"Rosa ruggine e altri racconti" di Giorgio Scerbanenco****

"Rosa ruggine e altri racconti" di Giorgio Scerbanenco****

Semplici ed eleganti.
Mi verrebbe da definirveli così, questi cinque racconti di Scerbanenco, perché così sono, e Scerbanenco, mi viene da pensare, è autore che devo scoprire meglio, e forse non solo io.
Ha fatto una pausa, la serie dei Racconti d’autore del sole 24 ore, ma è tornata, domenica scorsa, con un autore italiano (finalmente) e bravo.
Ora che vi scrivo, sia chiaro, è mercoledì sera, e ieri sera ho iniziato a leggere questo librettino.
Non dovevo leggere questo, lo confesso.
Lo avevo ficcato in macchina non so nemmeno io perché, ma siccome ieri sera, andando in giro per letti, avevo dimenticato a casa quel che stavo leggendo e stavo per finire (Gaiman) mi sono detto che non potevo certo dormire bene senza leggere un paio di pagine e l’ho cominciato.
Bene, risultato?
E’ andata a finire che ne ho letto uno ieri.
Due stamane.
Due poco fa.
E mi sono piaciuti tutti, sì.
Certo, un paio hanno quella marcia in più (Rose ruggine e Si salverà la volpe) ma anche i due diciamo così, con un retrogusto roseo (che poi, insomma, è il marchio di fabbrica di Scerbanenco, mi sa) ecco, anche quei due (Persecuzione e Scarpine flessibili) sono alla fine belli.
Il quinto, quello che al retrogusto roseo aggiunge un non so ché di moralista, alla fine riesce a salvarsi molto bene perché la costruzione e lo sviluppo, tutti giocati sul ciniscmo e l’egoismo della gente comune, sono davvero avvincenti.
Anzi, partiamo proprio da quest’ultimo, se volete, che è quello che manca di un qualsiasi colpo di scena. Un sassolino rosso, vi racconta infatti di un anello rubato, con un grosso rubino rosso, che porta le persone che, per caso, ne vengono “a contatto” a modificare i propri comportamenti. Ed ecco così una cessa diventare un buon partito, un santarellina aprire veloce le zampette, ecc ecc. 
Sarete curiosi, certo, di sapere che fine farà, quell’anello con rubino gigante che tutti vogliono e nessuno si merita, ma non è certo questo il cuore del racconto. 
Sono i personaggi, le storie, le emozioni che Scerbanenco riesce, con pochi tratti, a dipingere senza lesinare sulle sfumature.
Vediamo se trovo qualche riga d’esempio, per farvi capire:

L’angelo capì che gliel’avevano fatta. Dette un addio a Fragusi, che si era rivelato un ladro invece che un buon partito, e fece un breve viaggio in un paese vicino a Milano, dove abitava una sua sorella. Quasi tutte le donne belle hanno una sorella brutta. La sorella dell’angelo, Elisa, ascoltò in silenzio, il viso reso ancora più brutto dall’attenzione, il racconto poco edificante ma tutto vero che l’angelo le fece. Aveva creduto di potersi sposare, diceva la bella sorella. Invece niente.

E poi, poco dopo:

Elisa, la sorella brutta, stava per rifiutare, quando il pensiero le corse a Martino. Martino era il giovane medico condotto del paese, e la curava da tempo per certe forme nervose non molto chiare, o forse anche troppo chiare.
«Va bene», disse, e tenne l’anello.
L’anello, nel suo bellissimo astuccio verde coccodrillo, venne mostrato come per caso al dottor Martino, durante una delle visite che faceva a Elisa.
«Vorrei venderlo», disse Elisa malinconica, «fa parte della mia dote, ma ormai non spero più davvero di sposarmi».
Il dottor Martino aveva avuto il padre perito in preziosi, e aveva un’idea abbastanza precisa sul valore di quell’anello.
«Devo essere proprio brutta», continuò Elisa, «perché non ho solo questo di dote, ma anche le terre, e una fattoria, eppure nessuno mi sposa…». Aveva un sorriso mesto, infelice, e pieno di intelligente rassegnazione.
«Lei non è brutta», disse il dottor Martino con dolcezza.

