"Racconti del terrore" di Edgar Allan Poe****
- Il gatto nero
- Il barile di Amontillado
- La mascherata della Morte Rossa
- La caduta della casa Usher
- La verità sulla vicenda del signor Valdemar
- La sepoltura prematura
- Il cuore rivelatore
- Una discesa nel Maelstrom
- Il manoscritto trovato in una bottiglia
- Il pozzo e il pendolo
EDIT: Non fai in tempo a spendere due parole buone per la Newton che ecco che si rivela la solita merda di sempre: nel racconto “La mascherata della morte rossa” manca più di metà racconto (e non me n’ero accorto, anche se continuavo a chiedermi dove avevo letto le cose che mi ricordavo ci fossero. Vabbè, nessun problema, potete andarvi a leggere il racconto in giro per il web, oppure eccovi qui la metà che manca:
Ma nonostante ciò era una gaia e magnifica orgia. Il gusto del duca era del tutto speciale. Aveva l’ occhio sicuro per i colori e per gli effetti. Egli disprezzava il decorunz della moda; i suoi progetti eran temerari e selvaggi, le sue concezioni avevano uno splendore barbaro. Qualcuno l’avrebbe giudicato pazzo. I suoi cortigiani sapevan bene che non era tale; ma bisognava sentirlo, vederlo, toccarlo per esserne sicuri.
In occasione di quella festa aveva presieduto lui in gran parte alla scelta dei mobili nei sette salotti e lo stile delle maschere era stato osservato secondo il suo gusto. Erano certo delle invenzioni grottesche. Era abbagliante, sfavillante — c’era anche del piccante e del fantastico — molto di ciò che poi abbiamo veduto in Ernani. C’ erano delle faccie arabe, ornate in una maniera assurda; invenzioni mostruose e pazze; c’era del bello, del licenzioso e del bizzarro in quantità; dell’orrido, ma poco; e cose ributtanti a volontà. A dirla in breve era come una folla di sogni che si pavoneggiassero qua e là per le sette stanze. E questi sogni si contorcevano in tutti i sensi, prendendo il colore delle stanze; si sarebbe detto che eseguissero della musica camminan
do, e che le arie strane dell’orchestra fossero un’eco dei loro nasi.
Di tanto in tanto si sente suonare l’orologio di ebano nella stanza dei velluti. E allora per un momento tutto si ferma e tace, eccetto il suono dell’orologio. I sogni sono irrigiditi, paralizzati nelle loro posizioni. Ma l’ eco della soneria si dilegua — non dura che un istante — e appena cessato un’ilarità leggera e mal contenuta circola dappertutto. E la musica respira di nuovo e i sogni rivivono e si contorcono qua e là più allegramente che mai, riflettendo il colore delle finestre per le quali passano a torrenti i raggi dei treppiedi.
Ma nella camera che è laggiù a ponente ora nessuna maschera ha l’ ardore di avventurarcisi; perché la notte è avanzata e una luce più rossa affluisce traverso ai vetri color sangue e il nero dei drappi funebri è spaventoso e allo spensierato che metta i piedi sul funebre tappeto, l’orologio d’ebano manda un suono più pesante, più solennemente energico che quello da cui son colpiti gli orecchi delle maschere che turbinano nella lontana noncuranza delle altre sale.
Quanto alle altre stanze quelle formicolavano di persone e il cuore della vita vi batteva febbrilmente. La festa tumultuava sempre quando finalmente l’ orologio diede il suono della mezzanotte. Allora la musica cessò; la danza fu sospesa e per tutto si fece, come prima un’immobilità ansiosa. Ma la suoneria dell’orologio questa volta aveva dodici colpi da battere; perciò è probabile che s’insinuasse un pensiero più lungo nella meditazione di quelli che in mezzo a quella folla festosa erano già pensosi. Per questo forse avvenne anche che molte persone di quell’ accolta prima che l’ultima eco dell’ultimo colpo fosse profondata nel silenzio avevano avuto il tempo di accorgersi della presenza di una maschera che fino allora non aveva punto attratto l’ attenzione. E la nuova di questa intrusione si era tosto sparsa con un bisbiglio all’intorno, poi con un brusio di tutta l’ assemblea ed un mormorare significativo di meraviglia, di disapprovazione e quindi di terrore, di disgusto.
