"Se ti perdi tuo danno" di Renzo Brollo**

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"Se ti perdi tuo danno" di Renzo Brollo**

setiperdituodanno_1-7004851Mentre Renzo so già che mi odia, perché ha pubblicato il suo secondo lavoro (Mio fratello muore meglio) per la Cicorivolta e io non sono riuscito a presenziare a nessuna delle due presentazioni (shame on me), ecco però che mi sono letto il suo lavoro d’esordio, targato 2007 e di cui avevo letto un gran bene.
Vi dico subito che ci sono luci e ombre, in questo “Se ti perdi tuo danno; titolo che raccoglie il motto dell’asso di bastoni, lo ficca su una maglietta che fa indossare a uno dei personaggi del libro e, non ultimo, racchiude il senso del romanzo.
Cosa preferite? Prima le luci, le ombre o la corrente alternata?
Beh…
Okay, cari, avete scelto l’ultima e non mi resta che accontentarvi.
Prima ombra.
E’ un romanzo d’esordio per una piccola casa editrice, e a livello formale, si vede. Non sono grosse colpe, sono errori veniali. E capisco anche, che se non vi occupate, nel tempo libero, di correzioni di scritti altrui, potrebbero non infastidirvi più di tanto.
Io purtroppo tendo a notarle più del dovuto, lo so, non ci posso fare niente. La mia lettura ha il brutto vizio di annaspare, quando si trova di fronte a una marea di “d” eufoniche di troppo, di E’ apostrofate al posto di quelle accentate È, di “il fatto che” o di tante ripetizioni che si potevano facilmente evitare, pur non togliendo il tono colloquiale alla prima persona narrante. Imperfezioni veniali, quindi, che sono più colpa di chi ha pubblicato, che di chi ha scritto, ma che per quanto fastidiose non vanno a intaccare i lati positivi.
Il primo è la struttura complessiva del romanzo, che è buona. Ed è strano incontrare un nucleo narrativo ben gestito e interessante, in un romanzo d’esordio. Oh, certo, c’è anche la pubblicazione dei Racconti Bigami, prima di questo libro, ma lì non c’è complessità narrativa da lunga distanza. Qui, invece, la vicenda viene messa insieme da una serie di prime persone. Un protagonista, al quale si affianca un co-protagonista (il suo socio in affare in una impresa di pompe funebri) e via via gli altri personaggi della storia, che a volte parlano (la moglie del socio, il prete…) e a volte restano nella luce in terza persona delle prime persone altrui. I contenuti mettono insieme una vicenda grottesca, che mescola momenti drammatici a momenti ironici, tutti legati al recupero di una salma dalla “vicina” Austria. Il tema è il viaggio, il tema è Dio, il tema è l’uomo e la sua essenza. Troppo intimista? Naaa, ci sono fatti e vicende, ci sono triangoli amorosi che verranno a galla e scazzottate, ci sono anche i morti, per capirci. Quindi no, l’intimismo è ben legato a una trama solida. E questo è un lato positivo.

La scelta narrativa, però, racchiude un’insidia.
Un po’ è come quando a scuola ti dicono di badare bene, prima di scegliere un tema letterario. Sei proprio sicuro di farcela… Il cinque, insomma, è sempre in agguato.
Qui il discorso si trasferisce in questo modo: sei proprio sicuro di usare la prima persona con soggettive diverse? Mmm… Usare la prima persona è difficile. E qui la scelta mostra la sua perfettibilità. La prima persona è sempre sullo stesso tono, sullo stesso registro, sullo stesso modo di parlare. La prima persona, è l’autore. Ti devi affidare ai fatti, per capire chi sta raccontando. Il momento più delicato, dove questo difetto si nota parecchio, è tra gli ultimi capitoli, quando a parlare è la moglie del socio e invece di parlare come una donna, parla come un uomo. Sempre lo stesso che ha parlato fino a quel momento. Sì, lo so, sono una pigna in culo, ma è così. E mentre il difetto può essere digeribile quando c’è qualcuno che racconta i fatti, lo diventa meno nei momenti di riflessione, dove, essendo il tono uguale, si prova il desiderio di saltare le righe, per tornare al momento in cui “succederà qualcosa”. Anche questo è un difetto dato dalla scrittura acerba, anche questo credo si sarà già risolto, nel nuovo libro, però va detto, se non altro perché, soprattutto nella prima parte di libro, si fatica ad andare avanti, perché il protagonista sembra troppo verboso.

Tra le luci, invece, da annotare le idee.
Ce ne sono di due tipi. Forse anche tre.
Ci sono idee narrative efficaci, battute pregevoli, giochi di parole o dialoghi che strappano un sorriso o, a seconda, un momento di riflessione. Poi ci sono i momenti di caos e di sorpresa nell’accadere delle cose. Quello che succede alla bara durante il viaggio di ritorno, piuttosto che quello che succede in autogrill… insomma, non te l’aspetti, e sono tutte soluzioni positive e apprezzabili. Dicevo quasi tre… Sì, la terza qualità la vedo. E’ il mescolare, anche a distanza di pochissime pagine, momenti esilaranti con momenti di una tragicità estrema. Anche qui, però, attenzione all’arma a doppio taglio, perché c’è il rischio di arrivare a una mancata verosimiglianza, in certo momenti. A tratti, per esempio, ti sembra che il socio sia davvero troppo disinvolto e troppo “fuori dal tunnel” visto la disgrazia familiare che gli è appena accaduta. Così come la moglie della salma austriaca. Anche qui, piccolezze, ma che ho pensato. Resta comunque la buona idea di base, che spero di ritrovare in futuro.

Poi che altro?
Forse un’ultima piccola ombra. Piccolissima. Non è un libro grasso, ma leggermente sovrappeso sì. Nella prima parte soprattutto le frasi potrebbero dimagrire, qualche concetto ripetuto potrebbe essere asciugato, magari in favore della seconda parte, che a tratti pare correre troppo, come ad aver fretta di finire.

Ah, chiudo con una riflessione.
Pur con una totale assenza di punti di contatto per stile, vicenda ecc. la visione di Dio, che permea le pagine di questo lavoro, mi ha ricordato quella di Tonon, in quest’altro lavoro. Visione che riesce ad essere tanto spirituale, quanto poco religiosa. Qualcosa che pare dire, “Credo, e pure parecchio, ma non certo in questo Dio”. Che sia una visione made in Free-uli?

Comments

  • 7 Luglio 2010

    no che non sono arrabbiato e, anzi, ho apprezzato questa analisi del libro che davvero era una cacofonia con pregi e difetti. E' vero, le piccole case editrici peccano di scarso editing purtroppo, non giovando alla storia. Gli occhi di un autore, come di un contabile, non vedono i propri errori e questo è un fatto. Spero di aver fatto, almeno in questo, un passo avanti in "Mio fratello muore meglio". Grazie mille.

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  • gelostellato
    7 Luglio 2010

    Per fortuna va! Sennò tu mi rigavi l'auto o non mi mandavi più le storie in friulano 🙂

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