"La casa Tellier e altri racconti" di Guy de Maupassant****

"La casa Tellier e altri racconti" di Guy de Maupassant****

Un post breve, ma incenso.
Incenso nel senso di plauso, perché Guy de Maupassant, autore plurifamoso, per lo meno di nome, scriveva racconti coi controcazzi, e in questi tre brevi brani si ha già la perfetta sensazione che il buon Maupassant, senza dubbio, abbia sbagliato mestiere.
Sì, perché già dal nome lo si sarebbe potuto intuire, ma leggendo le prime pagine di “La casa Tellier” è evidente che siamo di fronte non a uno scrittore, bensì a un pittore.
E non di quelli del suo tempo, eh, quei post-impressionisti vivaci e bizzosi dai colori che si frantumano uno contro l’altro per dare un impatto d’insieme… no, no, qui ci sono pennellate lievi, lente, eppure sicure, decise, ordinate.
Come sarebbe a dire se ho letto il libro o mi sono limitato alla copertina?
(piuttosto bruttina, per altro, anzi, diciamo pure brutta va)
No, no, è un pittore! Ne sono certo.
Anzi, ve lo dimostro subito.
Prendo il primo dei tre racconti, il più lungo e quello che dà il peso specifico a questa mini raccolta. Il racconto è “La casa Terrier” appunto, e parla di un bordello, dove cinque donzelle esercitano quello che in campagna non esiste, la prostituzione, sotta la guida di questa figura seminobile che è Madama, in questa casa che sembra essere il cuore del piccolo paesotto.
Ecco qua, solo per darvi un’idea, qualche pennellata su Madama:

Era alta, opulenta, avvenente. Il suo viso, reso pallido dalla vita al chiuso, luccicava come se fosse ricoperto da una vernice grassa. Una sottile guarnizione di capelli lanuginosi, finti e arricciolati, le incorniciava la fronte dandole  un aspetto giovanile che contrastava con la maturità delle sue forme. Sempre allegra e contenta, ella scherzava volentieri, con una sfumatura di ritegno che le sue nuove occupazioni non ernano ancora riuscite a farle perdere. Le parolacce l’urtavano sempre un poco; e quando un giovanotto chiamava col suo vero nome l’impresa da lei diretta s’adontava, nauseata.

Non è bello, questo modo di dipingere? E sentite ancora qualche riga, più avanti, a proposito della casa.

Lo stabile, umido e vecchio, odorava un po’ di muffa. A tratti un’ondata d’acqua di Colonia attraversava i corridoi, oppure una porta di sotto, semiaperta, sbattendo faceva esplodere in tutta la casa, come lo scoppio del tuono, le grida plebee degli uomini seduti alle tavole del pianterreno, e suscitava sui volti dei signori del primo piano una smorfia d’inquietudine e di disgusto.

