Rock, passere e vasi d'ossa

Rock, passere e vasi d'ossa

Come si costruisce un evento?
Uno di quei momenti che mentre accadono già ti accorgi che te li ricorderai. Di quelle serate alchemiche oscillano fino all’ultimo tra la caduta nell’abisso e il salto carpiato con avvitamento, ritorno e grattata di palle in volo?
Bene… Il concerto dei Jar of Bones di ieri sera è riuscito nell’intento, compresa la grattata di palle.
Ma andiamo per ordine.
Non era il primo concerto del tour 2010 che accompagna il l’uscita del disco nuovo di cui vi ho parlato due post più avanti.
Però era il concerto di presentazione del disco e quello più atteso.
Da loro soprattutto, credo, i Jar, quelli lì della foto recente che gli ho rubato dal faccialibro. Perché questo era il concerto di casa, il concerto degli amici e parenti, il concerto per quelli che sono stati alle sagre, per quelli che cantano le canzoni ma non sanno l’inglese, per quelli che fanno le corna ma non hanno nemmeno un disco dei metallica, per quelli che erano venuti per le patate e i meloni e hanno trovato dei pazzi che suonano.
Era il concerto in cui rivedevi quelli che abitano a una cinquantina di metri da casa tua ma sono due, tre, cinque anni che non li vedi, e non sai nemmeno che lavoro fanno, né lo saprai dopo ieri, chiaro, però almeno sai che sono vivi, non sono emigrati a vendere ghiaccioli di legno in Africa e non hanno cambiato sesso.
Insomma… la prima cosa è che era un evento del cuore.
Aggiungiamoci poi la location.
Un night club. Il Matisse, che un tempo era patria della gioventù discotecara anni novanta e che adesso è patria di donnine dalla patata facile e uomini sovrappeso, pelatini e gobbetti.
E non è che sia il massimo per suonare un palco che è strutturato per strusciare passere sui pali… basta togliere i pali, okay, ma… dovre strusciarsi poi? Sull’asta del microfono? Sul manico della chitarra?
Insomma dai, non era una scelta ordinaria, era un azzardo, e bisogna riconoscerglielo.
Aggiungiamoci anche un paio di parole sui Jar.
Che quando hanno incominciato, erano conosciuti soprattutto per non suonare cover, ma solo pezzi loro. E dai, su, lo sapete bene cosa succede se vai per sagre a suonare pezzi tuoi e non cover… la vita non è facile.
E aggiungiamoci anche la scelta di cantare in inglese e la scelta di seguire le proprie passioni di rock-metal anni novanta. Sì, ci sono i figli del grunge che ti ameranno a prescindere, ma i figli del grunge cazzoni e con le chitarre sempre in testa, che continuano ad ascoltare alice e soundgarden e pj e gli prende la depressione quando vedono Cornell a fare il fighetto con Timbaland, (che purtroppo non è quello delle scarpe, che sarebbe meglio) gli prende la depressione, Beh… insomma, questi non sono poi tanti, e anche quando ci sono sono piazzati tra figli e ufficio e non vedono le tre di mattina da secoli.
Ecco perché era nella natura dei Jar suonare vintage, soprattutto all’inizio e nei primi pezzi.
E aggiungiamoci anche che non fanno le ballate, non gli vengono e non le fanno. Quando sarebbe tanto facile piazzare un girettino di chitarra al miele e un ritornello ruffiano… E così ne esce un concerto che una lunga tirata di pezzi tirati… senza quasi una pausa.
E diciamo anche, tanto per far capire a quanto i Jar ci tenevano, che entrando prima delle 11.00 c’era la green card (che poi ovvio, ti sputtanavi offrendo da bere alle patate 🙂
Bene.
E così da tutto questo è nato un evento, quello di ieri. Da cosa lo si è capito?
Da una cosa sola: il Matisse era pieno!
E non certo pieno di gente venuta per le passere.
E i Jar of bones hanno dato, e hanno dato parecchio.
Ora vi aspettate la cronaca del concerto?
Non se ne parla. Vi basti sapere che sono partiti con Faith, quella che ascoltate sullo space, e da lì in poi hanno fatto quasi tutto “A Red Stain” con frequenti tuffi nelle vecchie songs, forse più acerbe, ma non meno energiche (mother madness docet). 
Se ne volete sapere di più ve li andate a vedere o vi comprate il disco.
Io più che altro vi posso raccontare che ieri sera mi sono beccato più palpate di coglioni a tradimento che in tutto gli ultimi cinque anni (inutili, per altro, che io ero lì per il rock e avevo in tasca si e no 20 euri)
Oppure che ho avuto la malaugurata idea di andare da solo a prendermi una birra al bar e per averla mi sono dovuto liberare di ben tre tizie, rischiando ugualmente il linciaggio a opera della donna che ritiene me ne sia liberato con troppa gentilezza.
Oppure ancora che era estremamente difficile, in alcuni casi, distinguere tra rock-girl lavoranti e normal-girl troieggianti, con il risultato che si rischiava di offrire da bere a quelle sbagliate, beccandosi una pizza al posto di una patata.
Come dite?
Vi sto facendo invidia e volevate esserci?
Cazzi vostri, vi avevo avvertito. 🙂
Al prossimo concerto però vi aspetto, ma non aspettativi la mia patata eh!
…FUUUUUUCK!

Comments

  • 1 Marzo 2010

    Dovevo esserci, perdincibacco, dovevo esserci…

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  • gelostellato
    2 Marzo 2010

    non sai cosa ti sei perso… altro che jack hole

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