“Eredità di carne” di Luigi Musolino****

“Eredità di carne” di Luigi Musolino****

Non mi sembra vero!

Cioè… vi rendete conto? Sto per parlarvi di un libro, un libro vero, abbastanza recente, uno di quelli che era là, in lista di lettura da almeno due anni. Anzi… So benissimo quando è uscito. Pre-covid. Ricordo benissimo che lo dovevo comprare assieme alle Blatte di Silente, e le blatte le cominciai tipo a gennaio 2020. Mi ci volle un’eternità per leggerle ma poi pigliai il libro di Gigi, che nel frattempo ne ha scritti tipo altri tre. Anyway… l’ho letto! Tipo due settimane fa. Lo avevo già cominciato a inizio estate o quasi e qui c’è già un punto a suo favore. Dopo averlo ripreso in mano, le prime 50 pagine erano ancora ben chiare. Personaggi e luoghi. I fatti ancora erano pochi e reali, ma sarebbero arrivati. E oggi finalmente, posso fare una di quelle recinzioni che è da tanto che non faccio. E sapete perché? Mi sono licenziato!

Ho lasciato il certo per incerto, tornerò nel valzer delle supplenze delle superiori, sopporterò il covid nelle scuole, mi sveglierò presto, perderò tempo a cercare parcheggio, insomma… robe così. Lavorando metà delle ore per guadagnare di più, in teoria. Ma quel che mi interessava era lavorare di meno. Nell’ultimo anno e mezzo ho perso la vista e la salute fisica e mentale, ma già solo con il licenziarmi sono spariti i pensieri suicidi e soprattutto, cosa più importante, ieri, in un pomeriggio, ho letto un intero libro. Un libro intero, sì. Piccolo, certo. Ma da quanti anni non mi capitava di leggerne uno in un giorno. Insomma… ora non so se è un fuoco di paglia e poi tornerò stressato come prima, ma per ora butta bene. Domani ho uno spettacolo, sono riuscito addirittura a organizzarlo in modo decente, e oggi, ultimo giorno di libertà, dovrei riuscire – si spera – a fare un giro in bici, ginocchia permettendo, e ad andare sul fiume, nelle mie terre di pianura, a leggere. Magari chissà… un libro intero.

E adesso che vi ho parlato dei cazzi miei, possiamo parlare del libro, che non è libro di pianura, ma di montagna. Di montagna piemontese, di montagna nevosa, fredda, ostile, anche se meravigliosa. La montagna, qui, è importante. EI monti sono personaggio, fanno parte della storia. Le strade, la neve, le nuvole, il freddo… si, il freddo soprattutto. E’ una storia che arde di freddo, Eredità di carne, e arde bene, dalla prima pagina all’ultima. Per tagliare la testa al toro, è un horror fantastico, di quelli che dentro hanno una storia che potrebbe essere vera, e danno vita ad un’altra storia che anch’essa potrebbe essere vera.  Ed entrambe sono brutte storie, anzi, bruttissime. E a esse si incrociano altre storie, più piccole, veloci, ma altrettanto tragiche e nere. Ma perché capiate ci vuole un po’ di trama.

Abbiamo un personaggio che è il nostro eroe, Michele Ciot, con tutti i pregi e i difetti di un montanaro. Qui in Friuli sono come lui i carnici. Quel che per lui è il fumo, qua è il bere, ma la scontrosità, il deprimersi, le tare mentali e fisiche che partono lievi e crescono fino a portarti oltre il punto di non ritorno, sono comuni a un certo tipo di abitante dei monti. Ciot è descritto a lungo, sia da solo, sia con le sue relazioni. Anzi, soprattutto nelle sue relazioni, che accendono le altre storie, danno l’avvio agli altri viaggi. Il suo gatto, la sua ex ancora amata Elisa, il vecchio compagno di merende Oliviero. Ma anche Christian Martelli, che stuzzica il furto, o il carabiniere prossimo alla pensione, fanno parte della storia. La storia di chi? Di Michele Ciot? Non proprio… diciamo che la storia è quella di una strega. Famenera.

PENTAX Image

Una leggenda che nasce da una storiaccia di guerra, nel vero luogo protagonista. L’ex sanatorio Pracatinat. Che faccio una fatica bestia a leggerla quella parola, non so perché… praticanat, parcatinat… mi veniva voglia di cambiargli nome ogni volta, ma il posto è vero e non ci si può fare granché. Che poi sarebbe Pra’ Catinat, e tutto diventa più facile. Vi metto anche la foto, va, così se doveste leggere il libro (e se siete appassionati di horror fantastico italiano non potete evitarlo) avete ben chiare le scene.

Avrete già capito come parte la storia. Vite in bilico, tutte. Michele, Elisa, Oliviero…I mostri che si affacciano e spingono dentro queste vite: alcolismo, tossicodipendenza, depressione, bulimia… Ed eventi che sembrano poterla aggiustare, quella vita. Un furto, un furto all’ex sanatorio. Un furto di mobili. D’inverno, in mezzo a una nevicata immensa. Un furto che è quai più un prelievo. Eazy. Cosa può andar storto?

Lo scoprirete leggendo. Il punto in cui tutto comincia a scorrere, o meglio, rotolare, è lì, ben piazzato a metà libro. Un ascensore. Un grande ascensore, Oliviero e Michele, un grosso mobile di grandissimo valore da trasportare all’interno di uno stabile abbandonato in mezzo ai monti piemontesi, nella Val Chisone. In mezzo al nulla, quindi, o quasi. Anzi vi metto una foto. E tutte le cose che vanno storte, ve le scoprirete da soli. E vi avverto che se siete come me, che non sono riusciti a leggere La montagna incantata per la troppa ansia dovuta al sanatorio, ecco, quell’ambientazione vi causerà parecchia inquietudine. (poi, in realtà, io ho preferito che fosse la tana di una possibile strega, piuttosto che un covo di tisici)

E’ un buon romanzo, questo. Se non erro il primo, vero e proprio, di Gigi. Che sì, ha più manico coi racconti, ma qui ne esce comunque benissimo e con un libro rotondo, che non ha bisogno di pagine in più né di toglierne. Se fosse un disco diremmo molto ben prodotto (forse anche un po’ pettinato, suvvia). L’idea di fondo che vi si svelerà nel finale e che dà il senso al titolo e a molte delle altre cose successe mi ha ricordato una cosa palazzoliana, ed è un merito, visto che la tecnica è gestita bene, e ti fa fare “Ah!” o meglio… “Ah cazzo!”.

Poi che altro? Niente, mi sembra di avervi detto abbastanza cose. La scrittura di Gigi, che sarà già cambiata, visto che oramai ‘sto libro l’avrà scritto tre anni fa e passa, dicevo, la scrittura di gigi è bella rotonda. Si lascia andare di più alle descrizioni, al cercare un po’ di poesia e oscurità nel lessico. A me non dispiace, ovvio. Magari qualcuno potrebbe vederci della perdita di ritmo, ma quando serve, verso la fine, tutto scorre con il giusto ritmo. Quindi questione di gusti.

Adesso aspetto le 11, e alla fine è dalle otto che traffico qui a questa recinzione, ma l’ho fatto di gusto, e me ne vado in bici sul fiume. Con un libro corto, vediamo se in 4-5 ore combino di leggerlo. Voi piuttosto fate una cosa. Scrollate fino a fondo pagina e iscrivetevi alla newsletter del sito, che ho solo 4 gatti di iscritti e voglio farvi dei regali… E voglio più gente che vuole le cose gratis!

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