Come spiegare Chris Cornell ai bambini
Di tutte le cose che dovrei fare, forse questo post è quella che ha meno priorità, ma oggi è venerdì, ho appena strappato il cuore alle erbacce dell’orto, l’auto fa un po’ meno schifo e la vecchia zompetta per casa sulle stampelle fottendosene del fatto che non potrebbe fare le scale in solitaria, nonchè tutte le altre cose che fa. D’altro canto, se ho tutte le dita storte e le ossa mal aggiustate, avrò preso da qualcuno…
E allora, così, mentre sistemo la stanza qui intorno – ho posta da aprire che risale a un mese fa, per dire – e mentre cerco di capire perché di tante cose, tipo la cosa che le parole mi scappano via non appena comincio a fare le poesie, piuttosto che scriverle, dicevo, mentre cerco di capire tutto ciò, tento in questa piccola impresa.
Cominciamo con un fatto.
A fine giugno, non ricordo quando, andrò a vedere Cornell, qui, sul castello udinese, nel suo show solista, che intendiamoci, non è che mi aspetti sia una grande cosa, artisticamente parlando: un uomo con la chitarra acustica che canta, in tutta tranquillità, con la gente seduta, un po’ come se si fosse tra amici (o almeno è così che mi immagino questa serie di concerti che accompagna il tour dei Soundgarden) facendo qualche cover che piace a lui e alcuni vecchi pezzi che piacciono a noi.
Un buon modo per tirare su cash, se vogliano dire anche questo, ma che non mi dà fastidio, visto che dischi, in pratica, non glieli ho mai comprati.
E detto ciò, immaginate di dover spiegare a un ragazzino, magari che non si intende nemmeno tanto di musica, perché non l’ascolta, il perché ascoltare Cornell, anche solo così, in versione minimale, è un qualcosa che per quelli della mia età, con una certa vita musicale e non musicale, alle spalle, è importante ed emozionante.
E’ una questione di sapere e ricordare chi sei, se vogliamo metterla filosoficamente.
Di ricordarti che sei uno che ha qualcosa da dire.
Quindi questo è il compito del post: farlo capire a un ipotetico qualcuno che non ha gli strumenti per.
Cominciamo con l’ultima cosa di Cornell, che chiude anche il suo disco songbook. Un pezzo acustico colonna sonora di non so quale film. Bello. Molto bello, secondo me. The Keeper. Migliora con il secondo ascolto. Ascoltatelo, e poi ne parliamo.
Fatto?
Dunque. Come prima cosa c’è da dire che Cornell è gnocco! Mi è sempre piaciuto, sia quando stava coi capelli corti nella seconda fare soundgardeniana, sia nella primissima versione solista, canottierato (quello là in alto, per capirci), sia adesso, di nuovo capellone e sempre un po’ truzzo.
Però non è una questione solo di bellezza, e quasi, direi, nemmeno di fascino. E’ questione di avere qualcosa da dire.
Ai tempi, gente come Vedder, Cobain, Staley, Lanegan, Yorke, Buckley,… era tutta gente che aveva il fascino delle cose da dire. Che le dicesse in musica, poi, è un caso, perché potremmo prendere altra gente, in altri campi, e ne ritroviamo, di questo fascino, ma è una cosa che – uccidetemi pure – io non ritrovo più nelle generazioni dei musicisti attuali, o se le vedo è solo di sfuggita e destinata a sparire nel giro di un disco o due. Eppure, la musica, la seguo ancora tanto. Non vi tedio con la mia teoria sociologica che parte dall’avvento delle ICT che ha causato un riduzione media di tutto, compresi i talenti, ma è solo una mia sensazione.
Anzi, prima di andare avanti, per dire, andiamo indietro e vi faccio vedere la canzone che bene o male è una leggenda, per molti di noi, che è Hunger strike. Anche qui bisognerebbe raccontare la leggenda e bla bla bla ma io è al ragazzino, che sto parlando, e quindi che si accontenti di ascoltare la canzone e due voci che sono, non ho dubbi, tra le migliori del rock del secolo scorso
Ascoltato? Piaciuta?
Anche se non vi è piaciuta, in ogni caso, trovo difficile dire (siamo nel 91) che questo pezzo non abbia un’anima.
Andiamo avanti… dicevo, quindi, fascino e voce, per ora.
Poi c’è anche la musica, certo. I soundgarden li conoscete, li conoscono tutti, e fin troppo facile sarebbe dire al mio ragazzino, questa la conosci, e mettergli il video di Black hole sun.
Sì, quella la conosce, anche se non ne capisce la portata, e il fatto che, più o meno, quel pezzo è stato l’ìnizio della fine.
Io preferirei spiegargli che i Soundgarden, con Cornell, hanno tirato fuori cose che fanno per te. In questo caso per me. Era un periodo che, all’epoca, una canzone mi si era attaccata addosso, ed era “4th of July“. Non è bella, non è significativa, non è innovativa, ma era la mia canzone di un certo momento e quindi, se sono venuto su così, e adesso sono così, è anche – in piccolissima parte – merito di questo pezzo. Nel mio caso, ricordo, non esistevano gli ipod, c’erano altre cose, molto più fallaci, ma lo spirito dell’ascoltare questa cosa di notte, al gelo, nel mare, cercando di rischiare di morire per vedere cosa si prova, fa parte del bagaglio umano che poi ti fa crescere. Ecco, un’altra cosa che non vedo ora: canzoni che vengono a costruire un pezzo di te. Questa, nel mio caso, lo ha fatto.
E andando ancora avanti, posso lasciarvi una canzone degli Audioslave.
