"La mia ombra" di Ruth Starke***

"La mia ombra" di Ruth Starke***

Non ho dormito un cavolo, stanotte, e non è certo per colpa della mia ombra. Anzi, alla fine, la seconda metà del librettino, sapevo già fosse prevedibile, perché a raccontarmi della sua avventura con uno stalker psicopatico era la ragazza in prima persona e quindi – salvo ridicoli colpi di scena del tipo morto che parla – se la sarebbe cavata.
Tra l’altro, quando penso alle parole “la mia ombra” mi viene in mentre quella canzone, di Neffa, ma non era lui, era Palma?, fatemi cercare, così vi dico… no, ho detto una cazzata, Neffa ha cantato la mia signorina, che poi non era proprio una ragazza, mentre ho trovato anche una bimba dello zecchino d’oro, che ha cantato “la mia ombra“. Erano proprio gli ultimi Casino Royale ad aver cantato La mia ombra, bel pezzo, tra l’altro.
Mi è quasi venuta voglia di riascoltare Sempre più vicini… che discone ragazzi… ma come sono finito a parlare di queste canzoni? Ah, sì, il librettino della collana I Corti, di questa tale Ruth Starke, Australiana, il numero 16 della serie, scritto nel 1995, edito nel 1998.
(ah, su spotify ho appena visto che ci sono addirittura  22, dico 22, 10+12 remix di Io e la mia ombra, provo ad ascoltarne alcuni, va)
Parla di stalking, la storia, in tempi in cui la violenza sulle donne che rifiutano non era quello che è oggi. E premesso, non è che oggi ce ne sia di più, e non lo dico io, lo dice la statistica, ma finalmente – anche se in modo non sempre degno –  se ne parla e se ne parla abbastanza. (a volte anche a sproposito, ahime, ma meglio che il silenzio)
Anyway, è un libro positivo, a livello di formazione, perché alla fine mette di fronte la protagonista, una ragazzina, bella, figa, bravissima attrice che interpreta Giulietta, e ammirata da molti, dicevo, la mette di fronte ad alcune domande che è bene che ci si faccia,,,
Aspettate, ve ne cerco un passaggio…

Perché dovrei cambiare le mie abitudini per colpa di un idiota che può permettersi di infastidirmi senza che nessuno gli dica niente?
Perché dovrei cambiare strada per recarmi a scuola la mattina?
Perché dovrei andare a letto con le tende tirate?
Perché devo staccare il telefono quando sono in casa da sola?
Perché mia madre non si decide a darmi ascolto? (Se il padre di Leila venisse a sapere di un ragazzo che pedina la figlia, di notte farebbe la ronda davanti al cancello, armato fino ai denti.)

Banale, sì, ma stiamo parlando di Australia, Adelaide, 1995, adesso, a scrivere cose così, in Italia, siamo molto, ma molto più melodrammatici e dentro la notizia. Tra l’altro è curioso come si mescolino due Mali, per i media attuali, contrapponendoli in modo da farne diventare uno un bene. Il padre di Leila è arabo, turco forse, e Leila, se segue le sue usanze, deve sposarsi uno che le è assegnato dalla famiglia con un contratto, sperando che le piaccia. Ovviamente lei dice che si ammazza, piuttosto, a meno che, certo, non sia bello e ricco. Ma tornando a Slater e Tess, i due protagonisti, non c’è solo la loro vicenda, intrecciata. Il libro comincia con un paragrafetto in media res, dove sappiamo già che Slater rapisce Tess ma non sappiamo cosa le farà, o meglio, lo sapremo presto, già dalla prima lettera di Slater, in corsivo, che inframmezza il diario di Tess. Si agisce sul meccanismo della suspence classico, quello che ti spinge a gridare dentro le pagine: “Ma coglionaaaa, svegliaaaa, ma non lo vedi che è fuori come una caravella! vai dalla polizia! smetti di essere gentile ed educata!
Insomma. avete capito.
Ecco perché lo promuovo, questo racconto. Perché c’è altro, oltre che una classica storia di thrilling con omicida persecutore ossessionato da una vittima che alla fine, lo sappiamo, sarà salvata proprio a un pelo di scimma dal crepare. 
Per dirvene un’altra, per esempio, guardate questo passaggio, che segue quello che vi ho messo sopra, che parla di razzismo, e con un paio di righe ci potrebbe tuffare in una riflessione profonda e lunga:

In questo momento, le uniche cose belle della mia vita sono lo spettacolo e Michael, che si prepara ad essere un superbo Otello (più di quanto mi aspettassi). Gli ho detto che dovrebbe pensare seriamente ad una futura carriera come attore.
Lui mi guarda e scuote la testa. – In quesfo settore le opportunità per quelli come me sono meno di zero – (Michael è di origine aborigena). – Perfino la pubblicità preferisce i neri americani agli aborigeni.
Non ho mai fatto caso a questo, ma devo ammettere che ha ragione.

Visto mai un modello aborigeno? E non mi viene in mente nemmeno un attore, eppure non sono razzista, o meglio, la mia parte inconscia lo è, perché non riuscirei a vedere i tratti somatici dell’aborigeno in certi ruoli, che ne so, in un super eroe, o nel figaccione di turno che si tromba tutte le tizie del film… diventerebbe subito comico, o parodia di altri. Non è bello, no, siamo tarati dall’origine.
Comunque dai, basta così, per oggi. La mia ombra non è solo un album dei Casino Royale, l’ultimo, ma è anche questo librettino di Ruth Starke, che sì, se lo volete dare a una young adult, soprattutto femminuccia, ma anche maschio, che forse è più lì la cultura da cambiare, male non fa.
E’ tutto, volo in biblioteca a prendere un libro di regalo, faccio benzina, e poi vedo di rispondere alla mia intervista su Penna Blu, che sembro quasi una persona seria, a tratti, anche se ieri ho commentato per un’ora e non mi è comparso niente, scrivendo tre pagine di roba per nulla! Vabbè… sono più forte, vincerò io!

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