"Fra noi due il silenzio" di Roberto Denti*

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"Fra noi due il silenzio" di Roberto Denti*

Ragazzi… io ne ho lette di robe brutte, ingenue, irreali, ma irritanti e assurde come questa, davvero poche. Perché mica è scritta male, eh. Ma cazzo… terribile.
E vedo anche, in giro, che il libro è stato ristampato, che ne parlano bene, che lo consigliano nelle scuole, che trovate addirittura una decina di pagine in un pdf, se volete. Insomma, nessuno si accorge di quanto è… brrr.
Ma prima che veniate qui a rompermi i ciglioni perché parlo male di questo “Fra noi due il silenzio“, di Roberto Denti (classe 1924, forse spiega qualcosa) aspettate… vi prego. Aspettate.
Potrei scannarvi una pagina qualunque, davvero, ma ve ne sono alcune che vi fanno venire voglia di tagliare le vene ai bolsi, cerco qualcuna di queste.
Uno dei difetti maggiori sono i dialoghi. Sono assurdi, fuori luogo, irreali, fintissimi, tutti uguali, per altro. 
Vi trovo quelli, ma prima vi inquadro la vicenda. 
Abbiamo un ragazzino, tipo 2-3 superiore, motorino e via, insomma, che si innamora perdutamente della ragazza del tiroassegno, al luna park, di un paio d’anni più grande, con gli ovvi e susseguenti contrasti con la famiglia, con il fratello di lei, con la vita in generale e il distacco dietro l’angolo. Si amano, si amano tantissimo. Fin qui, nulla di male. L’intento non è chiaro, è chiarissimo… si vorrebbe scrivere una storia che aiuti, che permetta, di inquadrare e lenire il razzismo verso gli zingari, con tutti i luoghi comuni verso rom e sinti, con tutte le differenze profonde fra due monti diversi. E invece? Invece si arriva al risultato opposto! Ci sono parti che sono di un becero da far paura che che non fanno nient’altro che mettere in cattiva luce e avallare tutti i luoghi comuni. Perché alla fine, se pensi che gli zingari rubano, chiaramente non solo hai ragione, ma hai ragionissima, se pensi che fanno gli incesti, la cosa si rivelerà vera, se pensi che siano dei trogloditi che abortiscono “arrangiandosi” troverai conferma delle tue supposizioni… E già… alla fine, siccome il finale è drammatico, riesci a essere così in antipatia con i personaggi che gioisci come una Pasqua della pessima fine di una protagonista e della brutta piega che prendono le cose… Insomma… riesco a capire perché questo è uno tra gli ultimi numeri proposti della collana…e ancora non capisco come si fa a pubblicare una cosa così diseducativa… vabbè. continuo dopo, adesso vado a farmi un aperitivo!

Intanto leggetevi il pezzo in cui il ragazzino (che notoriamente, a quell’età, parlano coi genitori e in questo modo) confessa il suo graaaaande amore a casa, e tenete conto che quando lo fa, la tipa, lì, Cirikli (che cazzo di nome, ho capito il significato blabla, ma non ce n’era un’altro che suonasse un po’ meglio? è narrativa, mica cronaca, i nomi si possono cambiare, Cirikli KodaK!), la zingarella, l’ha vista solo un paio volte e da dietro il buio, di nascosto, e le ha parlato solo per giocare al tirassegno, dove per altro è negato.

« Lo so che vi starete chiedendo perché rimango così spesso fuori casa, anche la sera dopo cena. Ilfatto è che sono innamorato e che passo più tempo che posso con la mia ragazza… »
Non ebbi il coraggio di confessare che in realtà mi limitavo a guardarla e a rivolgerle poche paroleogni tanto.
« È una tua compagna di scuola? » chiese mia madre.
« No. L’ho conosciuta per caso. È molto bella e mi piace parlare con lei »
« Innamorato? Sarà solo un’infatuazione, Sergio.
Spesso in questi casi, quando si è giovani, si sbagliano le proporzioni » disse mio padre.
« No » risposi, « sono innamorato davvero e non faccio che pensare a lei ».
Mio padre si alzò da tavola, si avvicinò teatralmente allo scaffale dei libri, ne prese uno che avevo letto an ch’io e scelse con cura una pagina. Cominciò a leggere ad alta voce, con fare arrogante:
« Da dove ti viene questa religione dell’amore? Dove te lo sei beccato questo vaiolo rosa? Cuoricini che puzzano di melassa! Quello che tu chiami amore… nella migliore delle ipotesi sono semplici voglie! Nella peggiore, abitudini! In entrambi i casi, una messinscena. Dall’impostura della seduzione fi no alla bugia della rottura, passando per i rimpianti inespressi e i rimorsi inconfessabili, solo parti da caratterista! Nient’altro che fi fa, intrallazzi, trucchi, eccolo qua il grande amore!
Una sporca gabola per dimenticare chi siamo! E riapparecchiare il tavolo tutti i giorni! Quanto rompi con l’amore! Cambiati gli occhi! Apri le fi nestre! Comprati un televisore! Leggi il giornale! Impara la statistica! Entra in politica! Lavora! E poi ne riparleremo, del grande amore!! »
Avrei potuto controbattere leggendo un’altra pagina dello stesso libro: « Amore non vuol direguardarsi negli occhi, ma guardare entrambi nella stessa direzione ». Con Elisa, non avevo dubbi, succedeva proprio così. Ma preferii non rispondere, non scendere sullo stesso terreno di citazioni letterarie di cui lui si compiaceva e che sfoggiava quando non aveva niente di concreto da dire.

