"Bombay solo ritorno" di Ippolita Avalli***

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"Bombay solo ritorno" di Ippolita Avalli***

Cominciato oggi mattina (mercoledì, per voi che leggete), ché mentre aspetti nelle sale d’aspetto riesci sempre a leggiucchiare, e finito oggi adesso, in pausa pranzo, ché dopo aver corso come follia per ritardare al lavoro solo di un quarto d’ora mi sono ben concesso un caffè e mezzora di pausa.
Temi difficili, in questo libro, e trattati con leggerezza e mestiere.
Sì, questo è un buon libretto per gli young adults, scorrevolissimo, che non lesina di ironia, e con una prima persona credibile, di Yari, un quindicenne, che si chiede, cerca e scopre dov’è suo padre mentre viene a patti con il colore della propria pelle.
Perché quando si è nell’età in cui si odia tutto, e okay, vi ho messo il retro del libro, invece che la copertina, ma solo perché non avevo coioni di riportarmi il libro a casa e scannarla e quella che ho trovato era sgranata o piccolina, quindi insomma, leggetevi il retro o amici come prima. Dicevo, in quell’età, senza riferimento paterno, con una crew, a teggare (che poi io dire taggare, ma insomma, non è che sia un esperto writer e al più di camera mia non tocco uno spray da secoli) in stazione e magari chissà, a farsi domande sulla vita, così vicina e lontana mentre stai in piedi su un cornicione e sotto di te passa un treno.
E quindi capita che ti resta la madre, una madre strana, che ha vissuto per te finora, smettendo con una vita fatta di viaggi in mezzo mondo e a cui vuoi bene ma che ti spiazza, e quasi si fa odiare, con sua arrendevolezza. E sai di essere figlio di un lustrascarpe, okay, ma dentro covi qualcosa che forse boh, è odio?
Ecco. Questi sono i temi, non facili, e forse, almeno per ciò che riguarda il colore della pelle, la si fa anche un po’ troppo facile, perché ora non so, forse è meglio, ma anche se i soldi li hai, una crew che ti accetta del tutto non la trovavi facilmente qualche anno fa. Vediamo di quand’è il libro va…1998… allora sì, non erano ancora tempi con tanto multicolor, nelle scuole, anzi… adesso è tutta un’altra minestra, sia in senso buono, sia cattivo.
Anyway, il libro è ben fatto, costruito attraverso una sorta di flashback sulla vit adella mamma di Yari che te la descrivono come una persona sì, parecchio strana, ma di una stranezza buona, a metà fra gli anni ’60 dei flowers e una mezza donna moderna pronta ad affrontare il mondo di nuovo a 45 anni.
Si naviga, vi dicevo, fra paragrafi gradevolmente seri, a parti più ironiche.
Vediamo se vi trovo un paio di pezzi, uno per tipo, così vi saluto così e passiamo al prossimo Corto.
Ecco, questo, quasi subito:

– Possibile che non ti sia mai andato qualcosa storto? – le ho domandato una volta.
– Anhe se è successo l’ho dimenticato. – mi ha risposto lei. – Nella memoria retano solo le cose belle. Dentro di noi c’è un setaccio e il setaccio filtra ciò che accade. I ricordi sono lo scarto. Quello che resta nel setaccio è la memoria. La memoria è magnifica perché è il presenta.

E per un pezzetto ironico… vediamo…

La cosa avveniva dentro una palestra. Sembrava di stare in un centro della Nasa perché c’era un sacco di gente in camice e alcuni teleoperatori che riprendevano la scena. Il dirigibile era ricoperto di un materiale antinfiammabile argentato, grande come un cucciolo di delfino. Il tizio che comandava l’operazione era anche quello che avevaa preso il comando nel cuore di mia madre. Non appena ci ha visti ci è venuto incontro. Ha dato cerimoniosamente la mano a mamma. Da non crederci: lei è arrossita leggermente. Poi lui ha fatto la cosa che qualsiasi ragazzo vede come fumo negli occhi: mi ha scompigliato i capelli.
– Tu devi essere Yuri, – mi ha detto con un gran sorriso.
Scommetto che si è rifatto i denti, ho pensato. Somigliava a un presentatore televisivo molto conosciuto che mi sta grandemente sulle palle.

E insomma, avete capito, lettura sciolta.
Di valore aggiunto, nell’ultima parte di librettino (in 30-40 minuti questo si legge eh) è una piccola istantanea di Bombay, per darci un’idea di almeno tre concetti: contraddizioni, gigantismo, mansuetudine… come quella che è già citata del retro copertina, chiamandola occhi da toro castrato. Ecco, forse questo il merito maggiore del libercolo è questo: riuscire a far diventare quella espressione da negativa a positiva. Is all. Oggi è venerdì, io restituisco questo e ne piglio un altro, e poi boh, chissà, qualcosa succederà.

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