“Lovesick e altre storie” di Junji Ito****
Allora, succede che son stato a vedere il Marramilanese, e poi succede sempre che giorgia è ansiosa, ma non di entrare al concerto, come me, che mi sarei sorbito pure anna e paky (no, scherzo, anna e paky manco se mi pagavano loro per) ma è ansiosa di riprendere il treno e tipo mi fa andare in stazione un’ora prima. E siccome da Desigual costa tutto tanto e siamo povery, allora per fortuna c’è una Feltrinelli grande ‘na chiesa, doppio piano, graphic a manetta, compre tutti i Junji Ito che volete ajjunjere alla vostra libreria. E insomma.. io mi sono comprato Saramago, lo scrittore che fa le magie, con la sua zattera di pietra che è chiaramente un plagio di Zaraton che deve aver fatto con un viaggio nel futuro, il maligno (intendo Josè, non il futuro), e lei ha voluto regalarmi un Junji Ito, ché sa che mi piacciono e soprattutto mi rilassano quando sono stressato. Che poi così lo presto a Luca, lui mi presta i suoi… insomma… prima o poi ce la faremo a leggerli tutti, anche se ora come ora non ricordo quali ho letto e quali no. (di certo questo, questo, questo e questo e questo e anche questo e questo)
Vabbè. L’ho fatta lunga. Ma era per dire che siccome domani piove, e oggi c’era il sole, e io sono diso, e voglio nuotare, e mi devo rilassare, oggi sono andato al mare, con due yogurt e questo “Lovesick e altre storie“. E me lo sono letto tutto. E ho dormito, tra l’altro, solo mezzora. Un record di attenzione, visto che ne avevo dormite giusto un paio. Vabbè… sto di nuovo divagando. Era per dire che, nonostante due pause che ho fatto per ascoltare Indagini, questo Ito qua mi ha preso un casino. Bello, bello, bello.
Non tutto. L’ultima storia è una cagata (letteralmente) fatta di tre pagine messe li a far volume e si potevano evitare. E anche un’altra, boh… diciamo che ho avuto l’impressione di
“Ehi Ciccio Ito, per pubblicare un manga devi fare 10 storie!”
“Eh ma ne ho solo 8”.
“Fottesega (in giappnese, eh), me ne devi dare altre due. Anzi, facciamo solo due, che recuperiamo una dei fratelli Hikizuri anche se l’abbiamo già pubblicata. Tanto laggente non si ricorda”.
E insomma… Il resto però, bello, bello, bello.
C’è questo personaggio, il bel tenebroso, che è come la modella brutta ma anche meglio. La prima metà di manga è tutta sua, con o meglio, del protagonista che è chiaramente collegato. L’amore. L’amore non corrisposto. La sofferenza. Il voler credere a quel che si vuole credere, oppure, se non si ha il coraggio di effettuare una scelta, buttarsi sul caso. Avete presente il principio di ossessività-compulsività? Quello del tipo: “Ora faccio un tiro da tre, a una mano, se faccio canestro non vado a lavorare!” E poi fai canestro e… e niente, sei una persona matura o che almeno ha timore delle conseguenze e al lavoro ci vai. Ma immaginato che il canestro sia una persona a caso, incontrata a un incrocio con la nebbia, e immaginate di imporvi di seguire il suo dettame, la sua predizione. Ecco… si chiama Crocimanzia. E io non so se l’è inventata Junji (sì) o se esiste davvero (no). In realtà che sia con l’incrocio o con altro è ovvio che esiste. E’ la nostra umana tendenza a non assumerci responsabilità, sperando che il caso ce le tolga dalla palle o che perlomeno si faccia incolpare al posto nostro.
Bene… tutta questa parte, che è come un racconto lunghissimo, ma diviso in parti autoconclusive, è ottima. Ma ho trovato ottime anche le due storie della casa dei dolori, con un bambino che sentiva dolore fuori dal suo corpo, e quella delle costole, in parte assurda, ma con un finale davvero disturbante. Non vi dico altro, perché sono due storie che vanno assaporate alla cieca.
Delle due storie dei fratelli Hikizuri, invece, da dire qualcosa c’è. Nel senso che possono piacervi tantissimo o niente. Sono diverse dal solito Junji Ito. Restano a galla nella realtà ma mettono fuori la testa e anche oltre nel mare della surrealità. Una famiglia di cinque fratelli orfani di cui 4 brutti e/o sfigati e/o problematici e una che sembra sana ma invece no, passiva aggressiva e cazzofacente pure quella. Una famiglia che fa cose che… no dai, non ci sta. Ma poi invece okay, ti dici, la devi prendere così com’è, questa storia.
Difetti? Non sono sicuro che sia stato un bene far finire la storia del bel tenebroso con la quinta storia, un aneddoto, che diciamo così, sembra un sequel posticcio, o comunque che non aggiunge molto alle 4 precedenti. Certo… disturbante, ma come tutti i sequel forse va a limare un po’ le unghie alla saga precedente, che invece è unitaria e rotonda.
Per il resto, niente, è un Junji Ito di quelli migliori. Le sue storie sono racconti ottimi, e sono, me lo ricordo ogni volta, prima di tutto delle buone storyboard, su cui poi il suo bianco e nero viaggia alla grande con tavole che non saranno capolavori da appendersi in camera ma hanno il dono dell’immediatezza, dell’incisività… quasi come se il segno, ed è un suo grande pregio, non volesse distogliere troppo dalla storia. I volti, emaciati e scheletrici anche quando appartengono ai vivi, generano sempre quel disagio che cammina sul crinale tra orrore e pena.
Vabbè, dai… vi riempio il post con un po’ di disegni e ribadisco, che se siete amanti dei racconti brevi horror, non potete prescindere da un autore come Ito, in cui prima nasce l’idea, ed è sempre solida e con ossa forti, su cui la graphic ha vita facile ad attaccarsi.
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