Novembre 2010

Tette nere di stregaScure come il catrameE fameDi vergini e malati,Fame saziaScatenataDisorganica e impregnante,Che annodaLa voce alle occhiate e poi correVia.E tette nere,Di strega,Amare come rame,Ferme ad applaudire,Sulle ciglia della strada,E gli occhi cucitiCon ago e fil di ferroPer non

Le nostre mattineHanno per occhi un semaforo:Verdi spalancati,Gialli accigliatiE rossi stretti a fessura,Bruciati dal vento.Per mani,Agitano i giornali,Per dita,Stringono l'odore del caffè.Le mie mattine ridonoSenza dentiE parlano con un ditoSui parabrezza appannati.Le mie mattine sono tutte morte,Ma simpaticheE cagacazzi.

Abbiamo disegnato un mareCon la gonnaE le dita nel naso,Che lo fanno assomigliareA una divinitàCon un ragnoPancia all'ariaCucito in faccia,Che nessuno ha il coraggioDi pregare. Abbiamo disegnato un cieloCon la codaE le mani in mano,Che sembrano fiori In un vaso,A lungo curati,con

E' arrivato il freddo,L'hanno detto ieriAlla TV,Che avrebbe avuto la faccia crudaDi una radiografia.L'hanno detto ieri,Che sarà come un picchio grigioChe ci bucherà i giubbottiE forse verràAnche la neve,Se ha tempoE riesce a liberarsi.Verrà a farci direperòuffaooohe altre banalità.Ma noi

Vieni con me a piantareI gomiti nelle costole,Delle fantasie che non ci sono concesse.Avremo la fame del fiumeE le gambe lunghissimeDi una prigione distrutta,Pronte a scalciare l'aria,Perché si muova,E ci raggiunga.

E s'imbarcano per rotteDisegnate sugli occhiali,Partecipano agli eventiE la faccia sbatte chiaraContre le facciate. Dimentichi di me dimentico di loroInsistonoPer provocare la mia interruzioneDi latitanza,Ma non avranno mai parlatoDel cuore come fosseUna città. E allora stiano lì,A condividere,E mi lascino sprecareLe notti A