In una riunione di fantasime quale l’ ho descritta ci voleva certo un’ apparizione straordinaria per produrre un tale effetto. La licenza carnevalesca di quella notte era, è vero, quasi senza limiti; ma il personaggio suddetto aveva oltrepassato la stravaganza di un Erode e superati i limiti — pure larghissimi — della convenienza imposta dal principe. Ci sono nel cuore dei più spensierati delle corde che non possono esser toccate senza produrre emozione. Anche nei più pervertiti, in quelli che tengono come un gioco la vita e la morte, ci sono delle cose colle quali non si può scherzare. Tutta l’assemblea parve sentire profondamente il cattivo gusto e la sconvenienza della condotta e del travestimento dello straniero. Il personaggio era alto e scarno, avvolto dalla testa ai piedi in un sudario. La maschera che celava il viso rappresentava così bene la rigidità della fisionomia di un cadavere che la più minuziosa analisi difficilmente avrebbe scoperto l’inganno. Eppure tutti quei pazzi gai avrebbero forse sopportato se non approvato quel brutto scherzo. Ma la maschera era arrivata fino a prendere il tipo della Morte rossa. Il vestito era chiazzato di sangue e la sua larga fronte come del resto tutta la faccia erano cospersi di quel terribile color scarlatto.
Quando gli occhi del principe Prospero si posarono su quella figura di spettro — il quale con un mover lento, solenne, affettato, girava qua e là fra i ballerini— esso fu visto dapprima sconvolgersi in un brivido violento di paura o di ripugnanza; ma subito dopo la fronte gli s’ infiammò di rabbia.
— Chi osa, — domandò con voce roca ai cortigiani ritti intorno a lui — chi osa insultarci così con questo scherno che pare bestemmia ? Impadronitevi di lui e toglieteli la maschera, che sapremo chi dovremo appiccare ai merli della torre, al levar del sole. —
Quando il principe Prospero pronunziò queste parole era nella camera Est, o azzurra. La sua voce rimbombò forte e chiara a traverso le sette stanze, perché il principe era un uomo imperioso e robusto, e la musica ad un suo cenno di mano s’ era taciuta.
Il principe dunque era nella camera azzurra con un gruppo di cortigiani ai suoi fianchi. Dapprima, mentre parlava, ci fu nel gruppo un leggero movimento innanzi verso l’ intruso, che per un momento fu vicino a loro quasi da toccarli, ed ora con passo sicuro e maestoso si avvicinava sempre più al principe. Ma quel certo terrore indefinibile ispirato a tutta la compagnia dall’audacia insensata dalla maschera fece sì che nessuno osò mettergli le mani addosso; cosicché non trovando nessun ostacolo, passò a due metri dalla persona del principe e mentre l’immensa assemblea, come obbedendo a un sol movimento indietreggiava dal centro della sala verso i muri, continuò la sua strada senza fermarsi, collo stesso passo solenne e misurato che subito da principio l’aveva contraddistinta, andando dalla camera azzurra alla camera rossa — da questa a quella verde — dalla verde all’arancione da quella alla bianca — e poi alla violetta, prima che nessuno avesse fatto un movimento decisivo per fermarla. Tuttavia il principe Prospero esasperato dalla rabbia e la vergogna della sua momentanea debolezza si slanciò precipitosamente traverso alle sei stanze, dove nessuno lo seguì; perché un nuovo terrore si era impadronito di tutti.
Egli brandiva un pugnale e si era avvicinato impetuosamente al fantasma che batteva in ritirata, quando quest’ultimo, arrivato in fondo alla sala dai velluti, si volse bruscamente e fece fronte a quello che lo inseguiva. Un grido acuto si levò, e il pugnale scivolò con un lampeggiamento sul tappeto funereo sul quale il principe Prospero un secondo dopo cadeva, morto.