Che dialoghi realistici eh? E che padre colto! Talmente colto, ma così colto che dopo poche pagine avviene un altro dialogo, zeppo di luoghi comuni e infodump di ogni tipo, perché sì, ragazzi, è un racconto, ma bisogna fare didattica eh, bisogna dire cose!
Anyway, questa è la parte dove, per come parla il figliolo (no riesco a chiamarlo figlio, questo alieno) io quasi mi rotolavo dal ridere, e piangere. Vi lascio un estratto che comprende il momento della rivelazione in famiglia, e anche un assurdo brandello di questi due 15-17enni che si telefonano.

– Si, sto quasi bene e fra quattro o cinque giorni potrò uscire e venire a trovarti. Ti amo, ti amo, ti amo.
– Sii molto prudente. È come se mio fratello sapesse tutto di noi, perché mi fa lunghe prediche sull’impossibilità di avere rapporti con un uomo che non sia della nostra razza. È diventato ancora più insopportabile.
– Non importa. Quando si sarà stancato di picchiarmi io continuerò a vederti e a stare con te.
– Non prendere decisioni affrettate. Appena posso ti ritelefono. Ma i tuoi non dicono niente?
– Ci mancherebbe altro. Almeno questa libertà ce l’ho ancora. Ricordati che ti amo e che non penso che a te.

Ebbi l’impressione che mia madre avesse ascoltato la telefonata. Infatti, due giorni dopo, la sera, mio padre affrontò l’argomento, cominciando alla lontana.
– Ho parlato con i tuoi professori: non ho bisogno di incontrarli a scuola. Siamo colleghi ed è sufficiente che telefoni. Meno male, perché mi sono vergognato di te. Sono quasi due mesi che in classe sei distratto. Non fai i compiti e non studi le lezioni e spesso non sei a scuola. Cosa ti succede?
Mi sentivo in colpa. Come spiegare che il primo grande amore della mia vita mi aveva fatto mettere da parte ogni altro intere
sse? Mi sembrò di balbettare:

– Qualche tempo fa vi ho parlato del mio incontro con una ragazza, ma tu non mi hai voluto ascoltare. Questo sentimento mi ha sopraffatto…
Non avevo ancora finito di parlare che mio padre intervenne: – Sei in preda a passioni incontrollate. Stai facendo una grande cazzata e ti comporti da irresponsabile!
– Non è vero, ma se anche fosse, cerca di capirmi e non soltanto di condannarmi.
– Cosa significa capirti quando ti comporti al di fuori di ogni regola e del più banale buon senso? E, almeno, si può sapere chi è la persona che ti ha fatto perdere la testa? Rimasi perplesso, ma poi decisi di raccontare la verità, anche perché non ero preparato a rifugiarmi in una storia falsa: – Si chiama Elisa. Ha due anni più di me. È bellissima e ne sono innamorato.

