"La gatta che suonava il piano" di Nicola Nicodemo***

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"La gatta che suonava il piano" di Nicola Nicodemo***

Allora… Io oggi farò il bravo.
Sono le 23.45, ho digerito la partita dell’Udine, una cosa che si chiamava Singapore sight, o slight, o insomma, qualcosa di simile, e adesso quieto quieto, mentre il telefono si carica, mentre ascolto tanta pj harvey, mentre tento di finire un rum bianco del discount che sa di farmacia anche mescolato alla coca cola, mentre rispondo a qualche mail e posto delle canzoni sul faccialibro, ho deciso che faccio l’ultima, forse, sangria della stagione e che, soprattutto, aggiorno il blog, anche se l’ho fatto solo ieri.
Tanto mi rilassa, e poi ho qualche debito di tempo con un po’ di gente, che devo cominciare a riempire e pagare i miei debiti. Comincio da uno recente.
Il debito è con Nicola Nicodemo, che un giovanissimo giovanotto che però ha un blog, e credo sia proprio per quello che adesso è qui, a farmi scrivere di lui.
Il blog è, infatti, Blog novel: Il Romanzo, ed è/era uno di quelli che legg(ev)o. Anzi, quando a un certo punto, tipo qualche mese fa, mi era venuto in mente di mettere in piedi un progetto di blog che riempisse un certo vuoto di analisi narrativa nel web, e pensavo, all’epoca, che avrei avuto bisogno di una spalla, per alcune cose pratiche/informatiche, beh, ecco, avevo pensato “mi servirebbe proprio uno come questo o questi che tengono ‘sto blog, che mi sembra carino e serio e competente e semplice.
Ecco perché, quando in data – aspettate ora vedo la mail – 29 luglio, Nicola mi invitò a recensire questo suo ebook autoprodotto di tre racconti, io dissi, Okay, caro, manda pure che cerco di farcela.
Magari a settembre… quando magari ricomincio a leggere. 
E sono di parola, ho ricominciato un po’ a leggere, in quest’ultima settimana, e tra le prime cose, oltre ai racconti di Colette, Wilde e Lovecraft del Sole, ho fatto fuori anche questi tre racconti targati Blog-Romanzo.
Anzi, vi dirò di più… però adesso aspettate un momento che vado a tagliare le susine nella sangria… fatto. Dicevo… il di più è che un paio di settimane fa avevo già letto il primo dei tre racconti, e anche un po’ del secondo, ma oggi, mentre avevo un’ora di attesa al parco, ho deciso che li avrei riletti tutti, così, per fare il bravo, e avere in testa roba fresca, anziché una delle tre storie un po’ scaduta di memoria. 
Ci ho messo, esattamente, un’ora, il che vuol dire che per voi, che magari siete lettori più concentrati (io guardo quelle che passano, fotografo le nuvole, parolo coi bambini in giostra e cose così) ci mettete anche meno, per leggere questi 32 pagine in epub della gatta che suonava il piano, che potete acquistare da qui a 1.99euri. E badate che ho riletto pure l’introduzione, molto formale ed elegante, che ti fa capire quanto ancora l’autore sia educato, nel porsi nei confronti del lettore, senza tutta quella aggressività che ormai contraddistingue lo scrittore che si autoproduce.
E allora ve ne parlo, perché direi che è ora, di questi tre, brevi racconti ambientati nella Parigi della Seconda Guerra Mondiale, e aventi come fil rouge Vincent, un uomo come tanti, travolto dal conflitto, coinvolto in un’altra guerra, in cui deve scegliere se difendere o meno la patria, se fuggire dalla città con moglie e figlia, o restare, per resistere ai nazisti, a potere che, via via, si sta rivelando così forte da mettere in ginocchio l’intero paese.
Tre racconti che sono la prosecuzione di un’unica storia, che ha dei buchi temporali in mezzo, ma che ci vuole dare una lettura della vita e delle emozioni che una situazione critica – come una guerra, certo – può portare in un uomo, e nell’umanità in generale. Perché certo, anche se nell’intro l’autore ci dice che è proprio la vita, che vuole indagare, non si può ignorare il suo messaggio, sparato in faccia alla guerra, che condanna la violenza, pur analizzandone le influenze, i riflussi, gli avanzi lasciati nel vivere dell’uomo.
E non è facile, da fare.
Non è facile soprattutto con dei racconti, che sono materia ostica, quando hai troppa voglia di dire, e la storia tende a scapparti di mano e riempirsi di bagliori di retorica. E okay… dai, un paio di flash di retorica ci sono anche in questi racconti, e si fanno notare, stranamente, per le poche ingenuità letterarie che vi compaiono. Ma è roba da nulla, qualche ridondanza che fa capire al lettore che, anche affermassi il contrario, il pacifismo degli scritti trasuda e distoglie. Ora però aspettate che vado a tagliare le pesche e un po’ d’uva, mentre mi mangio una crepes avanzata da merenda.
Eccomi qua… ho tagliato pure l’uva, e mentre sul faccialibro Barker ha accettato la mia amicizia, pensavo che hanno una qualità, questi tre racconti di Nicodemo. Sono racconti onesti.
Non cercano di sfuggire alle sue letture, non cercano di sorprendere, di scimmiottare. 
Sono ancora spuri, certo, sono logicamente acerbi, soffrono un po’, ma molto poco, di qualche eco (che no so, la butto lì, Ernst?), ma sono comunque personali, con un loro stile ancora magari in divenire, ma sicuramente delineato. Per questo gli si può perdonare le d eufoniche di troppo o qualche voler calcare la mano su certi aspetti, come la crudeltà dei nemici e la scelta, amletiana, se combattere o meno. Così, mentre i nazisti sembramo, classicamente, tutti cattivi e francesi semplicemente divisi tra buoni e meno buoni, e alla fine, noi lettori sappiamo ben per chi tifare, e fin troppo chiaramente ci vien detto che Vincent, alla fine, fa la giusta scelta.
E’ così? Non lo so, non lo sappiamo. 
Ma alla fine non è poi quello l’importante. C’è un buon  lavoro di documentazione della Parigi invasa dai nazisti, c’è una dimestichezza coi tempi della narrazione, che non sono mai troppo dilatati o compressi, e quindi la lettura ne beneficia, perché in fin dei conti, ci si mette poco e scorrono, queste tre storie.
Poi? Poi non so, intanto fatemi andare a tagliare arance e kiwi, va, poi torno.
Tornato. Vi posso dire brevemente dei racconti, a livello di trama, ma anche no, visto che son brevissimi e non vedo il senso di rovinarveli con una seppur breve sinossi. C’è Vincent, a Parigi, in pieni anni di bombardamenti nazisti, con la sua famiglia da salvare e una patria da difendere. C’è un locale che finge di esserci anc
ora, una gatta che sembra, forse, sappia suonare il pianoforte, e una guerra intorno. 
Alla fine, quindi, soprattutto pensando che l’autore avrebbe tutto il diritto di non essere smaliziato e perfetto, nella sua prosa, questi tre piccoli racconti sono validi, e si meritano la lettura, tenendo anche conto che l’ebook è curato ed elegante.
Ah, dimenticavo, io non son mica sicuro che nel ’44 in Francia usino l’espressione “mitico”, e nemmeno “cazzo”. Li vedo più tipi da “merda”, i francesi di quegli anni. 🙂
E adesso basta, son le 2 e ho sonno, sono passato da P.J. Harvey ai Linkin Park cantati da Cornell e non so se è un bene, un male o, semplicemente, come la guerra e quanto causa agli animi umani, sono cose che possono succedere.
Ah… ve ne ho parlato tanto, e direi che prima di ringraziare Nicola per la lettura una foto della sangria prima di aggiungere il vino ve la devo proprio mettere, sperando che l’autore non s’incavoli per questa recensione un po’… sciolta.

