"Limonata e altri racconti" di Raymond Carver*****
Carver, dopo Kafka, era uno dei volumetti che avevo già letto, però, un paio di domeniche fa, comprandolo, mi ero già detto che l’avrei riletto molto volentieri, anche se da non molto ho avuto il piacere di godere di America oggi, che ricordavo bene contenere Limonata, la poesia-racconto di Raymond.
A diciott’anni, quando Ralph Wyman stava per andarsene di casa per la prima volta, suo padre, direttore della scuola elementare Jeffersone tromba solista nella banda ausiliaria dell’Elks Club di Weaverville, gli rivelò che la vita era una faccenda molto seria, un’avventura che esigeva, in un giovane che si affacciava al mondo, doti di forza e risolutezza; non era un’impresa facile, si sapeva, ma nondimeno valeva la pena affrontarla, a detta del padre di Ralph Wyman che ne era del tutto convinto.
Hanno bussato di nuovo e io ho detto: Chi è?
Sono Aubrey Bell, ha risposto una voce di uomo. Lei è il signor Slater?
Che cosa vuole?, ho gridato senza muovermi dal divano.
Ho qualcosa per la signora Slater. Ha vinto una cosa. La signora è in casa?
La signora Slater non abita qui, ho detto io.
Be’ comunque, lei è il signor Slater, no? ha detto lui.
Signor Slater… e giù uno starnuto.
Mi sono alzato dal divano. Ho tolto il catenaccio e ho aperto un poco la porta. Era un tipo anziano, grasso e infagottato dentro l’impermeabile. L’acqua gli scolava giù per l’impermeabile per gocciare su una complicata valigia che aveva in mano.
Ha sorriso e ha poggiato a terra il valigione. Mi ha teso la mano.
Piacere, Aubrey Bell, ha detto.
Non ci conosciamo mica, ho detto.
La signora Slater, ha cominciato a dire. La signora Slater ha riempito una scheda. Da una tasca interna ha tirato fuori un mazzetto di schede e le ha sfogliate una a una. Ecco qua, signora Slater, 225, South Sixth East, giusto? Be’ la signora Slater è una vincitrice nata.
Si è tolto il cappello e ha annuito solennemente, poi lo ha sbattuto contro l’impermeabile come se non ci fosse nient’altro da aggiungere, la corsa finita, il capolinea raggiunto.
Poi è rimasto in attesa.
isto che poi, il personaggio, le cose le dice e a rigor di logica non sarebbe servito mettercelo. Eppure c’è, e ci sta benissimo.
gigi
E fai bene!
La Leggivendola
uhm. non ho mai letto Carver. credo che lo infilerò immediatamente nella lista delle 'cose da leggere assolutamente, senza nessuno intorno e nel silenzio più assoluto'.
michela
Niente di intelligente da dire, ma volevo fare presenza, perché è Carver.
(Maledetto lui… come cacchio farà…)
gelostellato
@la leggivendola
sì, confermo che il silenzio è un buon contorno, per carver
e magari leggilo con voce maschile, secondo me è più adatta
@michela
azz… questo è un commento figo!
lo userò anch'io, consideralo rubato!
Ferruccio gianola
Bravo…
e riesci a convincere chi legge i tuoi post.
Carver piace molto anche a me:-)
gigi
Will you please be quiet è il titolo della raccolta originale. E in originale lo avevo aquistato in un momento di autostima la mia prima volta a New York, due anni fa. Naturalmente fu subito abbandonato: un conto è farsi capire al ristorante, un altro cogliere le sfumature di Carver in inglese.
Ieri, usando un buono fedeltà, me lo sono ricomprato. In italiano.
Ieri sera me lo sono gustato.
Cosa aggiungere alla tua entusiastica recensione?
Beh: la freschezza dei dialoghi con gli- E lui, E lei. Inoltre le scene nei bar sono degli autentici quadri di Hopper.
Insomma: grazie.
gian_74
Non posso che concordare. Un gigante.
marco
Però, trovo molto difficile, per contro, che uno che scrive non apprezzi i racconti di Carver.
Sarà per quello che un blogger che conosco aveva ri-titolato una selezione del Pushcart Prize (il premio per i racconti pubblicati nelle riviste universitarie e pubblicazioni indipendenti) "Where's Raymond?" dicendo che avrebbero potuto rendere le cose più interessanti inserendo una storia di Carver e invitando il lettore a individuarla in mezzo ai cloni.
quel "ha cominciato a dire" così carveriano e strano,
così inventato dal traduttore – in inglese c'è un semplice began che non ha nulla di particolarmente strano.
Per cui, riprendendo il nostro vecchio discorso, se tu cerchi di capire non cosa significa ma "perché un autore ha usato un'espressione piuttosto che un'altra, quando ha usato l'aggettivo x piuttosto che y z k s"
se leggi in lingua originale prima o poi la sensibilità per capire queste cose la sviluppi, se leggi traduzioni in italiano analizzi le scelte del traduttore.
gelostellato
@marco
sì, nulla puote dire io sulle tue considerazioni
in effetti
e tu ragione da vendere hai
ma che ci vuoi fare,
son pigro e razionalmente limitato rispetto al tempo… 🙁
ps
però il began almeno è messo lì in mezzo alla frase? giusto?
non è che è alla fine e il traduttore me lo ha spostato in mezzo al discorso diretto?
sennò allora è meglio non sapere 🙂
marco
E' in mezzo (come i vari said).
Ma non è una struttura strana o innovativa in inglese.
Mrs Slater, he began. Mrs Slater filled out a card.
Inoltre in inglese l'uso del said nei dialoghi è la norma, e non viene percepito.
E' in italiano che di solito gli ha detto o disse vengono tagliati, eliminati o variati con altri verbi, perché la ripetizione si sente molto di più.
gelostellato
grazie.
sì
io comunque trovavo carveriano anche questa cosa
del "began" invece del said
nel senso che anche in italiano mi verrebbe da usarso – e di solito lo si fa – quando poi la frase viene interrotta (da un evento o dal discorso altrui).
Ora, indipendentemente dalla lingue, in Carver avevo notato spesso questo modo di inframmezzare un discorso, perché è vero che "he began", ma poi la frase va avanti e finisce, non viene interrotta.
Comunque grazie
sempre prezioso.
marco
Ma infatti lui si interrompe, e riparte ripetendo Mrs. Slater una seconda volta.