Quel primo disco, dove non si sa come, un supergruppo di nome lo è diventato anche di fatto.
E Cornell era in straforma, vocalmente, e anche con la chitarra in mano era ispirato.
Sarà semplice, forse, avranno giocato sporco, forse, ma voi ascoltatevi questo pezzo (che poi la farà, Cornell, al concerto) e ditemi se non merita volume.
Volume, e di essere riascoltata.
Siete d’accordo? Non lo so. Qui siamo già più avanti, le cose da dire sono di meno, e si sente, ma c’è sempre quella capacità di dirle bene. Di dirle meglio che puoi con il meglio che hai, e diversamente dagli altri. Ah, tra l’altro nel video, qua, Cornell mi piace di nuovo parecchio, anche se è diventato quieto.
Bene, e poi cosa gli diciamo, a ‘sto ragazzino, per fargli capire che quel periodo, quel movimento, quelle canzoni, sono qualcosa di più che musica che accompagna. Sono musica che tocca, e ciò che è toccato non è mai come prima.
Non lo so.
Gli potremmo far ascoltare la cover di Billie Jean di Jackson, o dirgli che, tanto per fare una cazzata, anche Cornell ha fatto un disco (insulso) con Timbaland, oppure che – per onestà intellettuale – va detto che niente della sua produzione solista è eccelso.
Io però voglio chiudere con un’altra canzone sua, la prima di Euphoria morning, il primo disco solo, che lo apriva, tra l’altro, e che, anche se all’inizio ti sembra di sentire “un cuore matto”, mi ha sempre conquistato. In fin dei conti, tra le mie piccole filosofia di vita, c’è sempre stata anche questa.
Ascoltatela…
Lady Simmons
Prima di tutto: quanto è gnocco Chris Cornell, in tutte le salse, coi capelli di tutte le lunghezze.
Ma poi, il tuo post è bellissimo. E triste allo stesso tempo, un po' malinconico.
Perchè leggere la frase "Ecco, un'altra cosa che non vedo ora: canzoni che vengono a costruire un pezzo di te" fa un po' male.
E' proprio così.
Esistono pezzi che ancora oggi che sono adulta mi fanno piangere, mi emozionano o mi tranquillizzano, anche se si tratta di metal.
Ma il punto è: è ancora così?
Sicuramente per quelli cresciuti con la musica di oggi si.
Io trovo molto difficile emozionarmi per pezzi nuovi, sebbene cerchi come una pazza nuovi album da ascoltare (accetto naturalmente consigli).
I pezzi che hai proposto mi piacciono tutti, specialmente YOU CAN'T CHANGE ME.
gelo stellato
Ordunque, sì, sulla gnoccaggine cornelliana concordiamo. 🙂
e poi non so, non ero malinconico del tutto.
io penso sempre che ci si può garantire una porta per la profondità pescando dal passato, e poi, roba nuova, c'è, c'è sicuramente, e magari siamo noi a essere vecchi, ci mancherebbe.
Però è la resistenza del nuovo che manca.
Voglio dire, apro la cartellina dei dischi 2011 e ti elenco dieci dischi che sono buoni, aspe…
Anna Calvi
Aucan
Bon Iver
dEUS
Feist
Foo Fighters
Kasabian
R.e.m
Screeming trees
black keys
presi a caso.
togliamo gli screeming, che comunque sono canzoni composte ai tempi dei soundgarden, quanto li avrò ascoltati gli altri? in bon ever c'erano dei gioiellini, il disco dei black è maledettamente buono, con dei pezzoni, e anche gli rem, checché se ne dica, hanno fatto un disco vivo, vivace, eppure quanto mi hanno dato? Forse solo i foo fighters hanno resistito per un anno, ma lì è questione anche di alchimia. Canzone che volevo sentire, come le volevo sentire, e allora okay, ecco che resistono, ma il resto lo trovo bello ma poi basta, dopo un po' sbiadisce.
Quindi dai, la roba bella c'è ancora. 🙂
Ciao!
Ah, you cant change me, per curiosità, ti dico che è anche in francese, puoi trovarla sul tubo o comunque è a fine disco.
🙂
Ariano Geta
"Superunknown" è effettivamente un capolavoro.
gelo stellato
e a dire il vero lì dentro sono legato tantissimo anche a Black days.
meravigliosamente cupa…
Iguana Jo
Devo far leggere 'sto post a mia moglie, che credo condividerebbe molto di quello che scrivi, di quello che senti (me la mena sempre che lei ha visto i Soundgarden a Bologna seduta sul palco insieme a quei quattro gatti presenti all'Isola: http://www.youtube.com/watch?v=7STAlURnatA ).
Da parte mia ho sempre apprezzato i Soundgarden, i Temple of the Dog mi avevano entusiasmato quanto gli Audioslave mi avevano sorpreso (in positivo). Ma non sono mai stato un vero fan™ del buon Chris (e dintorni).
BTW, see non l'hai gà visto ti consiglio la visione di Pearl Jam Twenty.
gelo stellato
ce lho, ma non lho ancora visto, ma solo ascoltato, il dividì dei pj
nemmeno io ero un cornelliano totale, nemmeno un soundgardeniano, più o meno mi piaccion le cose che a te 🙂
epperò, riascoltavo ieri superunknown ed è vero, che gran disco, con le canzoni tutte belle, tutte con un perché…
già, sì, figo.
non li fanno più, di questi dischi qua. 😀
Iguana Jo
"non li fanno più, di questi dischi qua"
Secondo me siamo noi, a non avere più quelle orecchie lì…
gelo stellato
naaaa, la verità è che li fanno, i dischi così, ma ci piace negarlo 😉
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