Allora, chiamando a raccolta il coraggio violento della disperazione, una folla di maschere si precipitò nella sala nera; ma afferrando lo sconosciuto che stava diritto e immobile come una grande statua nell’ombra dell’orologio di ebano, tutti si sentirono soffocati da un terrore indicibile, vedendo che sotto il lenzuolo e la maschera cadaverica che avevano abbrancata con sì violenta energia non si trovava nessuna forma tangibile.
Allora fu riconosciuta la presenza della Morte rossa. Come un ladro, di notte essa era sopraggiunta. E tutti i convitati caddero uno ad uno nelle sale dell’orgia bagnate da una rugiada sanguinosa ed ognuno morì nella disperata positura in cui era caduto soccombendo. E la vita dell’orologio d’ebano si spense con quella dell’ultimo di quei personaggi festanti. Le fiamme dei treppiedi spirarono. E le tenebre, la rovina e la Morte rossa distesero su tutte le cose il loro dominio sconfinato.
Riccardo Sartori
Vuoi dirmi che devo rileggere Poe?
Meh, non ne ho voglia!
gelo stellato
noooo, anzi, non devi
però uno lo rileggerai… uno solo.
Riccardo Sartori
Posso già sapere quale?
gelo stellato
sceglierai tu ta quei dieci 🙂
Noè
…quei racconti ci sono anche nel mio supermercato, stesso prezzo e stessa edizione!!! Insieme ad altri libretti a novantanove centesimi! Li stavo comprando proprio l'altro giorno, ma avrei dovuto cambiare soldi interi e ho rimandato!!! A questo punto, provvederò! Ma la carta e l'inchiostro, secondo te fan proprio schifo? Cioè, tra una settimana il libretto esisterà ancora??? Perché esteticamente, a me piace! Nel mio supermercato c'è un espositore in cartone con questi libretti, e devo dire che hanno proprio un bell'impatto.
Comunque, "Il gatto nero" e "Il cuore rivelatore" li ho letti un paio di mesi fa, su un'altra raccolta di Poe sempre a novantanove centesimi (che, credo, era una vecchia mille lire, riciclata in un negozio tutto a 99 cent!). Li avevo trovati dei bei racconti, sicuramente i più belli della raccolta in questione.
Io ho un vasetto di coccoina, conservato in un cassetto! Mi piace un sacco l'odore, e quell'adorabile pennellino per stendere la colla! ^_^ ricordi d'infanzia…
Una nuova gelofigata in arrivo…woWoooWOOW!
^_^
è troppo bella la tua stanza dei libri, ha un'aria accogliente!
Cos'è il gatto sul tavolo?
gelo stellato
Ordunque!
sì che esisteranno ancora, l'edizione è buona e dignitora, e sono carini. Il problema di solito è sulle traduzione, per varie cose che non ti sto a raccontare, ma erano storie vecchie e a me paiono decenti, anche in questa versione. tra l'altro è la terza volta, alcuni, che li rileggo.
poi
intanto,
comprane uno, no, così vedi e poi magari fai gli altri
tra l'altro
il contenitore in cartone che dici
è praticamente in tutte le librerie,
mi sa che la newton l'ha azzeccata di nuovo, anche se onestamente non so se vendono… boh-
per il gatto… è un salvadanaio galattico!
Riccardo Sartori
Il gatto non l'avevo proprio visto, in mezzo a quei pois…
gelo stellato
è un gatto mimetico! 🙂
l'avevo messo lì apposta, comunque.
Noè
…ma io c'ho l'occhio clinico, per i gatti!
:-/
Gian DeSteja
Gelofigata dici? Mmmm sono proprio curioso… 😉
gelo stellato
vedrai che roba… soprattutto il banner, lho fatto fare a uno bravo, mica come quelli che fai tu!
Gian DeSteja
Mizzega, ci avevi ragione, ci avevi! 😉
gelo stellato
bello eh? eh, sì, gian de steja è bravo! tu sei una schiappa!
Anna L.
Penso che hai fatto una ottima scelta ,leggere e rileggere a Poe è sempre un piacere ha fatto dei capi lavori che valgono la pena averli in casa. Un abbraccio
gelo stellato
ma, sì, non mi è dispiaciuto… anche se in effetti ci sono riletture che anno di più, per certi versi, o meglio, cose che essendo più giovane avevo capito di meno 🙂