono le mosse da queste. Ecco, Valerio mi risponde che aspetta la fine, per rispondermi, e ha ragione. In effetti il finale rimette in discussione le mie considerazioni e parzialmente avevo torto. Non nel senso che il libro non era pesante, ma nel senso che, tale pesantezza, era giustificata dalla coerenza interna del romanzo. Perché
Torniamo al nostro protagonista, la figura centrale attorno a cui tutto ruota.
Veniamo a sapere, pian piano, come trascorra la sua vita, da molti anni a questa parte. Rinchiuso a leggere i libri del padre e sentendo in continuazione le parole di biasimo della madre, genitori entrambi morti. Punto di svolta, si vedrà, è una inaspettata visita di un amico, che non sapeva nulla di lui e di quello che gli era capitato. Ma cosa gli era capitato? Un incidente. Non vi sto a dire cosa, ma non andate a cercarvi cose incredibili, una brutta esperienza e stop, robe non frequenti, ma che posson capitare, da ggiovani. E da lì ecco che, con un padre morto e una madre iperprotettiva, invece di superare il trauma, il nostro eroe entra in una spirale di solitudine, chiusura, apatia che lo porta al totale isolamento.
Ossessioni, dunque, sono loro che gli riempiono la vita. Gli orologi con il loro ticchettio, i pochi ricordi, alcuni eventi sublimati e cristallizzati che portano la sua mente da una fragilità sfigurata e una fin troppo forte estrema reazione. Si convince, almeno inizialmente, di non aver bisogno, di essere in una situazione che, pur senza un perché, è possibile e gestibile. Non c’è una vera e propria coscienza di “qualcosa che non va” per il protagonista. Oh, certo, il senso di inferiorità verso un padre che ha letto e posseduto una biblioteca sconfinata, o verso una madre che gli fa provare un senso di colpa a ogni negligenza, quelli ci sono, e sono forti, ma non sono rilevanti. Alla fine, il protagonista supera il primo leggendo (a caso) di tutto e in qualunque lingua, il secondo rimanendo apatico, violando le regole, spostando gli orologi…
Seppur lento, involuto, ossessivo… c’è un viaggio che porta il lettore dentro una sorta di complessa azione di suicidio mentale, una astrazione completa dalla realtà.
Possibile? Ci si chiede.
Ma… diciamo che, benché il buon Valerio ci dia tutti gli elementi per rendere verosimile un tale isolamento, si fa fatica a crederci. I contorni della vita, se vuoi avere radio e tv funzionanti, acqua calda, telefono e cibo, sono così tanti che davvero – per quanto uno possa parlarmi di domiciliazioni bollette e via dicendo – non è facile pensare a un isolamento totale, chiusi ermeticamente in casa, che duri anni e anni. Qualcosa, mentre leggi, scricchiola, a livello di verosimiglianza. Certo, se uno avesse internet… ma qui non c’era.
Poi?
Quel che dicevo sopra, nel pezzo di mail. Vi dico che la pesantezza, le ossessioni, il fare e rifare la stessa azione, il descrivere la stessa cosa in tre modi diversi ogni volta, ecco, vengono giustificati dal finale. Che non vi dico. Anzi, vi sconsiglio  di leggere tutta questa rece che ho trovato in quanto spoilera di brutto, rendendo la lettura completamente diversa e peggiore. Il finale non si può dire, anche se, okay, lo ammetto, l’ho trovato banale. Ma almeno ha dato un senso a tutto il resto, e à giustificato la mia lettura portando a più di qualche riflessione.
Alla fine, vi avverto, è una storia triste, come è giusto che sia. Il confine tra solitudine e apatia e incerto e molte volte queste sono mescolate, in una ricerca di senso che viene sconfitta in partenza. 
Non si ha mai, e questo è un merito, la sensazione e voglia di dire al protagonista: Reagisci cazzo! Dai!
Perché? Perché alla fine è piuttosto arbitrario pensare che il suo mondo sia migliore del nostro, che esistiamo, fra stress e superficialità. Il narrante di questa storia non è profondo o calmo. Semplicemente non è. E la sua scelta, noi, non la faremmo nemmeno pagati.
Chiudo sulla forma. Si fa fatica, a leggere queste righe, perché sì, siete costretti a entrare nella mente di un individuo affetto da patologie psicologiche non indifferenti. Purtroppo, io sono sempre un lettore, e a sentirmi ripetere più e più volte la stessa cosa… beh, non sono un santo, mi stufo. Ci sono cose, per esempio, che sembrano inutili abbellimenti. Penso, per esempio, ad alcuni dei libri citati, a volte a me sconosciuti, che probabilmente avevano un significato ben preciso, ma che non mi sarei mai messo certo a googlare nome e titolo per scoprirlo e quindi mi risultavano lì solo perché “fa figo” citarli. 
Idem per le frasi con descrizioni un po’ troppo azzardate, in fatto di aggettivazione, perché l’unico pensiero che ti viene è che chi scrive sarà anche un ossessivo compulsivo, ma non è certo ossessionato da thesaurus di word. 🙂 Insomma… diciamo e concludiamo, che ho fame sete e devo cambiare lavoro, che è un libro che avrebbe guadagnato parecchia leggibilità se fosse stato a tratti più snello, meno gonfio. Non essere di facile lettura non significa essere pesanti, e questo è un suo difetto.
Resta da dire se lo salvo o meno… diciamo di sì, lo salvo, anche perché nel suo complesso, nonostante in più punti l’occhio voglia saltare le righe, ha un senso e una sua identità. 
A volte, forse, basterebbe molto poco a far uscire da questo tipo di isolamente – anche se non fisico – alcuni reietti e alcuni borderline, e vedere la questione dalla loro parte della barricata non mi è dispiaciuto.
Basta, scappo via come coriandolo in una scoreggia di gigante!

Comments

  • 21 Marzo 2014

    Ciao Gelo,
    grazie per la recensione, davvero onesta e che apprezzo molto. Come ti dicevo, non mi pesano (troppo) le critiche, specie quando sono sensate come le tue. Sono contento che tu abbia trovato se non altro la coerenza di fondo a cui vagamente accennavo per mail. E non m'offendo per le mail pubblicate, tranquillo 🙂

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