– Non bastano queste chiacchiere, dimmi di che famiglia è e dove studia.
– Non studia. L’ho incontrata per caso un pomeriggio al luna park dove lavora al chiosco di un tiro a segno di proprietà della sua famiglia. Prima le ero indifferente. Adesso, invece, ricambia i miei sentimenti. Vive in una roulotte in un campo nomadi. ;
– Una zingara’. – Credevo che a mio padre venisse l’infarto tanto il suo viso cambiò colore rapidamente,- dapprima divenne livido, poi paonazzo, poi ancora pallido. Mi scaraventò addosso un mare di parole che mi sommerse impedendomi addirittura di pensare. – Una zingara! Una poco di buono, che lavora con i primi che passano. Magari ti ha detto che è vergine e invece ha l’AIDS. Non ti vergogni? Che vita vuoi che conduca? Certamente non ha studiato e ha girovagato per l’Italia e altri paesi da quando è nata. Non fai più niente a scuola perché ti ha stregato; gli zingari rubano i bambini e conducono un’esistenza di furti e imbrogli. Le donne, poi, vanno in giro a portare il malocchio vestite nei modi più strani. Il tuo grande amore chiede anche la carità e porta un corpetto attillato e una gonna a colori impossibili? Come hai potuto ridurti così?
Ero furibondo: non avevo mai ascoltato un tale concentrato di sciocchezze in cosi”poche parole.
– Intanto comincia a chiamarli nomadi, – lo interruppi quasi urlando, – quando li definisci zingari c’è già un’intenzione di disprezzo. Elisa non chiede la carità, si veste come una ragazza normale e anche se non ha frequentato le scuole ha letto molto. Se la conosceste vi rendereste conto che non c’è differenza fra lei e le mie compagne di scuola, anzi!
– Non dire stupidaggini. Sei irresponsabile, non hai esperienza e dimostri di non avere il senso della misura. Sono tutti cosi” quelli della tua generazione?
Non mi feci scappare l’occasione per dirgli quello che pensavo, indipendentemente da Cirikli:
– Appartengo alla generazione che ha già trovato tutto fatto, ereditandolo da quella precedente: ho quanto di meglio si possa desiderare e quindi non desidero più niente. Tutti i cambiamenti possibili sono già avvenuti, assieme alle rivoluzioni e alle rivolte di ogni tipo. Cosa mi resta da modificare o da voler cambiare? Avere fiducia negli altri? Ma gli altri ci sono, e chi sono? Ho smesso di parlarne anche con i miei amici perché il discorso non porta a nessuna soluzione. Per fortuna ho incontrato Elisa, che ha dato una ragione alla mia vita. Quando mi sento solo, il ricordo della sua voce e del suo sguardo mi aiutano a superare la pigrizia nella quale ero caduto. Tranquillizzati: non sono mai stato disperato. La generazione della quale faccio parte non arriva a tanto.
Mio padre mi guardava stravolto. -Allora, – disse con una voce che non gli conoscevo, – cosa intendi fare?
– Stare con Elisa il più possibile. Se mi terrete in casa non posso che ringraziarvi. Vedrò di darvi il meno fastidio possibile.
Fra mio padre, mia madre e me cadde il silenzio.

Ma è solo a me che atterrisce? Mi atterrisce pensare che una ragazzetta dica “non prendere decisioni affrettate” invece di “non fare cazzate”, e che l’altro demente dica “Questo sentimento mi ha sopraffatto…” ciò, questo è horror! 
E poi tutti i luoghi comuni sugli zingari, i più biechi, detti da uno che dovrebbe essere stato colto, e la figata è che poi, con quello che succederà, si riveleranno tutti più o meno veri. Vi rendete conto che tira fuori, con tanto di immagine, la cosa dei “segni degli zingari”? Avete presente? quella bufala che amano tanto i gomblottisti modello !1!!11!!1, aspettate, che ve la cerco. Eccola! Cioè, capiamoci, ci fa capire che il ragazzetto è entrato dentro la vita dell’accampamento a tal punto da venire a conoscenza di questa cosa, e lui… ce la svela!
E poi altre cose, tipo accenni alle persecuzioni naziste sugli zingari che sono tirate fuori così, senza alcun senso, dal fratello, incazzato come un’ape, per la sorella morta (e seppellita in un paio di giorni, non si sa dove, non si sa come) e che ovviamente era appena uscito di galera e bla bla bla, infodump a manetta.
Insomma… C’è un razzismo latente in ogni riga e non mi capacito di come non ce ne si accorga. E’ ovvio che è in buona fede, la cosa, ovvio che si voleva descrivere una frattura tra due culture differenti, ma quel che ne esce è solo una frattura tra una cultura giusta, la nostra, e una sbagliata, (ladra, incestuosa, retrograda, reietta, malvestita, ecc). Insomma, non butto la croce addosso all’autore, ma se voi doveste pubblicare delle cose come quelle che avete letto sopra, glielo dovete dire, cazzo, che sono assolutamente fuori dal mondo! Alla fine, l’effetto finale, il dramma, mi ha reso felice! Io lettore ho pensato: ti sta bene, maledetti! A tutti! Anzi! Peggio vi doveva andare. 
E non è un buon sentimento da far provare al lettore contro i personaggi di cui ha appena letto. 🙂
Dai, avanti il prossimo corto… questo bocciato, anche se non è da sottovalutare l’impatto didattico: come non scrivere una storia credibile. 🙂

Comments

  • 7 Gennaio 2014

    Il mio pensiero va allo scrittore classe 1924,

    O non ha mai letto un libro uscito negli ultimi vent'anni o lo si tiene com'è.
    Avrà dei santoli alle spalle, azz.!

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    • 9 Gennaio 2014

      mah… in effetti mi ha dato proprio l'impressione di vivere fuori dal mondo 🙂

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