Insomma, è proprio un’idea di utilizzo dei cinque sensi attraverso la scrittura, quello che Maupassant sembra fare, ma è anche, indiscutibilmente, un esercizio anti utilizzo di termini impropri anche quando sarebbe facile farlo. Anche qui sopra, per esempio. Prendete l’utilizzo del poco comune verbo “adontarsi”. Se doveste usarlo in una frase, e doveste inventarla, non sarebbe difficile utilizzarne una che non è del tutto adatta al verbo. Invece, in questi racconti, il lessico è usato propriamente. Non ti viene mai in mente che una parola poteva essere sostituita da una più adatta.
Aggiungiamoci poi, alcuni elementi che si riscontrano andando avanti nella lettura.
Tanto per cominciar, il modo ironico e sottile che ha Maupassant di rappresentare il grottesco, soprattutto nel primo racconto. Le cinque prostitute sono fisicamente e caratterialmente dei fenomeni (da baraccone, sì, o baldraccone, in questo caso) e la Prima Comunione a cui partecipano, accompagnate da Madama, e ciò che causano in chiesa, è esilarante, ma viene sempre descritto con la massima serietà.
Il comportamento degli uomini del paesetto, rimasti senza bordello, è descritto nello stesso modo, portando con serietà fino alla parodia. Eppure, nonostante questo, sotto sotto si vedono le emozioni, anche nel primo racconto. Gli affetti delle cinque donzelle, le loro vite martoriate, eppure felici, dove logicamente si coglie la vita dell’autore, assiduo frequentatore di bordelli (tanto da lasciarci la pelle, suicida, a 43 anni, per le rogne della sifilide).
Nel secondo racconto (Storia di una ragazza di campagna) e nel brevissimo terzo brano (Due amici), si passa a climi più cupi, toni meno luminosi, anche se non meno sicuri. In entrambi la descrizione del contesto è vivida e reale. Nella storia di una ragazza qualunque, la ragazza (ingravidata e abbandonata dal garzone del fattore) è così qualunque da suscitare la pena del lettore, ma non eccessivamente qualunque da volerla salvare da quello che poi, si rivelerà comunque un lieto fine. E’ la vita di campagna, quella che entra in gioco. E la povertà, latente, certo, ma anche il fatalismo di un’epoca che non c’è più, dove “le serve diventano continuamente padrone senza che per questo vi sia un qualsiasi cambiamento nella loro vita e nelle loro abitudini“.
Poi c’è la storia numeno tre, in chiusura, in cui due amici vanno a pesca, in piena guerra Francia-Prussia pre Sedàn, un po’ troppo vicini alle lunee tedesche…
Insomma. diciamo che i primi due racconti mi sono piaciuti parecchio, mentre il terzo, brevissimo, è bello ma fa capire che Maupassant ha bisogno di qualche riga in più per poter sviluppare il suo potenziale lessicale ed emotivo. Insomma. Molto bello, e non me lo aspettavo, così bello, questo autore.
Ah, chiudo dicendo che oltre alla copertina brutta, la mia copia di inserto aveva le pagine mescolate a cazzo, e per metà libro, passando dalla pagina 25 alla 58 e poi 57… 56… 55…, l’ho dovuto leggere a ritroso. Vabbè, poco male. Ho finto fosse un manga 🙂
Bene.
A presto cari funcooler, e avanti coi racconti da una frase!

Comments

  • 28 Ottobre 2011

    Ti segnalo che di molti racconti di Maupassant compreso il DUE AMICI di cui parli qui esista una fedelissima versione a fumetti realizzata negli anni sessanta dal grande Dino Battaglia.
    Ciao vecio.

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  • 28 Ottobre 2011

    Ah però… interessante! non lo sapevo
    o forse non conoscendo l'autore è una cosa che prima d'ora non avrei mai notato
    grazie!
    bello Maupassant a fumetti

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  • 28 Ottobre 2011

    La copertina effettivamente è brutta ma soprattutto ingiusta, se si pensa a quanto non fosse banale la scrittura di Maupassant e a quanto sia invece banale quest'immagine tra il romantico e il bucolico, vagamente in stile Harmony…
    Ciò detto,la casa Tellier è una delle poche cose che non abbia letto di Maupassant (che per altro non leggo da molto, troppo tempo) a causa, si vede, di insoliti allineamenti planetari e Saturno contro 😉 Vedrò di porvi rimedio. Ciaooo

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  • 28 Ottobre 2011

    E in lingua originale è anche meglio! Grazie di questo post. Sono andata a risfogliarlo.

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  • 28 Ottobre 2011

    Grazie a voi due, piuttosto, che avete reso utile il mio post! 🙂

    reply
  • 29 Ottobre 2011

    Caro gelostellato, era proprio ora di inserire il link al tuo blog, colui che ama la libertà, non può essere che mio amico.
    Ciao Angie Ginev

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  • 29 Ottobre 2011

    FICO! 😀

    reply
  • Anonymous
    29 Ottobre 2011

    segnalo refuso: …è evidente che siamo di fronte non HA un scrittore, bensì a un pittore.

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  • 29 Ottobre 2011

    come rifiutare una correzione 🙂

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