Comments

  • 21 Settembre 2012

    direi che i termini francesi dell'epoca sono senz'altro "merde" e "magnifique".
    La tua recensione mi ha fato pensare alla Nemirovsky.
    La tua Sangrilla a Orizzonte Perduto.

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    • 21 Settembre 2012

      ah, ecco qua!
      e se lo dici tu, mi fido, carissima-
      ora non mi resta che scoprire chi diavolo sia nemirovsky e dove diavolo devo guardare per l'orizzonte perduto… ma lo scoprirò!

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    • 21 Settembre 2012

      Suite Francese di Irene Nemirovski e Shangri La il posto mitico di Orizzonte perduto, 1933 di James Hilton, e film di Frank Capra, 1937.

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    • 21 Settembre 2012

      Oh…. grazie!

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  • 21 Settembre 2012

    Davvero strafiga la recensione. Mi è piaciuta molto. Grazie! In effetti ora mi rendo conto che avrei dovuto usare "Merde!". La prossima volta starò più attento 🙂

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  • 21 Settembre 2012

    Di.questo Nicodemo ne sento parlare un gran bene in giro, e poi come si puó dire di no ad uno scrittore che parla dei miei amati gatti e della mia ancora piú amata Parigi?
    Dovró finalmente decidermi a leggerlo.
    p.s
    Era buona la Sangria? 😀

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    • 21 Settembre 2012

      la sangria la assaggio stasera, ovvio, bisogna lasciarla riposare almeno un giorno! 😉

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    • 21 Settembre 2012

      No, no! Quello è il timballo di maccheroni!

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    • 21 Settembre 2012

      ahahahhaha, beh, anche il minestrone, eh.
      comunque anche la sangria, fidati! 😀

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