Ecco, semplice, e molto, ma elegante, immediato.
E sono tutti così questi racconti, e quindi se ve li siete persi, avete fatto male.
Li dovrete recuperare in “Uccidere per amore: 1948-1952” della Sellerio, perché è da lì che vengono.
Comunque, veniamo ai racconti bellibelli, che secondo me sono quelli col colpo di scena. Piccolo, eh. Niente stravolgimenti e cose che cambiano da bianco a nero. Ma un’idea, che viene preparata e arriva e ti sorprende quel tanto, poco prima che finisca il racconto, che ti lascia soddisfatto.
Soddisfatto perché è coerente con la storia, perché è leggera, non vuole stravolgerti, e soprattutto perché, anche se l’intuisci, non l’indovini.
Ovviamente non ve le dico, ma così, giusto per incuriosirvi, vi dico dei tre racconti.
In Rose ruggine una donna ama un pluriassassino, ignara che lo sia, ma i poliziotti lo scoprono, e così non fanno altro che attendere che lui si faccia vivo, con appostamenti a casa di lei. Passano i giorni e niente. L’avrà avvertito? E come? La figura della signora Michard è veramente molto, molto bella. Altera e distaccata, elegante, nobile… a nascondere il suo amore mal donato.
In Persecuzione, un uomo, ubriacone, viene ingaggiato per pedinare una bella quaglia dal padre e dall’avvocato. Ovviamente non è un pedinatore di professione e si fa subito beccare, e allora tenta un corteggiamento, per coprirsi, ma la vittima è più disperata, che seccata. Perché? Cosa nasconderà quel pedinamento, in fin dei conti innocente? Anche qui, il protagonista – siamo a Santa Fè – è il cuore della storia. Anzi… il buon cuore.
E in Si salverà la volpe? stavolta la poco di buono è una lei, in fuga dalla polizia, in cerca del suo vecchio amore, da cui è stata mandata a quel paese un paio d’anni prima. In taxi, è la sua ultima speranza di trovare un nascondiglio e cavarsela, poter tornare sulla via giusta, redimersi forse, da quel fuoco che gliela aveva fatto lasciare proprio perché mal tollerava la noia di un matrimonio… lo troverà? Chissà…
Insomma, avete capito che sono storie semplici, adatte per racconti da 10-15 pagine.
Nero + rosa, as usual, sfumati di giallo.
Non sono letture che vi stupiranno, no. Non vi cambieranno la giornata.
Ma sono racconti che fanno bene, letteratura che dà del benessere. Non parlo tanto di benessere narrativo, quanto morale.
Basta così, direi.
O volete anche qualche parola sull’ultimo racconto?
Massì, dai. L’ultimo parla di un calzolaio che dal Nuovo Nessico va a NY, portato da Monty, un uomo grasso che si rivelerà forse il personaggio più bello del racconto, anche migliore del protagonista e delle sue donne, una cattiva-egoista-perfinda, anche se quaglia, e una carina e buona, anche se povera e semplice.
Ed è bello vedere come dipinge i personaggi... anzi, vale la pena di un altro frammento, che vi fa bene.
I genitori del protagonista, per esempio:

Io guardavo la mamma, era lei che doveva decidere. La mamma era una vecchia donna disfatta dalle gravidanze. Aveva messo al mondo sedici figli tra maschi e femmine, io ero il più giovane e avevo ventidue anni. Le femmine si erano già tutte sposate, i maschi si erano dispersi ognuno per conto proprio, e nessuno, s’intende, mandava un soldo alla mamma. L’unico sostegno di famiglia ero io, col mio lavoro di calzolaio imparato da papà. Papà era un uomo finito, malato di cuore, passava le giornate a girare per casa da una sedia all’altra, livido di paura, aspettando l’ultimo colpo che l’avrebbe ucciso. Capivo bene che la mamma era contraria a mandarmi con quell’uomo. Ma prima di dire di no, si rivolse a me.

Ah, oggi, per voi che leggete oggi, dovrebbe essere in edicola Javier Cercas, con Tornare a casa, che io avrò già comprato anche se non so chi diavolo sia. 🙂

Comments

  • 15 Gennaio 2012

    Scerbanenco è praticamente lo scrittore che ha creato il giallo nel nostro paese, anche io ho letto solo pochi racconti suoi, però sempre di alta qualità.

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  • 15 Gennaio 2012

    Bel post, complimenti, hai saputo cogliere e trasmettere lo spirito che anima la produzione di Scebarnenco. Di lui, ho letto "Le spie non devono amare". Anche in questo caso nero + rosa, un po' fotoromanzo come quelli che leggevano le nostre nonne, ma comunque un libro quasi poetico.
    Alla prossima!

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  • 15 Gennaio 2012

    ok, leggo…

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  • 15 Gennaio 2012

    BOB! chi si rivede! ma ciao!
    e pure Luca delle filippiche, che non si sentiva da un pezzo
    e Nick, no niente, Nick niente, lui si sente spesso 🙂

    Ciao a tutti cari.
    😀

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  • 16 Gennaio 2012

    Vladimir Scerbanenko era semplicemente il massimo per le produzioni tra il giallo e il noir, trattati con levità e un linguaggio che mi incanta sempre.

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  • 16 Gennaio 2012

    come non concordare…

    reply
  • Anonymous
    16 Gennaio 2012

    Merita ricordare che Scerbanenco prese casa e residenza a Lignano e che qui vive la figlia Cecilia.

    http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2011/08/05/news/lignano-rende-onore-a-giorgio-scerbanenco-l-archivio-in-biblioteca-1.760294

    Mandi
    Giovanna (DoneBete)

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  • Anonymous
    16 Gennaio 2012

    Ora ho letto anche i post precedenti e in particolare dove si legge:
    "Scerbanenco ambienta questa storia tra Lignano Sabbiadoro e Latisana, nel 1960, e vi assicuro che lo fa così bene che leggendo mi è sembrato di sprofondare nella giovinezza di mio padre e mia madre."
    Giovanna

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  • Frank Spada
    17 Gennaio 2012

    Ben trovata Giovanna!
    E proprio ieri è morto l'arch. Aldo Bernardis, che ha contribuito con le sue costruzioni a popolare la "Florida del Friuli" inventata negli anni Cinquanta dall'arch. Marcello D'Olivo.
    Che tempi!

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  • Anonymous
    17 Gennaio 2012

    I racconti del Sole di Scerbanenco sono piaciuti anche a me.
    Lo stile elegante e sobrio mi ha ricordato i film di Hitchcock: tratto pulito, niente eccessi, tutto ben dosato.
    C'è equilibrio, ecco.

    L'Anonima Maiuscola

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  • 17 Gennaio 2012

    Mandi Giovanna,
    sì, in effetti è piacevole ricordare la friulanità di scerbanenco, anche se leggendo le sue interviste si trovava bene sia qua, sia nel lombardo;

    Mandi FranK!

    Anonima,
    già equilibrio, sì, in effetti è proprio una sua dote, sia nei racconti sia nel romanzo che lessi.
    Scerbanenco è sempre sulla mia lista.

    reply

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